2 settembre 2016

Confettura di more

confettura di more

Stamattina mi son svegliata come tutti i giorni alle 6,18. E come al solito ero accaldata, tanto da non poter più sopportare le lenzuola. A piedi scalzi sono andata in cucina, ho aperto la tapparella e sono uscita nel balcone per poter respirare l’aria fresca del primo mattino. E per la prima volta dopo tutta l’estate, ho sentito un brivido sulla pelle. E’ arrivato settembre, mi son detta, finalmente. In un attimo, il colore dei muri delle case intorno, i rumori della gente che torna ad essere indaffarata, il freschetto che ti suggerisce di portare con te qualcosa per coprirti….. mi hanno riportato alla mente gli ultimi giorni delle vacanze in campagna a nonna, il primo giorno di scuola, con il grembiule nero, la cartella e i libri che profumavano di carta nuova, i capelli ben pettinati in quel modo particolare che solo la mia mamma sapeva fare, il fiocco bianco che non era mai bello e teso come quello della più brava della classe…. E la sensazione che stesse ricominciando un nuovo anno pieno di promesse.

E si, perchè per me l’anno comincia due volte. A mezzanotte del 31 dicembre e il primo settembre, quando finalmente si abbandona quello stato di pigrizia e indolenza, portato dalle vacanze, dall’estate e dal caldo, e si riprende in mano quella parte della propria vita che profuma di progetti, di cose nuove da fare, di fresco che ti spinge a muoverti. Ti vien voglia di cambiare tutto, la disposizione dei mobili, il taglio di capelli, hai voglia di buttare via tutto il vecchio per aprire nuovi spazi da non riempire più, libri nuovi da iniziare a leggere, corsi per imparare cose nuove….insomma, tutto un fermento pieno di vita.

Mi fermo per una serie infinita di starnuti che mi fanno sorridere e che mi ricordano di non restare oltre fuori a godere di questo fresco. Rientro e preparo la colazione. E sorrido ancora quando apro il barattolino piccolo della confettura di more, perchè è un piccolo capolavoro di colori, profumi e pensieri. Solo qualche giorno fa ero nella stradina chiusa che costeggia il trullo, con mio figlio, mancavano poche ore alla sua partenza e ci siamo ritagliati qualche momento solo per noi, per parlare ‘cuore a cuore’, mentre raccoglievamo fichi nuovi appena maturati e more nere e profumate di selvatico. Quei momenti che sanno di silenzio e parole del tardo pomeriggio di un’estate che sta finendo, colorati di rosaarancione, con il sole basso, che ancora da tepore, e tu sei combattuta tra la struggente malinconia di un’imminente distacco e la gratitudine per quello che hai li, in quel momento magico e cerchi di rubarlo in fretta e chiuderlo dentro di te, per attiggerne quando ne avrai bisogno. Come ora. Ecco, perchè sorrido. Perchè quello che ora mi accompagna nella colazione non è solo frutta e zucchero, ma è una delle cose più preziose che ho nel mio cuore. E la mangerò piano e poco per volta, aspettando i prossimi abbracci.

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Confettura di more

- 1 kg di more

- 1 mela

- 1 limone biologico

- 100 g di zucchero

Lavare le more ed eliminare le eventuali impurità. Lavare il limone, grattugiare la scorza e spremerlo. Sbucciare la mela, grattugiarne una metà e tagliare a pezzi piccolissimi l’altra. Mescolare tutto in una pentola di acciaio e coprirla con un coperchio. Aspettare per qualche ora che si sciolga lo zucchero e che si amalgamino tutti gli ingredienti. Quindi metterla sul fuoco basso e aspettare che si disperda quasi tutto il liquido che si formerà. Io preferisco lasciarne un pò per renderla più spalmabile. Quando sarà pronta e ancora bollente, versarla nei barattoli puliti e sterilizzati, fino all’orlo. Chiudere con il tappo e capovolgerli fino a quando saranno raffreddati. Per essere sicuri che duri a lungo farli bollire anche a bagno maria. 

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1 aprile 2016

Crepes Nutella e nocciole. I miei risvegli ieri e oggi

Ingrediente Nutella - Crepes Nutella e Nocciole
Oggi mi sento ad un crocevia. Ma di quelli grandi e importanti. Dove si incrociano spazio e tempo. Dove in un istante ti sfrecciano davanti, i luoghi dove hai vissuto, dove vivi e dove non sai se andrai, e le emozioni che hai provato, quelle che ti tieni strette e quelle che, speri ancora, scoprirai. È questo stamattina il mio stato d’animo, davanti alla valigia che sto preparando. Pieno di energia ma anche di un leggero stordimento. Perché sono a metà della mia strada e porto nella mia testa un carico immenso di progetti ancora non realizzati, ma forte della convinzione che siano tutti bellissimi e che vedranno presto la luce. Il cuore, quello si che mi frega, perché è lui che segna il ritmo e da il colore alla mia giornata. Se sono felice e serena, vado come un treno e diffondo buonumore e ottimismo agli altri e a me stessa. Se c’è qualche malinconia o qualcosa di irrisolto, ecco che il grigio prende il sopravvento e mi svuoto.
Ingrediente Nutella - Crepes Nutella e Nocciole
È da poco passato ieri
Stamattina mentre mi preparavo la colazione, ancora nella penombra delle persiane chiuse, mi son tornati in mente i ricordi di quando i miei ragazzi erano piccoli e alzarsi presto la mattina significava ritagliarmi un momento solo per me, con il silenzio della casa, un primo caffè e una buona colazione con il pane e una cosa buona su da inzuppare. Erano momenti preziosi, fatti di prime luci dell’alba, di respiri tranquilli nelle stanze ancora al buio, al caldo sotto le coperte. Di risvegli con carezze e sveglie sussurrate. Di un futuro ancora da immaginare e da costruire. Ma nel frattempo erano li con me.
Pensavo io a preparare la colazione e in quello che trovavano sulla tavola, cose buone, che loro desideravano, c’era tutto il mio amore, il mio tempo, i miei occhi e le mie mani. Poi li ho spinti verso il loro futuro, su un treno, mettendo nella loro valigia, cose che gli ricordassero casa, e quaderni di ricette a cui erano abituati. Ancora questo filo delle ricette di casa funziona e giustifica le telefonate urgenti mentre stanno cucinando con i loro amici per capire bene la giusta sequenza degli ingredienti da mettere. E, ovunque io sia, in taxi, al lavoro, per strada, sono felice di parlare di ragù, di brodi e di polpette, come se fossimo insieme a cucinare.
Ingrediente Nutella - Crepes Nutella e Nocciole
Il mio risveglio oggi
Anche ora, mi sveglio presto, con gli occhi che cercano piano la luce, scosto lentamente le tende e non apro le persiane. Mi muovo lentamente nel giorno che inizia. Metto su il caffè, raccolgo qualcosa e preparo le tazze per la colazione e fisso la dispensa e il frigo aperto, per vedere un po' cosa vorrei mangiare. Faccio tutto in silenzio per non disturbare il mio amore che fra un po' si sveglierà, al profumo del caffè. E sulla tavola metto fette biscottate, biscotti, pane, marmellate, Nutella, latte, e dimentico sempre di mettere i piattini. Ho imparato a non correre più. Anzi a cominciare in lentezza la mia giornata. Basta mettere la sveglia un quarto d’ora prima. È un regalo per me stessa e per chi mi sta e starà vicino. Poi al momento opportuno correrò. Ma a colazione no.
Segreti per una colazione veloce
Ieri sera son venute a trovarmi delle amiche e ho preparato delle crepes con nutella e nocciole, così per desiderio, per voglia di qualcosa di buono, per far trovare una sorpresa a loro, a noi, che siamo sempre a dieta. Un piacere a cui abbandonarsi, con complicità. Ne ho preparato qualcuna in più e così stamattina erano li che mi tentavano, accanto alla crema e alle fragole e mi dicevano ‘dai, che ci perdi? Poi a pranzo mangerai insalata o carote scondite, ma ora che ci vuole? Un minuto solo, tre gesti semplici, mettimi nel piatto, spalmami crema e frutta, piega e voilà, cominci bene la giornata. C’è bisogno di dire come è andata a finire la colazione di stamattina? Grandi sorrisi davanti alle due tazze di caffè e il sole fuori che ci aspettava.
Ingrediente Nutella - Crepes Nutella e Nocciole










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16 maggio 2015

Il vuoto riempito e il tempo che scorre: storia di un compleanno

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Nasciamo con l’occhio positivo o il pensiero negativo. L’essere nomadi e con la sensazione che manchi la terra sotto i piedi, può essere vissuta come triste precarietà o come opportunità di incontro. La vita che scorre, ti fa vedere come in time lapse i nostri figli che crescono velocemente e le strade che diventano sempre più distanti. E ti assale la voglia di rincorrerli ed acchiapparli per tenerli ancora per un pò abbracciati.

Come quando li accompagni al treno e li spingi su, dicendo ‘vai vai’ e poi sali di corsa ancora per un momento per stringerli a te. E ti concentri su quel momento, perchè in quell’abbraccio siete solo voi due, è solo tuo e basta. E chiudi gli occhi e te lo prendi tutto il suo profumo.

I figli crescono, vanno via, e io sono a mia volta figlia e vado via. E ritrovo nello sguardo e nella malinconia della mia mamma, la stessa mia tristezza e lo stesso mio vuoto quando vanno via loro. Questa benedetta ruota che gira, dovrebbe pur insegnarmi qualcosa, ma il cuore segue le sue vie, misteriose e senza ragione. Comanda lui.

Ma oggi è giorno di festa. Le nostre strade si sono incrociate. E lui è qui con me. E me lo guardo, mio figlio, che ancora dorme e, come in un viaggio veloce nel tempo, torno a casa con loro piccoli che fra un minuto si sveglieranno per andare a scuola e prima di dire ‘è ora’ me li guardo ancora un pò e catturo anche quel momento solo mio, solo nostro.

E immagino che il suo è lo stesso sonno sereno e la stessa sensazione di pace che continuo a provare anch’io quando mi appisolo sul divano di mamma mia. Li, in quel porto sicuro, dove niente mi può far male, perchè c’è lei che mi copre e mi guarda.

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Oggi è il compleanno di mio figlio, il maggiore. e abbiamo deciso di festeggiarlo a Roma e ne sono felice. Non so ancora come lo festeggeremo, ma so già che si impasterà il pane buono e caldo, si preparerà una torta che piace a lui, sarà quella di mele o quella cioccolatosa, non so, berremo qualcosa di buono, passeggeremo per le strade più belle di questa città, mangeremo un gelato, lo abbraccerò e me lo bacerò a più non posso, parleremo di tutto e lo guarderò negli occhi. E poi domani ci saluteremo.

Ancora non so se questi incontri al volo tra di noi, riempiano il mio cuore o me lo straziano al momento dei saluti. Perchè dei figli non se ne ha mai abbastanza.

Si è madri in maniere differenti. C’è chi apprezza la ritrovata ‘libertà’, chi non sa ancora cosa sia questa ‘libertà’ e non sa cosa l’aspetta, chi se li tiene stretti accanto e non li fa andare via, chi ride di tutto questo, e chi non si pone nemmeno il problema.

Io per ora me lo tengo stretto al cuore e vado.

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24 dicembre 2014

Buone Feste 2014

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E siamo arrivati. E meno male, perchè le emozioni del Natale sono tante e per i tipi sensibili come me, rischiano di essere pericolose. Ancora non so se è meglio lasciarsi andare e piangere pure ogni tanto per i pensieri malinconici che ti vengono in testa, oppure mantenere un certo distacco che ti fanno sembrare pure un tantino str… perchè fai quella razionale. Seee…. razionale a me….

Stamattina mi son detta… cominciamo bene questa due giorni di corse e auguri e pacchi e pranzi e cibo…. Alzati, doccia, colazione, programmino tutto bello carino e preciso, così non arrivi con l’affanno. Anzi sai che c’è? che come fanno le persone organizzate apparecchi pure oggi per domani, così ti illudi che tutto sia stato fatto. E invece lo so già che domani farò una corsa a perdifiato, arriverò in tempo ad aprire la porta con il sorriso e già truccata e profumata con la tavola bella, questo si, ma arriverò con le batterie all’1%, come il mio telefonino che però resiste e resiste ancora per molto prima di spegnersi.

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E ora mi concedo seriamente 10 minuti per gli auguri. Preparo la mia tazza di latte, i biscotti di zenzero, carta per impacchettare i regali, pensiero di speranza che piacciano, perchè come al solito mi vengono delle idee che a me sembrano geniali, anzi interessanti va, per poi scoprire che magari non ‘sono stata capita’. Accendo le mie candeline, compagne fedeli e silenziose delle mie preghiere, dei miei pensieri tristi, dei momenti di solitudine, dei risvegli silenziosi mattutini e delle serate di autococcole. Accendo le luci del mio albero di Natale, quest’anno più essenziale che mai. Preparo carte e veline e spago grezzo per i miei pacchi. E poi all’improvviso mi viene in mente mio figlio lontano. Ma lontano davvero…. In India a fare volontariato con un gruppo di meravigliosi ragazzi provenienti da tutto il mondo. Sono orgogliosa di lui, sono orgogliosa dei miei figli entrambi. Bravi ragazzi con le passioni nel cuore. Con la valigia sempre pronta per andare a conoscere il mondo. Pronti a dare una mano quando c’è bisogno. Come noi. Ma che ancora non riesco a lasciar andare davvero. Come si fa? insegnatemelo voi. Ma forse con i figli non si spezza mai quel filo magico che nasce nel primo istante in cui appaiono dentro di noi. E si soffre, mannaggia quanto si soffre. A dispetto di tutte le parole belle e intelligenti che vogliamo dire e che diciamo. A dispetto dei sorrisi che mettiamo davanti alla voglia di piangere quando non sono con noi. A dispetto di tutto l’orgoglio che abbiamo ma che copre come una coperta pesante l’egoismo di volerli tenere abbracciati forte forte, in casa per tutta la vita.  Però poi … scopriamo che invece siamo intelligenti, bravi nel dire cose, bravissimi a sorridere e veramente orgogliosi di loro.

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Eccomi qua dunque, con la lista in mano che mi indica la lancetta dell’orologio che corre….

Auguri a tutti voi che passate sempre di qui per condividere il vostro tempo e i vostri pensieri. Auguri a dispetto di tutto l’affanno che sicuramente caratterizzerà le nostre feste. Saremo mai capaci di vivere con calma e serenità il nostro Natale. (per non parlare poi del passaggio all’anno nuovo…). Auguri a tutti coloro che si sentiranno in colpa per i primi secondi prima di mangiare tutto quel ben di Dio che prepareremo sulla nostra tavola di festa. Siamo buoni con noi stessi, vi prego. Non facciamo sempre i giudici severi e intransigenti con i nostri desideri e accettiamo i peccati capitali che naturalmente ci verranno fuori in questi giorni, primo tra tutti la gola (e poi la lussuria, nel senso di Anna l’amica mia). Abbracciamoci tutti, anche se non siamo vicini fisicamente, anche se ancora abbiamo del rancore per quegli amici che ci hanno ferito, proviamoci almeno. E così avremo fatto metà strada.

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Con i nostri amici vicini alle 12,15 abbiamo organizzato un aperitivo per farci gli auguri. E’ una bella giornata di sole e l’elenco di cose da fare ancora è…. immenso. Vi lascio con le foto della mia casa.

Un abbraccio a tutti e a presto.

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10 novembre 2014

Farrotto con porcini e la compagnia degli amici

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Belle le serate d’autunno. Stanno diventando così rare, così incerte, quasi sospese e introvabili tra un caldo ormai fuori tempo che non vuole abbandonare l’estate ormai lontana, e un inverno che non sa quando e come iniziare. Da tanto non provo più il vero freddo ne sulla pelle, ne in casa, ne fuori, durante quelle belle passeggiate in cui tutta infreddolita dicevi ‘e se andassimo a bere una cioccolata calda al bar?’. Ma che cioccolata calda! ancora la prima cosa che desidero è un’acqua tonica con ghiaccio e limone!

Però qualche sera fa c’era la pioggia, tanta, che scendeva e profumava l’aria e mi regalava la sensazione di essere al sicuro, solo perchè ero li, dietro le finestre, a casa, con un’idea di cena consolatoria per la serata. Silenzio per strada, poche macchine che rientravano, la tv spenta, già le pantofole ai piedi. E la sensazione malinconica della solitudine che piano piano si faceva strada. E mentre ero li, con lo sguardo ipnotizzato dietro il vetro carico di gocce di pioggia, ad inseguire i miei pensieri, ‘chissàdove’, dai miei figli, da chi amo, tutti  sempre troppo lontani per poterli raggiungere in un momento di malinconia, tentavo di scuotermi, annaspando per cercare dei lati positivi. Perchè ce ne sono sempre, basta mettere a fuoco in maniera diversa la propria immagine. E così mi son detta, 1) stasera posso guardare tutti i film melensi che voglio, perchè nessuno mi dirà ‘ma sempre questi film che fanno piangere, mammaaaaa’, 2) posso fare a meno di fare la spesa per taaaanto tempo, dato che la mia dispensa sembra quella dei rifugiati nei bunker durante la guerra, ben approvvigionata per lunghi periodi di isolamento. 3) posso mangiare tutte le cose biologiche che voglio, che ho comprato per desiderio di mangiare in modo sano, senza dover lottare con i desideri di adolescenti affamati anche di hot dog e ‘cose animali’ come dice mio figlio, 4) potrò dedicare poco, pochissimo tempo alla preparazione di cose buone e semplici, senza cotture lunghe e procedimenti laboriosi. 5) e infine, sarà la volta buona che dimagrirò un pò, senza essere tentata di assaggiare qua e la…. Basterà solo integrare con frutta e latte la dispensa e poi posso andare avanti così fino a quando non consumo tutto questo ben di Dio.

L’unica cosa per cui mi sforzo di trovare un lato positivo è…. mangiare da sola. Si, vabbè, ti vedi un bel film, si vabbè, finisci prima, si vabbè mangi quando vuoi……

Mentre rimuginavo su tutti questi sentimenti contrastanti, bagnati dalla pioggia, ore 21 di sera, suonano alla porta. Stupita apro…. e mi ritrovo i miei amici che, ombrello gocciolante in mano e faccia sorridente mi dicono ‘buonaseeeeeraaaaa, bè passavamo di qui di ritorno al lavoro, e abbiamo pensato che sono partiti tutti e stavi sola soletta, e, siamo passati a tastare il polso della situazione… bè che fai????’ . Che cari i miei amici!!! poi dici che gli altri se ne fregano di come stai, che pensano solo al loro fuocherello domestico e basta, che non uscirebbero sotto la pioggia, rimanendo al sicuro nella loro casetta. E invece no, loro sono qui. E allora cambiano in un attimo tutti i punti le convinzioni elaborate fino a quel momento…..

E allora, che si accendano i fuochi e che la casa si riempia di profumi. MI mette gioia cucinare per qualcuno, altro che finisco prima a pulire la cucina…. E’ così bello spignattare, mentre qualcuno ti ronza intorno con un bicchiere di vino in mano, mentre si aprono i discorsi sui figli, sul lavoro, e su tutto il resto…..

Apro la dispensa e prendo una cosa che volevo assaggiare da tempo, ma da sola no, perchè quando mangio delle cose nuove e particolari devo condividere impressioni ed emozioni. E’ un ‘Farrotto con porcini’, con tutti gli ingredienti che servono, tutti biologici e disidratati.

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E’ un’idea geniale che si prepara come un risotto, facendolo tostare come si fa con il riso, con un pò di olio extravergine di oliva, versare (a piacere) un pò di vino bianco e far sfumare e poi aggiungere…… acqua calda, solo acqua calda e portare piano a cottura come un risotto. Alla fine basta solo aggiungere un pò di parmigiano e mangiarlo con gli amici, bevendo un buon bicchiere di vino rosso. Come non fare la pubblicità spontanea a questo prodotto? io ve lo consiglio. Di solito scrivo ingredienti e procedimento, ma qui, gli ingredienti sono diversi dal solito…..

Farrotto con Porcini

- due cucchiai di olio extravergine di oliva

- una confezione di ‘Farrotto ai porcini’ dell’azienda Bottega 39

- mezzo bicchiere di vino bianco secco

- Acqua calda qb

- due cucchiai di parmigiano reggiano

- almeno un paio di amici allegri e loquaci

- un bicchiere di vino rosso a testa

- una serata di pioggia (facoltativo)

- la capacità di godere di ogni momento bello che ti capita.

Buon appetito.

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21 ottobre 2014

Vellutata di zucca con riso selvaggio e porri croccanti

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E poi ci son mattine in cui resti seduta e immobile ad aspettare che il rumore del caffè che esce dalla macchinetta sia finito. E aspetti ancora un pò, perchè vuoi che finisca del tutto. Stancamente ti alzi e ti prepari la colazione fatta solo di caffè e zucchero, tanto e caldo, anzi bollente. Ti risiedi e ti sforzi di fare il punto di questa situazione.

Quale? la tua. E senti che ti devi mettere di fronte al problema da affrontare, che è la causa di tanti altri problemi,  alla cosa di cui senti di più la mancanza. Il tempo. Benedetto tempo che ci è sempre donato, maledetto tempo che però ci sfugge ridendo di noi. Appena svegli la mattina pensiamo di averne almeno per 16 ore, tutte da riempire, da dividere per colori, nero per quello che devi fare, grigio per le cose tristi, turchese per i sogni, rosso per l’amore, giallo per quando devi correre, smeraldo per quello che ti piace fare, verde per riposare. E così, a seconda di quello che riuscirai a fare sul tuo calendario dell’anima si coloreranno le giornate. Ci saranno quelle nere, quelle grigie, quelle arcobaleno, in cui ti sentirai brava perchè sarai stata capace di fare tutto e così via. Mi piacerebbe poterne creare uno, da riempire, come un diario, giorno per giorno, verso sera, prima di andare a dormire, per poi vedere e capire con un solo sguardo di che colore è la vita mia.

E’ così grande il dono del tempo che ci è dato e per chi ha un animo inquieto e curioso, non è mai abbastanza. Io cerco di svegliarmi presto per poter iniziare con qualcosa di bello, facendo colazione, scrivendo o leggendo, da sempre è così. E questo mi fa sentire bene per affrontare l’incognita della giornata. Ma appena comincio a muovermi le ore mi sfuggono dalle dita. Forse il mio ritmo interiore che vorrebbe fare mille e mille cose, non combacia più con quello fisico, che richiede arrendevolezza e calma. Non è più il tempo dei tre piani saliti di corsa, o delle notti passate a parlare fino all’alba, o delle giornate passate a correre e a sollevare pesi di ogni tipo. Ora è il tempo in cui le scale le salgo per allenare il fiato, ma non di corsa, ancora con una certa sfrontatezza si, ma non di corsa. Le mie chiacchiere serali, sfumano nel sonno verso l’una, e mi ritrovo ad aver abbandonato involontariamente la compagnia, scivolando nel sonno, parlando. E le mie giornata sono si sempre piene, ma ogni tanto mi devo fermare per poi riprendere. E intanto non sono solo le ore a sfuggirmi di mano, ma anche i giorni. Ti ritrovi che i figli sono cresciuti e andati via, hai finito di pagare il mutuo che, al momento in cui hai iniziato, pensavi non sarebbe finito mai, mentre la casa e il fisico hanno già qualche ritocco da fare……

Suona il cellulare. E’ mio figlio che mi chiama per darmi il buongiorno. E si parla del ‘cosa fai oggi?’, e giù un elenco allegro di racconti di ieri, che continueranno nell’oggi. E ti accorgi che ieri hai fatto tanto e oggi ti proponi di farne altrettanto. Ma non solo faccende domestiche banali, ma incontri con gente per lavoro, per insegnare a qualcuno ad aprire e gestire un blog, per progettare corsi per gli stranieri che vogliono imparare da me a cucinare pugliese, e poi fare il biglietto per andare in Germania a preparare dolci pugliesi, ecc…. e poi racconti che la nonna si è iscritta ai corsi di informatica (per imparare a leggere il blog da sola), al corso di ginnastica e ha fatto l’abbonamento al cinema….  E rido con lui quando dice ‘ho una famiglia meravigliosa, piena di persone speciali’. E apro gli occhi, quasi mi risveglio.

E li capisco che non è vero che il ritmo è lento. E’ tempo di accompagnare ancora i figli, che in realtà non sono andati via per sempre, ma solo per il momento e ancora torneranno, ricchi di esperienze fantastiche da raccontaci. Di mutuo quasi quasi ne apriremo un altro, per garantirci tanto tempo ancora per poterlo pagare. Una volta mia madre, vedendo la malinconia di chi compiva cinquant’anni, malinconia per il tempo che stava passando, disse ‘ ah figli miei se avessi io cinquant’anni, sai quanti mutui aprirei?’. E li capisci che non devi guardare il tempo che ormai è passato, ma quello che, speri, hai davanti a te. E cominci a piluccarlo con piacere, giorno per giorno. Ora per ora.

E sei grata anche per il  saper vedere ovunque i colori. Anche nelle cose che ti prepari per spennellare di giallo ocra, con una semplice zucca, l’ora del tuo pranzo.

Vi insegno a dipingere il vostro pranzo di oggi allora. Buona giornata a voi.

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Vellutata di zucca con riso selvaggio e porri croccanti

- 300 g di zucca già pulita

- una patata grossa

- un porro

- cinque cucchiai di olio extravergine di oliva

- due pugni di riso selvaggio

 

Sbucciare le patate e tagliarle a cubetti.

Tagliare a cubetti anche la zucca.

Eliminare le foglie esterne del porro e tagliare a rondelle il porro fino alla parte verde.

IN una pentola versare tre cucchiai di olio, i cubetti di patate e di zucca, le rondelle chiare del porro e far rosolare.

Coprire di acqua, salare e portare a cottura a fuoco medio per circa venti minuti.

Lessare nel frattempo il riso selvaggio, scolarlo.

In una padella versare gli altri due cucchiai di olio e far rosolare a fuoco vivace le rondelle verdi di porro. Tenerle in caldo.

Appena patate zucca e porri saranno cotte, spegnere e frullarle con un frullatore a immersione. A piacere si può aggiungere anche qualche cucchiaio di panna per dare un tocco più morbido.

Assemblare il piatto versando in una ciotola un mestolo di vellutata, una manciata di riso e decorare con i porri verdi croccanti.

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17 settembre 2014

Storia di un fico sciroppato

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Era una di quelle estati in cui arrivi stanco distrutto al periodo delle cosiddette ferie. Manco il tempo di organizzare una piccola vacanza, niente. Niente prenotazioni, niente idee, niente forza di fare nemmeno un tentativo… poi ad agosto con queste premesse dove vai? Ma quando la stanchezza è tanta, questa può generare o il nulla, l’inerzia totale, o la vera follia. A noi toccò quest’ultima.

Infilammo in valigia poco di tutto, sufficiente per un’idea di mare, di montagna, di caldo e di freddo, cuscini in macchina per i bimbi (e si, avevamo anche piccoli i due figli), gameboy per tappare la bocca ad eventuali lamentele per il troppo tempo in macchina, decidemmo solo di dirigerci verso nord,  senza toccare l’autostrada e … via, partimmo. All’avventura. Senza aver prenotato niente. E non c’era manco internet sul cellulare con google e app varie. Così come due pazzi avventurosi, con due bimbi al seguito che si fidavano ciecamente di noi. Sapevano che tra le tante cose avremmo incluso anche cose buone da mangiare e luoghi divertenti da visitare.

E così iniziò un viaggio bello, bellissimo durante il quale visitammo parchi di divertimento, andammo in giro a Ferrara con le bici, sotto il solleone, ci lanciammo con le carrucole nei parchi, andammo al mare, a Comacchio a mangiar le anguille che, scoprimmo, sapevano di fango, telefonando ‘strada strada’ ai vari B&B del posto che avremmo visitato, per essere sicuri che alla fine di ogni  giornata, stanchi morti, avremmo comunque avuto un posto dove dormire.

E così capitammo in un posto chiamato Oriolo Fichi, vicino Faenza. Luoghi a noi sconosciuti del tutto. Avevamo prenotato in un agriturismo, chiamato ‘La Sabbiona’, così, a fiducia. Volevamo una soluzione per una notte, familiare, dove poter mangiare cose genuine… per poi ripartire il giorno dopo per un’altra avventura. Arrivammo tardi, sera inoltrata, la cucina era appena chiusa e la signora che ci accolse ci disse che poteva preparare qualcosa al volo, giusto quello che c’era ….

E così ci vedemmo arrivare una piadina calda calda, di quelle vere, con un formaggio ancora caldo chiamato ‘squaccherooone’ (che allora non conoscevo), e….. un fico sciroppato grondande di sciroppo tiepido.

Uno di quei momenti di magia pura in cui ti chiedi se è vero che stai vivendo li, proprio in quel posto, che stai assaggiando proprio quel sapore, in mezzo ai grilli della sera, in mezzo ad un vigneto in salita, in un luogo lontano da casa tua?????

Quel momento è rimasto marchiato a fuoco nella mia memoria…

Abbiamo quindi concluso la cena con salumi, formaggi, e frutta e siamo andati a dormire, stanchissimi. IL giorno dopo, ottima colazione e via, per continuare l’avventura.

Son passati tanti anni, non ricordo più nemmeno quanti… ogni tanto mi tornava in mente quel sapore, quella sera, quella sensazione di pura poesia. Superata quella pochissima, quasi inesistente, timidezza, o forse scetticismo che mi faceva temere di essere presa per pazza, in un pomeriggio di un autunno incipiente, decisi di cercare su internet ‘La Sabbiona’. E con grande gioia vidi che era sempre li, con le stesse foto, forse le stesse persone, non so… ma era li. Con tanto di mail. E allora mi decisi a scrivere, raccontare questa storia e chiedere…. la ricetta di quei benedetti fichi sciroppati. E la risposta fu gentilissima, stupita, riconoscente e precisa. MI inviarono la ricetta che per due anni ho provato e riprovato a realizzare, ma con scarsi risultati. Mi venivan fuori sempre dei pasticci e il motivo era semplice. Utilizzavo il tipo di fichi sbagliati, senza picciolo, già un pò aperti e quindi si disfacevano durante la cottura. Ho riscritto e, con la santa pazienza, mi hanno ri-spiegato come fare e cosa non fare.

E così son riuscita nell’intento. E così … ho comprato una piadina, lo squaccherone e con i fichi ancora caldi (non ho potuto aspettare!) ho rivissuto la stessa magia. E ho sorriso tutto il pomeriggio come una scema, perchè ero veramente, veramente felice.

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Gentile Anna

La ringrazio per la sua memoria. Le darò la ricetta, la sua pazienza nel provare deve essere ricompensata. Credo che comunque sia fondamentale il tipo di Fico “ fico della goccia” si chiamano cosi. E’ utile il clima non troppo umido. Allora per 1 kg di Fichi maturi ma sodi, con il picciolo, aggiungere 400 grammi di zucchero, poi un limone tagliato fine ogni 3 kg di Fichi. Lasciar bollire per diverse ore + la pentola è grande e piena + occorre tempo. Quando i fichi sono scuri, lo sciroppo è liquido ma un poco + denso. Per Circa 5 kg occorrono 5/6 ore do cottura, mai mescolare, solo abbassare un poco i fichi, per far venire a galla gli ultimi.

Mi farebbe piacere il link al nostro sito con  la citazione “ ricetta della Sabbiona, Agriturismo e cantina, Faenza “ (cliccateci su…. eheheheh)

Cordiali Saluti

SERENA

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4 luglio 2014

Plum cake alla Strega (rimedio per risalite veloci)

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Questo post sembra grigio, invece finisce a colori.

Scrivo e riscrivo post da giorni. Sono piena di bozze conservate perchè sono sempre parole ed emozioni mie che non voglio buttare, ma non mi sembrano proprio quelle che rappresentano il mio stato d’animo. Che ora è informe, mutevole, in attesa di una sua nuova evoluzione.

Cambiamo sempre, anche e forse soprattutto quando ci sentiamo persi. Quando non ci sentiamo più pezzi combacianti del puzzle. All’improvviso non ci stiamo più in quei confini. I bordi richiedono altri luoghi in cui sistemarsi.

Arriva il momento in cui devi allentare la presa delle zavorre che ti porti appresso e alleggerire il cuore, svuotare la mente, perdere qualche chilo per camminare più speditamente, mettere in uno zainetto l’essenziale e andare via. Lasciare qualsiasi forma di dipendenza dagli altri. Che siano i figli, che siano i doveri, che siano le abitudini, il senso della proprietà che ci lega ancora a quello che abbiamo, lasciare anche il senso del tempo che scandisce la nostra giornata, delegare le responsabilità ad altri, smettere di amare soltanto, non credere di essere sempre la più forte, farsi accarezzare un pò e godere di un momento di attenzioni. Lasciare da parte l’orgoglio che ci fa sorridere sempre e dire ‘va tutto bene’ come nei film americani, e continuare a parlare di te quando qualcuno ti riversa addosso tutti i suoi malesseri interrompendo il tuo racconto.

Ecco si, svuotare la mente e riempirla di immagini, persone, cibi nuovi, nuovi desideri.

E poi ancora….

Ho capito che bisogna anche ascoltare il proprio corpo, che ti da segnali per capire meglio quello che succede dentro di te. Da un pò di tempo se sono sola mi capita di non aver desiderio di mangiare, lo faccio perchè devo, ma questa è una terribile sensazione che priva di colori la mia vita. Cucinare per forza, senza idee, quelle che ti vengono dal desiderio di assaggiare, abbinare, sperimentare… è tristissimo. L’inappetenza, al pari della fame nervosa è davvero una cosa che deve far riflettere su se stessi.

E’ cominciata piano, eliminando un alimento per volta, prediligendo metodi di cottura sempre più semplici, essenziali, ingredienti con poco sapore e poca sostanza, verdure e pollo, come se fosse un fastidio da sbrigare velocemente. E ho capito che qualcosa si stava lentamente spegnendo dentro.

Mi sono spaventata un pò di tutta questa apatia e allora ho deciso di ricominciare a preparare piano piano delle ricette semplici ma con dentro qualcosa di stimolante. Arriverò anche al Kebab speziato e piccante, lo sento….

Intanto desidero spezie di paesi lontani, sperando di poter andare presto li a comprarle. Poi mi sono iscritta a gruppi di foodblogger di altri paesi, India, Irlanda, Scozia, America del Sud…. Mi sono iscritta addirittura ad un’associazione di Amish, per capire meglio la loro cultura.

Ho comprato libri di ricette di altri paesi. Mi sono iscritta ad un corso di cucina giapponese perchè amo la loro raffinatezza e i loro riti.

Ho rubacchiato ricette da libri bellissimi che costavano un occhio. Copiate furtivamente mentre bevevo un succo d’arancia nelle Feltrinelli che ho visitato. E sentirsi delinquente in questo è anche eccitante.

Poi un bel giorno, sono tornati i figli a casa, dall’università….. E ho cominciato a cucinare con piacere, preparando piatti profumati e plum cake al liquore.

Alla fine si è capito qual’è il problema.

La solitudine.

Ma anche per questo ho già la soluzione. Vedrete.

Per ora vi lascio il mio plumcake, suggerito da Morena, ma modificato in qualcosina, tipo l’uso del bicarbonato come lievitante, perchè volevo giusto sperimentare.

Faccio un copiaincolla che sono sicura lei acconsentirà perchè è amica mia.

PicMonkey Collage

Plum cake alla Strega (English version below)

Ingredienti per uno stampo da 25 cm:
150 gr di burro morbido
100 gr di zucchero per l'impasto + 80 gr per gli albumi
1 cucchiaino di zucchero vanigliato
2 cucchiai di Liquore Strega
4 uova a temperatura ambiente
120 gr di farina 00
70 gr di amido di mais o fecola o frumina
1 pizzico di sale
un quarto di cucchiaino di bicarbonato sciolto in un vasetto di yogurt bianco da 125 ml


Prima di tutto setacciate in una ciotola la farina, l'amido ed il sale.
Montate a neve ferma gli albumi  aggiungendo man mano gli 80 gr di zucchero.
Lavorate a pomata il burro con lo zucchero (100 gr) e lo zucchero vanigliato fino ad ottenere una bella crema morbida quindi aggiungete i tuorli uno alla volta. Unite anche il liquore.
Aggiungere lo yogurt in cui avrete sciolto il bicarbonato. Aggiungete alternando le polveri e quindi incorporate delicatamente gli albumi.
Versate il composto nello stampo imburrato ed infarinato o rivestito con carta da forno. Infornate a 180° statico nella parte bassa del forno per circa 40 minuti. Controllate la cottura con uno stecchino perchè ogni forno è diverso e potrebbe volerci di più o qualche minuto in meno.
Sfornate, lasciate intiepidire poi togliete il plumcake dallo stampo e lasciatelo raffreddare su una gratella. Cospargete di zucchero a velo vanigliato.
Se lo conservate ben avvolto nell'alluminio o in un sacchettino di nylon si conserverà bene.. sempre che ne abbiate bisogno, ma dubito!!
Più semplice di così!!

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Plum cake with your favorite flavored liqueur

(Ingredients for a mold of 25 cm)


150 grams of soft butter
100 grams of sugar  + 80g (to mix to the eggs white)

1 teaspoon of vanilla sugar
2 tablespoons of flavored liqueur
4 eggs 
120 grams of flour 00
70 grams of corn starch or potato starch or frumina
1 pinch of salt
a quarter of a teaspoon of baking soda dissolved in a small pot of plain yogurt 125 ml

First of all in a bowl sift the flour, starch and salt.
Whip the egg whites and  gradually add 80 grams of sugar.
Work in cream the butter with the sugar (100 gr) and vanilla sugar until you get a nice smooth paste and then add the egg yolks one at a time. Add the liqueur.
Add yogurt in which you have dissolved baking soda. Add alternating the mixed four and then incorporated the whites egg gently.
Pour the mixture into buttered and floured mold (or with baking paper). Bake at 180 ° static in the lower part of the oven for about 40 minutes. Check the area with a toothpick because every oven is different and it may take a few minutes more or less.
Remove from the oven, let cool. Sprinkle with powdered sugar icing.

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23 giugno 2014

Dove sei?

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Dove sei? ancora ti cerco per le strade, quando apro la porta di casa tua e vedo per caso una maglietta nera e dei capelli bianchi, ma è solo qualcuno che ti somiglia. Ma il cuore fa un salto forte, lo stesso. Aspetto ancora che tu compaia all’improvviso e mi dica di avermi fatto uno scherzo, terribile, ma uno scherzo… Ancora non voglio lasciarti andare, ma cosa devo lasciar andare? sei sempre il mio aquilone che vola lassù, e io ti tengo legato a me con il filo. E lo tengo forte. E lotto con il vento della malinconia, a volte della rabbia, perchè a me non è dato capire questo mistero che mi ha portato via in un attimo un amore grande, che è stato con me da sempre, da quando sono nata. Che mi ha portato per mano e indicato la strada. Che mi ha regalato a piene mani abbracci e sorrisi. Che mi ha fatto ridere tanto e tanto. E ha preparato per me cose buone e che ha riso con me dei chili in più.

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Accidenti quanto mi manchi. E questo vuoto non si può riempire di niente. Questo è solo tuo, e nessuno può sostituire quello sguardo luminoso di quando mi vedevi. E i tuoi massaggi sulla mia spalla dolorante. O la tua mano sulla mia fronte. O le tue parole, i tuoi racconti, i tuoi consigli.

E i ricordi affiorano. Sempre in mezzo ai sorrisi. Quando non volevi mai venire con noi nei viaggi e una volta per portarti sul Pollino a mangiare i porcini, abbiamo dovuto ‘rapirti’, dicendoti che dovevi venire con noi per sentire ‘un rumorino strano alla macchina’, e poi ti abbiamo portato via. E tu ci hai detto ‘a così è? da oggi non mi fregate più’. O quando mi hai fatto due bidoni non facendoti trovare a casa per venire con me alla dietologa e poi al terzo appuntamento ti ho fatto un appostamento a cui non ti sei potuto sottrarre.

Ma ti ricordi quando ti ho portato per forza al mare e abbiamo parlato per ore in acqua fino a farci venire alle mani ‘il bagno’, cioè la pelle rugosa e bianca.

Quanto ci piaceva parlare, fermi per strada, seduti al tuo tavolo, per ore, e io ti dicevo ‘papà quando vengo qui, non combiniamo più niente di quello che dobbiamo fare, parliamo solo e basta’ e tu mi dicevi ‘ dai Ninetta, rimani ancora un pò qui, che vai sempre di corsa’. E meno male che sono rimasta tante volte a raccontarti di me e ad ascoltarti. MI sono riempita di tutte le parole del mondo e ora ne ho un pieno, da cui attingo a piene mani quando ho voglia di risentirle.

Anche di abbracci ho fatto il pieno. Solo che di quelli ancora ne vorrei.

E’ strano come una luce particolare, un caldo come quello di oggi, un sapore di stagione, mi riportino all’improvviso la stessa malinconia di due anni fa, quando sei andato via per sempre. Non è una data, quella di domani, che mi ricorda che non ci sei più. Ma un insieme di sensazioni e di ricordi marchiati a fuoco sulla mia pelle, che mi riportano indietro con un brivido e con una sensazione di vuoto profondo.

Perchè ne parlo qui? perchè qui tutto è vento. Il vento delle parole mie e di chi le leggerà. Qui non c’è tempo, non è nemmeno un luogo. E’ un … ovunque e in ogni tempo. E anche qui spero che tu ci sia. Perchè oltre che dentro di me, non so più dove cercarti. Ho ritrovato i tuoi abbracci infilandomi i tuoi maglioni, quando avevo freddo fuori e dentro il mio cuore. E ti ho sentito. E oggi sai cosa ho fatto? ho preso una delle tue magliette che avevamo comprato insieme, ho tagliato quello che c’era ‘in più’, confidando nella moda che sbologna tutto come originale, e ne ho fatto una cosa bella da indossare. E mi son sentita bene, ancora una volta con te.

Ma ancora non sono pronta per lasciare il filo di questo aquilone. Non voglio che ti perda nel vento di un ricordo lontano. Meglio la tempesta del mio cuore. Resta ancora qui.

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20 dicembre 2013

Crostata di pasta sablèe con crema cioccolato e whisky e scorza d’arancia …. aspettando il Natale

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E’ già giorno. E questa volta mi fermo un pò qui. E’ da tanto che non riesco a fermarmi per scrivere. Ma intanto comincia ad arrivare l’aria delle feste. In realtà si stenta un pò ovunque a rilassarsi. Si avverte quasi un desiderio di saltare direttamente a metà gennaio, quando tutta questa valanga di scampanellii, di ricette, di candeline, di palle rosse, lascerà spazio al quotidiano un pò noioso, ma rassicurante. Però è anche vero che abbiamo bisogno di spiragli di cambiamento, di scossoni di suoni e sapori diversi. MIa madre mi ha sempre dimostrato che è rassicurante sapere che ci sono le feste e le stagioni a scandire le nostre vite. Perchè così sai esattamente cosa fare e quando farlo.

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E la mia casa in questi giorni è un piccolo delirio di farina e tentativi di fare addobbi. Con due gatti in casa ho imparato che l’albero diventa una chimera per noi e un parco giochi per loro. Salgono e scendono e cadono palle di continuo e addentano, sgranocchiano, le luci che lampeggiano. Insomma, un’impresa impossibile. La cucina è un turbinio di fogli e foglietti e quaderni di ricette che vengono fuori per le feste, alla ricerca di vecchi sapori o combinazioni stupefacenti. E li mi esalto e mi ricarico, perchè per me è un fantastico allenamento quello di leggere e immaginare già nella mente i sapori finali della ricetta che arriverà sulla mia tavola di Natale.

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E poi iniziano le prove generali. Paste sablè che si sciolgono nel forno, secchielli interi di confetture di mirtilli e lamponi arrivate dalle montagne, che stazionano sulla tavola, pronte per essere spalmate sulle mie torte. Ganache al cioccolato che aspettano di raffreddarsi un pò per raggiungere la giusta consistenza per il dolce al whisky che preparo a sorpresa per mio figlio che ogni tanto ha bisogno di qualcosa di dolce a fine pranzo. E fra cinque minuti infornerò i frollini ai due cioccolati per l’altro figlio che finalmente torna stasera e che non vedo l’ora di abbracciare.

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E poi inizieranno i giochi e gli incontri con gli amici, dove tenteremo invano di non esagerare a tavola, ma, si sa, le serate non sono le stesse solo con i saltinmente e le tombole, se nel frattempo non fai girare un piatto con uno spaghetto al volo. Vedremo. Ci proveremo. Non ci riusciremo, lo so. E ci rassegneremo a rimandare le buone intenzioni a dopo.

crostatina con ganache al whisky e arancia

Per oggi vi regalo l’atmosfera di casa mia e le ricette golose fatte con la pasta sablèe di Michel Roux.

Crostata di pasta sablèe con ganache cioccolato e whisky e scorze fresche d’arancia (english version below)

(per la pasta sablèe)

250 g di farina

200 di burro buono, tagliato a pezzettini e leggermente ammorbidito

100 g di zucchero a velo, setacciato

un pizzico di sale

2 tuorli

(per la ganache)

200 ml di panna

200 g di cioccolato fondente

25 g di burro

4 cucchiai di whisky

un’arancia biologica

 

Versare la farina a fontana su una spianatoia. Mettere al centro il burro, lo zucchero a velo e il sale. Lavorare con la punta delle dita e poi aggiungere i tuorli, incorporandoli delicatamente. Piano piano incorporare la farina e lavorarlo finchè l’impasto diventa omogeneo. Lavorarlo di polso per 3 o 4 volte finchè diventa liscio. avvolgerle la pasta in una pellicola e mettere in frigo per almeno mezz’ora, o comunque fino al momento dell’utilizzo.

Stendere una sfoglia sottile e con questa foderare una teglia da forno. Bucherellare la pasta con i rebbi di una forchetta, coprire con un foglio di carta da forno e mettere dei pesi (fagioli o palline di ceramica apposite). Cuocere a 180° in forno già caldo finchè si colora leggermente. Far raffreddare.

Preparare la ganache portando a bollore la panna e il burro e incorporando il cioccolato fondente grattugiato. Quando sarà sciolto per bene continuare a girare ogni tanto finchè si raffredda. Quando è ancora tiepido aggiungere il whisky e amalgamare.

versare la ganache o con una sacca da pasticcere o con un cucchiaio, rigandolo poi con una forchetta. Rigare l’arancia e far cadere le striscioline direttamente sul cioccolato.

Per i dolcetti della prima foto, ricavare dei dischi con la pasta sablè, cuocerli come descritto sopra, farli raffreddare e farcirli con confettura di mirtilli rossi. Innevate con zucchero a velo.

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Sablée tart with chocolate and whiskey ganache and fresh orange peel

( for SABLEE )

250 g  flour

200  good butter, cut into small pieces 

100g icing sugar

a pinch of salt

2 egg yolks

( for the ganache )

200 ml cream

200 g  dark chocolate

25 g  butter

4 tablespoons of whiskey

1 orange

Pour the flour on a pastry board . Put butter, icing sugar and salt, in the center. Working with the fingertips and then add the egg yolks , incorporating them gently. Incorporate slowly the flour and knead until the dough becomes smooth. Knead until it becomes smooth. Wrap the dough in plastic wrap and refrigerate for at least half an hour, or until ready to use.

Spread a thin sheet and put it in a pastry pan. Prick the dough with the tines of a fork, cover with a sheet of baking paper and put weights (dried beans or ceramic balls appropriate ) . Bake at 180 degrees in preheated oven until it colors slightly . 

Prepare the ganache by boiling the cream and butter and incorporating the grated dark chocolate . When will it be okay to continue to turn loose every so often until it cools. When it is still warm add the whiskey and mix .

Spread the ganache on the pastry, helping with a pastry bag or with a spoon, then do lines with a fork . Scratch the orange and drop the strips directly on chocolate .

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24 settembre 2013

Uova al tegamino con pomodorino e origano

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Qui Roma. Vi scrivo nel bel mezzo di una giornata di sole settembrino, che riscalda i colori di questa città e il core mio (guarda un pò l’ho scritto in romano ehehehe). Ginocchio a parte, mi sento benissimo, ogni volta che sono qui. Per mille motivi. Sono vicina al mio amore, sono in mezzo a mille cose bellissime da fare/vedere/assaporare/inventare/progettare, persona amiche mie da incontrare, abbracciare, abbracciare ancora, con cui parlare, fare i riassunti, guardarsi negli occhi e raccontarsi, parlare dei progetti (sempre tanti), gioire a mille anche solo per un caffè, bevuto sedute ad un tavolino, in mezzo alla gente di tutti i colori che ci passa e ci sfiora. Insomma… carica a mille..

Domani farò un bagno di folla per andare dal Papa. Oggi ho cose e cose d fare ma, sempre di corsa e, in previsione di un altro viaggetto che mi aspetta per venerdi questo (bè così si dice da noi!) posto veloce una ricetta veloce, con lo stupore e le risate che mi son fatta poco fa nel vedere che anche una mia amica ormai ‘sintonizzata’ ha postato. Insomma Aurelia, e l’altro giorno le cipolle, oggi l’uovo, ma insomma di che sei collegata telepaticamente e sposiamoci e non se ne parla più…

Protese verso questo evento che ci aspetta, incastrata io in una nuova visione della cucina e del tempo da dedicarvi, ispirata dall’essenzialità delle cose…. posto ricettine veloci e semplicissime senza però dimenticare il gusto, altrimenti mi intristisco io e quelli per cui cucino (i miei figli!)…. che cominciano a dire ‘e si, tu hai la mamma foodblogger, tu hai la mamma foodblogger, chissà che cose buone che ti cucinaaaaa… e invece… ecco qua, che si mangia? le uova a tegamino…’ E io me la cavo dicendo che anche per quelle ci vuole un’arte. Vediamo le sapete fare voi, con mille varianti e così buone? eh? eh?

E con questo piatto che ho preparato l’altro giorno, anche quello un giorno di corsissima (che ora anche i gatti ci mancavano e il tempo si è dimezzato), li ho fregati. Troppo buone le uova, preparate così.

E pensare che con questa ricetta ho perso una scommessa una sera. Io preparavo orgogliosa la mia ricetta con cipollotti/pomodorino/basilico, pensando (giustamente) che fosse il nonplusultra… e invece Ignazio, l’amico mio, mi ha fregata con questa ricetta preparata a mò di gara. Era più buona la sua.

Provate e fatemi sapere. Bè io scappo eh? Roma mi aspettaaaaaaaaaaaaa

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Uova al tegamino con pomodorini e origano.

(a cranio, come dice Eugenio il mio amico medico/cuoco)(quanti amici che ho, azz….)

- due uova freschissime

- due pomodorini ciliegino

- mezzo cucchiaio di olio extravergine di oliva

- un pizzico di sale

- un pizzico abbondante di origano (magari ce l’avete fresco di pianta!!!!)

Versare l’olio nel tegamino, spezzettare i pomodorini e aspettare SOLO che cominci a muoversi l’olio mentre si riscalda intorno ad essi. Metterci le uova, facendo attenzione che non si rompano i tuorli. La fiamma dev’essere vivace, non troppo forte, nè troppo moscia, attenzione! Salare. Man mano che cuoce l’albume, aiutandosi con la forchetta, muoverlo un pò per farlo cuocere ovunque, lasciando semicrudo il tuorlo, che NON deve rompersi. Qualche secondo prima che l’albume sia tutto cotto, spolverizzare l’origano.

E mangiarlo con pane spezzettato qua e la …. mamma miaaaaaaaaaaaaa!

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11 settembre 2013

Risveglio e colazione con la Torta Nera

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Ogni tanto torna alla mente …
Mentre sono ancora nel letto, con la luce che tenta di entrare attraverso le fessure, penso a quando, ancora in casa con i miei, oltre alla sveglia, mi svegliava la voce dei miei genitori. Bellissimo il silenzio del mattino, ma ancora più bello e rassicurante il tramestio dei passi di qualcuno che inizia presto la sua giornata per casa e prepara il caffè facendo attenzione a non svegliarti finchè non è pronto, pensando di sicuro ‘la lascio dormire ancora un pò’.
Pronto il caffè e arrivata l’ora di alzarsi, si apre la porta e senti una voce bassa che ti dice …. ‘Ninettaaa, è pronto il caffettino a papà’ (detto veloce veloce). E io ‘si papà ancora cinque minuti, dai’. E lui che si siede nella penombra della stanza, mentre gli altri fratelli dormono, e dice cominciando già di buonora a scherzare ‘ va bene, e io ti guardo e aspetto’. Ovvio che, sentendosi lo sguardo sveglio e allegro di mio padre, non si riusciva più a dormire… e iniziava la gara di chi resiste di più. Io, fingendo di dormire ancora, lui, continuando a stare li, fermo, in silenzio. E la cosa continuava con mio padre che mi prendeva il piede e lentissimamente cominciava a tirarmi fuori dal letto, finchè vinceva lui.
Diversa invece la sveglia di mia madre, con voce pratica, ‘Anna è pronto il caffè, scià’. E al mio ‘ancora cinque minuti’, lei senza tante storie alzava la tapparella e basta, ci si doveva alzare e basta. Ma a volte prima di questa operazione mi portava il caffè sul comodino….
E così si iniziava insieme la giornata, sedendosi per la colazione e parlando un pò, finchè ognuno poi andava al proprio lavoro o alle proprie faccende.
IO, se e quando sono in casa i miei figli, cerco di preparare loro qualcosa di buono per colazione. LI ho sempre svegliati con calma. Sono sempre stata dell’idea che di troppe coccole non è mai morto nessuno… ma di stress si. Salvo poi a suonare la tromba se proprio sono intorpiditi….
Oggi al risveglio c’era questa torta.
Da tanto desideravo prepararla. E’ una ricetta di una mia amica che ora è sparita dal web e dalla mia vita, per sua, incomprensibile, volontà. Fantastica cuoca, l’ha preparata per un evento a cui abbiamo partecipato insieme…. Indimenticabile.
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Torta nera
- 60 g di mandorle spellate
- 60 g di nocciole (o noci)
- 60 g di fette biscottate
- un cucchiaino di lievito per dolci
- 5 uova
- 125 g di burro (o margarina, o olio di semi)
- 160 g di zucchero
- 110 g di cioccolato nero
- 1 pizzico di sale
Montare a schiuma il burro con lo zucchero. Aggiungere tre uova, una per volta. Separare gli albumi dai tuorli delle altre due uova e montare a neve ferma gli albumi. Inserire nel composto i due tuorli.
Frullare finemente le mandorle, le nocciole e le fette biscottate. Aggiungere il lievito, setacciandolo.
Sciogliere il cioccolato a bagnomaria o al microonde. Aggiungerlo alla schiuma di uova/zucchero/burro.
Aggiungere le farine.
Aggiungere gli albumi montati a neve, mescolando da sotto a sopra per non smontarli.
Ungere e infarinare una teglia a piacere. Versare l’impasto e infornare in forno già caldo a 180 x circa 45/50 minuti.
Per la decorazione finale utilizzare o lo zucchero a velo o sciogliere altri 100 g di cioccolato nero, con una noce di burro e versarlo in superficie.
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16 luglio 2013

Scozia on the road e il libro della sopravvivenza

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E ancora una volta, la terza, l’ho accompagnato alla partenza per il suo nuovo viaggio. dall’Inghilterra alla Scozia on the road. Desiderato, sognato, studiato, atteso, arrivato e realizzato. Tante le nostre reticenze, le nostre paure, dapprima i nostri no che piano piano sono passati dal ni al si. Ma come si fa a dire di no a quegli occhi che brillano quando, spiegando, ti mostrano la sua idea del viaggio? Quando gli chiedi ‘perchè non viaggi in treno?’, ‘perchè non dormi in un ostello almeno?’, ‘Perchè non partite in tanti, tutti insieme?’, e lui, calmo, ti spiega che il viaggio è anche la gente che incontrerai, la gente che si fermerà a darti un passaggio e le parole che verranno, per conoscersi. Perchè non c’è limite alla libertà, perchè i muri proteggono solo dalla pioggia e dalle tempeste. Perchè ‘insieme’, ‘in tanti’ si perde di vista se stessi e le proprie mete…. Cosa gli puoi rispondere? Come puoi cancellare i suoi sogni con le proprie paure?

E non ci provi nemmeno a fargli cambiare idea. Gli strappi solo qualche compromesso, sul Paese, sulla durata, sulle telefonate, sulla compagnia, almeno una persona con te. Ma poi devi imparare a fermarti. E lo avvolgi, con l’aiuto degli occhi e degli abbracci con uno strano rito che crea fili invisibili per proteggerlo. E lo vedi allontanarsi, con il suo zaino essenziale, con la sua fedele compagna, la chitarra, e la sua musica nel cuore e nella mente, mentre cerchi di tenere un capo di quei fili, per illuderti di poterlo seguire e tenere con te anche da lontano. e resti collegata con il pensiero sempre a lui, anche di notte e cerchi di non staccare mai il ‘contatto’. Questo ti rassicura, come un amuleto da tenere stretto nella mano per tutto il tempo. Ma non vedi l’ora che il tempo passi e che finalmente torni a casa, ‘ricco di esperienze’ e di cose da raccontare, ma con un piede già e ancora verso fuori, perchè la sua strada continua. Lontano. Che strano desiderare l’autonomia dei propri figli ed esserne orgogliosi, e allo stesso tempo sperare che non si allontanino….

E prima di partire abbiamo preparato insieme itineriari e imparato cosa fare se non ci si sente bene, quali medicine prendere, (ma prima chiamami!), cosa cucinare con un solo fornello. E via tutta una serie di ricette che torneranno utili perchè badano al risparmio e alla velocità, oltre che alla sazietà… Salvo poi non poter imbarcare il fornelletto da campeggio, perchè, ovviamente sull’aereo non lo fanno passare. Pazienza, torneranno utili quando andrà via per l’università. Ma si, che lo stampiamo pure questo libro (se c’è qualche editore in ascolto!!!), così potrà tornare utile anche ad altri ragazzi!!! E abbiamo anche imparato a fare il pane e la focaccia alla barese, quella con origano e pomodorini… Non si sa mai, può tornare utile sempre e ovunque questa antica abilità…

E non è stato mica facile. Noi mamme che diamo tutto per scontato, mica lo sapevamo che dovevamo spiegare anche solo per le patate, dimensioni e tempi di cottura, modalità diverse di cuocerle per dare origine a mille piatti diversi. E anche saper dosare i condimenti. ECC….. E così anche per imparare un’insalata di patate e fagiolini, ci abbiamo impiegato un’ora di lezione.

E così, dopo le paste ‘tutt’uno’ e le frittate con le verdure e vari ‘piatti unici’, ecco qui una buona e semplice insalata di patate e verdure. Da preparare quando tornerà….

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Insalata di patate fagiolini eccetera

- due patate grosse a testa

- 150 g di fagiolini

- 5 o 6 pomodorini

- un peperone rosso arrostito e spellato

- un cetriolo ( o cocomero o un barattiere)

- una scatoletta di tonno buono (facoltativo)

- origano, sale e pepe

- menta e basilico

- olio extravergine di oliva

Lessare le patate intere, con la buccia, fino a quando la forchetta entra con facilità. Lavare e tagliare a metà i pomodorini. Lavare, sbucciare e tagliare a tocchetti il cetriolo. Unire tutti gli ingredienti e aggiungere il tonno e il peperone tagliato a listarelle. Salare, oliare abbondantemente e spolverizzare anche un pò di pepe nero e origano. A piacere si possono aggiungere anche olive snocciolate. Per dare un tocco di freschezza aggiungere qualche foglia di menta e/o basilico.

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13 maggio 2013

Tramezzino

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Potrei scrivere questo post senza parole. Le foto parlerebbero da sole.

E’ cosa rara poter godere della presenza dei figli che gironzolano per casa. Se ci sono è perchè devono studiare, quindi sono seduti nella loro stanza. Se non devono studiare, non ci sono perchè sono in giro con gli amici. Ma all’improvviso senti: ‘mammaaaaa mi prepari qualcosa di buono da mangiare? ho fameeee! dai stupiscimi’. Ma oggi, stranamente, frigo e dispensa non abbondano di ingredienti con cui creare degli effetti speciali. Ho deciso che finchè non consumo tutto il consumabile la spesa non si fa più. E si, perchè è vero che quando viene qui mio nipote, visita prima di tutto il frigorifero e poi sospira perchè gli sembra una visione, pieno e stracolmo di cose da mangiare (ho un nipote bongustaio!!! ha 7 anni eh!?!?!), ma è anche vero che con la dieta in corso, e di ritorno da cibo americano, non ho proprio voglia di ricette complicate. E quindi prepariamo cose semplici con gli ingredienti che ci sono. Che basterebbero comunque a sopravvivere in un bunker per almeno un mese.

Quindi, inventiamoci una cosa buona e stupiamo il figlio affamato. Tramezzino ai cereali, che non manca mai, pomodorini freschi tagliati a fettine sottili, pizzico di sale e filo d’olio (che i pomodorini freschi saranno pure buoni ma se non metti sale e olio sanno di dieta mortificante o di finta persona salutista), fettina di formaggetta fresca tagliata sottile, foglie di basilico spezzettate con le mani. E ripetere due volte questo strato. Avvolgi nel tovagliolino, metti in un piatto bello, aggiungi la fogliolina per fare scena e grida ‘è prontooooo’.

Ora un ragazzo di 18 anni, sempre affamato, che sta studiando da 4 ore, secondo voi cosa fa? si fionda sul tramezzino, allegro allegro, addenta quasi per metà il tutto, sospira ad occhi chiusi (e si, noi facciamo sempre così quando una cosa ci piace!), e morderebbe anche me che gli dico di bloccarsi perchè…. devo fare la foto e immortalare quello che è davvero un momento di piacere.

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E ci posso fare se sono una mamma foodblogger?

E voi cosa preparate per stupire il momento di fame impetuosa dei vostri ragazzi? o di vostro marito?

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