4 aprile 2016

Social Eating a Roma: La primavera a tavola

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Eccomi qua, in pieno fermento e piena di entusiasmo per la primavera che è arrivata. Io non so perchè ma, quando l’aria comincia ad intiepidirsi e la mia campagna a riempirsi di fiori e colori, mi sento esplodere dentro di felicità. E mi viene una gran voglia di cucinare le prime cose che spuntano nell’orto. E se non nel mio in quelli che conosco di cui mi fido.

Come non raccogliere (o comprare) gli asparagi o i piselli e farne un piatto delicato e leggero? E il primo basilico da abbinare alla pasta fresca con un bel sughetto di pomodoro? E le melanzane come prepararle se non ripiene. Il tutto abbracciato da fresche insalatine o verdure al forno?!?

Ed ecco che ovunque io sia, ho davvero il desiderio e il gran piacere di mettermi ai fornelli. Ma mica per me sola. Noooo. Non c’è piacere a mangiare da soli a tavola. Anzi meglio se a tavola si è in tanti, tutti con lo stesso desiderio di parlare, conoscersi e mangiare.

Così nasce la mia seconda esperienza di Social Eating. Una cena con la … primavera nel piatto, sempre sulla stessa terrazza in una bella casa di Roma.

Sono sicura che ci divertiremo molto. Quindi se avete voglia di unirvi a noi chiamatemi e venite da noi a cena.

La cena si terrà venerdi 8 aprile 2016 ore 20.

Per prenotare un posto alla mia tavola, scrivetemi a annagentiledg@yahoo.it oppure contattatemi sul profilo facebook.

Vi aspetto.

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30 marzo 2016

Pasquetta al mare

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Erano giorni che guardavamo di continuo le previsioni del tempo. Quella benedetta goccia di pioggia prevista dalle 13 alle 18 ci stava fregando ed eravamo li li per desistere e cancellare tutti i piani per un’uscita all’aria aperta. Però io ho cominciato a fare la prepotente con il meteo e mi sono convinta che quella goccia non l’avrebbe spuntata. Confidavo nel repentino cambiamento di ‘umore’ del tempo anche in positivo. Infatti non era la prima volta che le previsioni ‘portavano pioggia’ per poi stupirci con un sole caldo. Ho sempre pensato che dietro questi meteo si nasconda un sadico che si diverte a predire il peggio per non far organizzare niente alla gente. Forse un uomo solo che invidia gli altri che hanno amici e voglia di uscire.

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Due giorni prima mando un messaggio ai miei amici che dice ‘Programma per Pasquetta: nel cesto da picnic metteremo  fritta di asparagi, pizza di carne, ratatouille di verdure colorate, orecchiette con funghi, salsiccia e gnumeredd con fornacella, verdure crude, ciucciarelli, pastiera, rum, passito e macchinetta per il caffè. Interessa? ah! portiamo anche la chitarra.’-

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E così con timoroso entusiasmo (per il tempo incerto e per la paura di scoppiare dopo la maratona di Pasqua) hanno aderito 4 amici. Caricato il cesto, i viveri ancora caldi, il tavolino, altri due sgabelli, la fornacella, i carboni, la tenda parasole per ripararci in caso di pioggia, la chitarra e il fornelletto per il caffè, siamo partiti. Abbiamo scelto un pezzo di mare di cristallo, una piscina naturale, con venticello frizzante annesso, passeggiata su scogli profumati, ancora non occupato da altri vacanzieri. E dalle 13 alle 18 non ci siamo mossi. Abbiamo vissuto il primo giorno di primavera, con la spensieratezza di bambini che giocano con i racchettoni e fanno volare l’aquilone, che mangiano dimenticando ancora per un giorno la dieta, che cantano per la milionesima volta sempre le stesse canzoni, e brindano felici per una leggera sensazione di libertà. Pura e semplice come quando eravamo bambini e ci portavano il primo giorno di tepore, sulla spiaggia a giocare. E già con quei pochi raggi di sole riuscivi ad assaporare l’emozione dell’estate che è più vicina dell’inverno ormai alle spalle.

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Abbiamo vissuto una bellissima giornata ridendo e dimenticando le ansie e i pensieri, seguendo il ritmo dell’acqua trasparente sulla spiaggia, respirando l’aria di una promessa che verrà. E che avrà il sapore dei panzerotti sugli scogli, delle notti di luna piena sulla spiaggia, degli spritz al volo seguiti dagli spaghetti con le cozze. E del caldo sulla pelle e delle albe attese in campagna. Della compagnia e dei pensieri cacciati via, per godere del momento. Che tanto quello solo è sicuro ed è meglio fermarlo quando puoi. E siamo già in attesa della bella stagione. 

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18 marzo 2016

Plum cake ROCK al limone

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Alle 16 ho un appuntamento. Il cielo si sta oscurando velocemente e non promette niente di buono. Ieri ho mandato un messaggio ad un mio amico col quale abbiamo lavorato insieme tempo fa, divertendomi moltissimo. Da quando sono a Roma mi è venuta la fissa di scrivere in romano. Mi fa sentire, come dire, a casa in un posto che non è casa mia. Non ho radici qui. Solo qualche radichetta che ho piantato da quando avevo 10 anni, venendo almeno una volta l’anno qui. Ed è per questo che ho accettato di venirci a vivere. Non per sempre. A spizzichi e bocconi. Due/tre settimane qui e una giù. Giusto il tempo di essere contenta di stare in un posto e poi stancarmi. Cambiare posto ed essere sempre felice di tornare nell’altro.

Dicevo, gli ho mandato un messaggio per ricordargli un invito a pranzo per parlare di lavoro. Ammazzandoci dalle risate per il mio romano abbiamo deciso, no pranzo, si caffè e vengo con un amico. L’amico lo conoscevo già, grande musicista, che fa la musica che piace a me, rock, forte, bella, ma con contenuti veri, di quelli che ti fanno pensare. Tanto lo sanno tutti quelli che mi conoscono che sotto l’aspetto angelico e solare, si nasconde in me un cuore metal, dark, che scoppia di musica dura ad alto volume. Si vabbè direte…. ma non lo dite, perchè è vero.

Mi dico, solo il caffè davvero gli faccio trovare? no, tanto che ci vuole? cinque minuti impasto un dolce, sperando che venga bene, così parliamo, beviamo il caffè caldo, un pezzo di dolce bello caldo…. E così mentre penso il dolce è già nel forno. Senza bilancia, misurato con i bicchieri, al volo, un plum cake, così me lo ritrovo anche per domani mattina per colazione.

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Alle 16 puntuali come un orologio che va bene, suona il citofono. Fuori il cielo è sempre più nero. Minaccia. Arrivano i miei amici e come nel detto ‘ora devi far piovere’, che si dice quando si fa una cosa desiderata da tempo che poi si riesce a realizzare, comincia a grandinare. Un segno del destino.

Appena entrati, ci salutiamo e assisto alla loro reazione. Nasi che annusano l’aria, capiscono quello che succede nel forno, sorrisi che si allargano e occhi che diventano sognanti. E la felicità is in the air. E comincia così un pomeriggio di brain storming intenso che porterà sicuramente a progetti interessanti. D’altro canto se si mettono insieme ‘l’omo più importante der cinema’, il più tosto dei musicisti rock, e la blogger più casinista che c’è, non può venir fuori che qualcosa di forte. Ne vedremo delle belle.

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Intanto vi do la ricetta del plum cake che, per dovere di cronaca, è durato pochi minuti, e vi lascio in attesa dei nostri progetti….

YEEEAAAHHHHHH

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Plum cake al limone

- due bicchieri di farina 00 (1 bicchiere = 200 ml scarsi)

- mezzo bicchiere di amido di mais

- un bicchiere scarso di zucchero

- tre uova

- lievito per dolci

- un bicchiere scarso di latte

- due dita di olio di semi o burro sciolto o olio extravergie di oliva leggero

- la scorza grattugiata di due limoni biologici grandi

Mescolare prima gli ingredienti solidi e poi insieme tutti i liquidi.  Mescolare energicamente con la frusta ficnhè vedrete formarsi delle bolle in superficie, che fanno plop plop

Foderare di carta da forno bagnata uno stampo da plum cake. Versare l’impasto e infornare a 180° in forno già caldo. Aspettare circa 20/30 minuti e controllare ogni tanto con lo stuzzicadenti che ne esca asciutto.

Spolverizzare con abbondante zucchero a velo e  servire con una buona marmellata, di ciliege o di mirtilli o di arance…. come preferite.

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10 marzo 2016

La storia di Matteo e della sua passione

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Lo guardo metre lavora, chino sul bancone e con lo sguardo attento di chi misura con gli occhi la giusta dimensione dei pezzi da mettere sulla bilancia e con le mani che toccano con rispetto un pezzo prezioso su cui lavorare. E mi viene spontaneo fargli mille domande. Ha l’entusiasmo di un artigiano che inizia la sua giornata lavorativa con passione e vorrei sapere da quanto tempo ha iniziato a fare il suo mestiere, visto che ancora e ancora gli brillano gli occhi. E mi dice che ha iniziato da bambino, quando più che andare a scuola preferiva andare ‘a bottega’ in macelleria, per imparare questo mestiere. E poi piano piano, ha aperto la ‘sua’ macelleria, dove ogni giorno accoglie i suoi clienti con un sorriso allegro, una battuta e con grande professionalità. Una volta mi son fatta raccontare come si scelgono gli allevatori a cui rivolgersi, e lui da chi va e perchè. E mi ha fatto la mappa degli allevatori della zona e mi ha spiegato che lui preferisce chi alleva i propri animali all’aperto, cura la pulizia degli ambienti, non fa allevamento intensivo. Rimane sempre ‘in zona’, perchè conoscere il territorio e gli interlocutori è importante. E poi ha scelto di raccontare una parte della storia della nostra gastronomia proponendo la carne di mucca ‘podolica’, dal sapore intenso e particolare (e io ne so qualcosa, perchè preparo sempre il mio meraviglioso ‘Stracotto di podolica con cipolle rosse e primitivo’)

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Quando entro nella sua macelleria, mi colpisce la luce che c’è. Tutto bianco e pulito, con vetrate che illuminano un banco pieno di cose ‘sfiziose’, presentate su candidi vassoi, che mi fanno venire il desiderio di pianificare piatti di carne per tutta la settimana pur di assaggiarli tutti. Mi sforzo di trattenermi all’acquisto dettato dalla gola, ma esco di li sempre con cose preziose in mano. E pensare che io non mangio tanta carne rossa!

In un periodo in cui ero un pò anemica rimpiangevo un piatto che mi faceva mangiare mia nonna, la carne cruda condita. Parlo della più conosciuta ‘Tartàre’ che da noi assumeva un significato pratico, un rimedio curativo casalingo, meno ‘raffinato’ di quello che mangiamo ai ristoranti, ma di sicuro effetto. Quando ero un pò deboluccia e avevo il colore pallidino, subito mi facevano trovare sulla tavola fegato marinato con limone, straccetti di carne cruda, diaframma al sangue eccetera. E nel giro di qualche giorno mi riprendevo subito. (Forse mi son ripresa un pò troppo però…. eheheheh). Da allora non sono più riuscita a mangiare quella prelibatezza perchè non mi son più fidata della carne utilizzata… fino a quando ho incontrato Matteo. Li ho superato tutte le mie reticenze e da allora ho trovato il mio fornitore ufficiale di tartare di podolica che mi godo tranquillamente, ogni volta che ne ho bisogno. Se volete la ‘ricetta’ cliccate qui

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Inoltre per le serate in cui arrivano amici e non hai niente in frigo, o semplicemente se ti assale il desiderio improvviso, basta telefonare e ordinare il ‘Fornello’ che da noi, al sud, è una goduria. Carne, salsiccia, zampina, bombette, pollo ecc… cotti allo spiedo in forno a legna. Uno dei miti della nostra tradizione. Tu la ordini, decidi l’ora in cui deve essere pronta, e te la porti a casa, bollente, nei pacchetti di carta da forno e di alluminio. Devi solo apparecchiare la tavola, e poi da Matteo compri anche il pane, la birra, il vino, l’insalata pronta, e altre cose buoneeeee.

E sapete come si chiama questo posto? non poteva chiamarsi in altro modo: ‘Lo Sfizietto, da Matteo’, e si trova nel mio meraviglioso paese, Noci.

Adoroooo.

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24 novembre 2015

Cime di rapa piccanti e spaghetti

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Eccomi qui, sono tornata a casa. Qui, sul mio blog. La faccio breve, mi son dovuta assentare per un intervento all’anca che dovevo proprio fare. La cosa si è fatta un pò più lunga del previsto, ma confido che in breve tempo si risolva del tutto. Non è stato proprio un periodo facile, tant’è che non sono riuscita manco a scrivere un post. Pensavo, bè ora dovrò fermarmi più di un mese, hai voglia a scrivere, leggere, organizzare con calma…. Seeeee, niente di tutto questo. Quando non ti senti ‘proprio in forma’ ti rinchiudi in una stanza che sembra essere senza finestre, senza luce, senza tempo e basta. E da li aspetti solo di uscire. Bè ora basta con questa lagna…

Piccoli passi, piccole cose che diventano sintomo di risalita, si affacciano ogni giorno. Ricominci a sentire i profumi, ti torna un pò di appetito, ti riaffacci su facebook anche se ancora non ti vengono in mente cose intelligenti da dire. E poi senti il bisogno di spalmarti una crema idratante, di aggiustarti i capelli, di rimetterti lo smalto, cominciando da quello trasparente. Hai voglia di aria, ma ancora non puoi uscire da sola. Insomma, una bracciata per volta e poi respirerò di nuovo ossigeno.

Intanto sono nel posto più sicuro del mondo. A casa della mia mamma, che dal primo giorno ha adottato una fantastica terapia d’urto per scuotermi dalla totale inappetenza. Preparare il ben di Dio a tavola, funghi sott’olio, peperonata, zucchine con menta, spaghetti con sugo di pom odoro leggero e basilico, fricassea di carciofi, cicorielle e legumi ecc…. E poi mi coccola con mille attenzioni che sono carezze. La tovaglietta ricamata la mattina per fare colazione insieme, e i cuscini sulla sedia, e il buongiorno appena sveglie, i discorsi a tavola, la sera prima di dormire. E i consigli prima di uscire, ‘bè, dai, non restare in piedi, tanto io torno presto, mettiti un pò a letto e riposati finche torno’. Insomma sono nel nido. E mi sento privilegiata. Quando hai bisogno di sentirti al sicuro, questo è il porto più sicuro. Quando hai una mamma devi stare quanto più tempo possibile con lei, e approfittare del suo tempo, e riempirti quanto più puoi, senza rimandare e senza scuse. E ti ritroverai ricco di tante cose belle. Soprattutto attenzioni! Tutte donate.

Ora sono tornata. E cercherò di accellerare i miei tempi di ripresa, i miei post qui, la mia presenza sui social. Ho bisogno di tornare in mezzo alla gente. Ed è tempo di ricominciare a preparare cose buone per il Natale e a pasticciare in compagnia.

Un pensiero e un grazie infinito a tutti coloro che sono stati presenti in questo periodo, con telefonate, sms, con la loro presenza. Tanti, tanti davvero. Una rete di affetto che è stata davvero preziosa. Ad essa mi sono aggrappata e tirata su. Sono davvero, davvero fortunata.

Vabbè… oggi che si mangia? Qui si mangiano spaghetti con le cime di rapa. Mia madre mangerebbe spaghetti tutti i giorni, e questo piatto, si mangia solo qui, a casa sua. Noi le cime di rapa le mangiamo con i cavatelli, le orecchiette, con i mezzi ziti, con le mezze maniche ecc… ma non con gli spaghetti. De gustibus. Ma, mangiati qui sono fantastici.

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Spaghetti con cime di rapa piccanti

(per due persone)

- due piatti colmi di cime di rapa lavate e pulite

- 100 g di spaghetti (o altra pasta a piacere, cavatelli, orecchiette, mezzi ziti, mezze maniche ecc)

- quattro cucchiai di olio extravergine di oliva

- due spicchi d’aglio

- un’acciuga sotto sale

- peperoncino

Lessare le cime di rapa in acqua bollente salata. Quando sono ancora al dente tirarle fuori dalla pentola con una schiumarola e conservarle al caldo.

Nella stessa acqua cuocere gli spaghetti, scolarli al dente e unirli alle cime di rapa.

Nel frattempo riscaldare l’olio e unire l’aglio e/o l’acciuga e il peperoncino. Versare gli spaghetti e le cime, saltandoli a fuoco vivace.

A piacere aggiungere anche un pò di pepe nero.

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19 settembre 2015

Il tempo della musica. Europa Jazz Festival e Talos Festival. La magia del Jazz.

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Tanti anni fa, ma proprio tanti, tanto che meglio non pensare a quanti, nacque un’idea dalla mente accesa ed entusiasta di alcuni miei amici, tra cui un musicista, Pino Minafra, e un poeta/scrittore, Vittorino Curci accompagnati da parecchi altri ‘appassionati’. Organizzare un jazz festival nel mio paese. Non jazz leggero, o almeno non solo quello, ma soprattutto quello vero, quello che solo pochi capiscono, quello di ‘nicchia’, quello che devi proprio amarlo e capirlo per poter andare a sentirlo. Sembrava una follia, tanto che Ciccillo, padre del poeta, disse che ‘per capire quella musica bisognava aver fatto almeno cinque anni di manicomio’. Pochissimi soldi e entusiasmo da batticuore. E pur di esserci ci proponemmo anche come svuotacestini. Pur di esserci. E così cominciò quell’avventura, che ogni anno durava almeno 4/5 giorni, durante i quali i nostri compiti erano: andare a prendere con macchina e benzina propri all’aeroporto i musicisti che ci erano stati affidati e accompagnarli per ogni istante della giornata e a volte anche della notte, fino al momento della partenza. Eravamo la loro ombra, a disposizione delle loro stravaganti creatività, tipo cercare una mucca da portare sul palco, fare da blocco alla porta per non disturbare la concentrazione e la meditazione prima dell’esibizione, rimediare tutto l’occorrente anche per vestirsi quando non arrivavano i bagagli, caricare quanta più gente possibile sulle nostre macchine per andare a giocare a pallone sulla spiaggia ecc….

Avremmo potuto scrivere un libro per ogni festival con le storie delle loro vite, della loro musica, delle cose che succedevano impreviste, ma non l’abbiamo mai fatto. Eravamo impegnati a godere del momento. Dei ritmi estenuanti dei programmi quotidiani, della gente che anno dopo anno arrivava da ogni dove, dell’unico grande momento condiviso che la musica ci regalava. E anche chi non la capiva quella musica, chiudeva gli occhi e si lasciava attraversare, e vi assicuro che dopo, qualcosa dentro era si cambiato. E delle notti trascorse in una pizzeria dove, con strumenti improvvisati, si arrivava anche a cantare e suonare musica napoletana, a dispetto delle diverse provenienze geografiche.  E le ore notturne trascorse a parlare e parlare, sotto aperti cieli di stelle. E quanti abbracci, quante mani strette, quanta gente magnifica è passata su quei palchi e nelle macchine di noi volontari. Avremmo pagato noi per questo privilegio. E ogni anno si aspettava che la musica tornasse.

E così l’Europa Jazz Festival ci ha regalato 5 giorni ogni anno, per 5 anni di puramagiafolliamusicaejazz.

E come tutte le storie belle, per mille e nessuna ragione, finì.

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Ognuno prese la sua strada, continuando a suonare il proprio strumento e tenendo sempre stretti i sottili fili delle amicizie di quel magico tempo. Voltandosi ogni tanto indietro.

Pino ha continuato con altri progetti sempre legati alla sua musica, nel suo paese. E ha creato il Talos Festival, il cui ‘’intento è da sempre quello di riunire la tradizione pugliese con lo spirito europeo in una prolifica contaminazione multiculturale.’

Perchè ne scrivo qui e ora (Guarda un pò…..Hic et nunc era il nome dell’associazione che partorì l’Europa Jazz Festival’)?

Perchè la musica ha bisogno di tutti per poter sopravvivere e perchè Pino, dopo una pausa forzata non dovuta alla sua volontà, ha deciso di continuare a crederci e ha pensato ad un progetto di crowfunding, per poter raccogliere fondi sufficienti a sostenere l’idea.

Io lo sosterrò di sicuro.

E se per un pò vi ho fatto sognare e desiderare di esserci, bè allora potrete voi stessi realizzare questo sogno. Volete esserci? Fate in modo che la musica continui…..

Andate qui---> Sostieni Talos, contribuite per quello che potete e vediamoci li per ascoltare insieme la magia.

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7 settembre 2015

Kaiserschmarrn e racconto del viaggio a San Candido

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Eccomi, son tornata. Ammazza che pausona questa volta. Ma è stata un’estate intensa, piena di lavoro, di trullo, di figli e di amici. Facebook racconta meglio di me tutte le storie. Ma qui ho voglia di condividere almeno qualche foto e qualche ricetta, come si fa tra amici al ritorno di un viaggio.

Protagonista di questa estate è stato il caldo, che ha generato sui social post contrastanti, chi inneggianti chi morenti, come quelli che ho scritto io. Io non amo il caldo, e soprattutto un’afa che si è meritata nomi infernali, quali Caronte e Acheronte. E per questo e per evitare che mi prendesse un coccolone sono scappata in montagna, dove agognavo relax di passeggiate livello 1 e piedi nel ruscello ghiacciato ogni 5 minuti con pausa per leggere un libro, sdraiata nell’erba. Invece, godendo della compagnia di marito e amici iperattivi con buone gambe, diciamo che… non è andata proprio come credevo. Però sono stata ripagata da spettacoli emozionanti, serate bellissime e cibo davvero buono, come quello che si mangia a San Candido, ai confini con l’Austria.

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Ho passeggiato in mezzo a valli verdissime, respirando aria fresca e profumata di erba appena tagliata. Mi son riempita gli occhi di cieli immensi e cime di montagne abbracciate da nuvole. Goduto di serate di pioggia, aria frizzante e canti, intorno ad una tavola piena di canederli, tagliatelle con ragù, stecche arrostite con patate piccanti, e dolci come il Kaisershmarn, commovente nella sua semplicità.

Sono stata benissimo. Son tornata cantando. E una volta a casa, anzi al trullo, ho fatto ancora altre cose. Lavori per un nuovo progetto al trullo…. Una cena in bianco con amici venuti da lontano e amici del posto venuti per conoscerli. Incontri nel mare del Salento per conoscere posti ancora a me sconosciuti della terra mia. Mi è venuta voglia di raccontare non solo viaggi, ma anche persone, con le loro storie e i loro progetti di vita…. ma di questo ne parlerò prossimamente.

Per ora… sono solo tornata e vi lascio una ricetta buona buona. Non mia, ma presa da qui.

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Kaiserschmarrn (frittata dolce con marmellata di mirtilli e composta di mele)

Ingredienti (per 3 porzioni):

  • 3 cucchiai di farina
  • 3 uova
  • 1 pizzico di sale
  • 1 cucchiaino / 1 cucchiaio di zucchero (a seconda dei gusti)
  • 1 cucchiaino di zucchero vanigliato
  • un po' di latte
  • 1 goccio di rum (facoltativo)
  • una manciata di uvetta (facoltativa)
  • burro o burro chiarificato
  • zucchero a velo

Preparazione:

Sbattere farina, sale, zucchero, zucchero vanigliato e latte con una frusta fino a ottenere un composto omogeneo. Aggiungere le uova e il rum.

Riscaldare leggermente una padella e sciogliere un po' di burro o di burro chiarificato. Versare il composto nella padella e cospargere con dell'uvetta. Cuocere il Kaiserschmarren a fuoco basso e con il coperchio da un lato fino a quando è dorato, rigirarlo, coprire nuovamente con il coperchio e continuare brevemente la cottura.

Tagliare il Kaiserschmarrn a pezzi, cospargere con un po' di zucchero e aggiungere ancora un po' di burro o di burro chiarificato. Mescolare il tutto e lasciar caramellare brevemente a coperchio chiuso.

Cospargere il Kaiserschmarrn con zucchero a velo e servire con marmellata di mirtilli rossi, composta di mele o di prugne.

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20 luglio 2015

Cos’è #FoodcampPuglia.

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18 luglio, ore 13,30

Bari, una fornace, in questa torrida estate, mi accoglie sorprendendomi con mille parcheggi a disposizione, tutti per me. E’ la prima volta in vita mia che mi capita. E allora scelgo il posto proprio di fronte a Frulez, un luogo magico, dove fra un pò, sono sicura, sognerò cose belle, assaggiando cose buone e fresche.

Ho qui un appuntamento, con Paola Sucato (la mitica Ci_polla), Francesca Singerfood D’Agnano, Flavia di Cucina Mancina e tante, tante altre persone speciali che ormai ‘da mò’ che vivono sul web, e popolano, animandola, una vita parallela in cui tutte si conoscono  e parlano la stessa lingua.

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Paola, milanese nell’aspetto, nei modi e nei ritmi, ma dal cuore pugliese (che si vede ad ogni languida inquadratura che fa della nostra/sua Monopoli, e delle friselle che mangia), ha fortemente voluto un incontro fra Foodblogger pugliesi, qui a Bari. Dopo un primo stupore e tra un’incertezza e l’altra (chiamato anche ‘tiremmolla’), si è formato il gruppo. Da una parte i ‘relatori’ (parola troppo seria, considerata la professionalità molto gioiosa ed entusiasta dell’evento, ma non me ne viene un’altra ora), e i foodblogger venuti li, apposta apposta per ascoltare. Ma fino alla fine c’è stato uno splendido interscambio e tutti sono diventati relatori, tanto tutti foodblogger lo eravamo già prima.

Devo elencare i punti dell’incontro in sequenza perchè è stato bello tutto e non voglio dimenticare niente e nessuno.

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1) ‘Foodstorytelling aziendale: persone, luoghi e vendita. Una narrazione online’, di Francesca D’Agnano, la nostra bellissima Singerfood che ci ha spiegato come si ‘racconta’ un prodotto attraverso la sua storia e le persone che l’hanno creato.

2) ‘Ci SEO o ci fai? Quando farsi trovare sui motori di ricerca non è un gioco da ragazzi’, rocambolesca lezione via skype con la grande Valentina Novembre che, nonostante un piccolo malore è stata con noi, per insegnarci a capire i meccanismi della ricerca sul web. Cose a noi sconosciute di cui avevamo davvero sete.

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3) ‘Una cucina che si sente. Dalle ricette alla voce. Dalla voce al podcast’ di Marileda Maggi, che ci ha aperto un mondo nuovo. Mille spunti per ricette raccontate, con la nostra voce, senza l’ausilio delle immagini. Parole che fanno desiderare il cibo…. Il tutto raccontato da lei, bellissima voce e personalità travolgente.

4) ‘Strumenti di analisi per foodblogger’ di Daniele Rutigliano. E chi lo sapeva che c’era tutto un mondo di analisi per capire come si muove la ricerca in rete? Google analitycs, ha meno segreti ora. Spero che organizzi un bel corso il nostro Daniele, perchè il suo aiuto e le sue conoscenze sarebbero di grande aiuto per ‘muoversi’ meglio con i nostri blog. Se ce la facciamo ad organizzarlo, vi faccio sapere.

5) ‘Chi se la piglia sta Puglia?’ di Nick di Fino. Un’arrabbiata analisi su quello che offriamo della nostra Puglia, condizionati più dall’idea che hanno ‘gli altri’ di noi, che sta lentamente trasformando la nostra terra. Durante questo intervento, che in realtà si è dovuto quasi fermare all’inizio, si è scatenata una fervida discussione, sostenuta dall’orgoglio pugliese che è venuto fuori in maniera prepotente. Ed è stata creata e issata la bandiera del ‘trullo senza piscina’, di cui sicuramente un giorno vi parlerò.

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6) ‘Dressing mania: il segreto dietro un piatto’ Showcooking di Francesco Gravina, cuoco creativo di Frulez, che ci ha preparato in diretta, facendolo sembrare semplice, due piatti fantastici, ‘Filetto di salmone marinato e arance’, Hamburger vegano con verdure e maionese veg’, di cui vi riporto le immagini che ho scattato e pubblicato senza alcun filtro. Presentazione meravigliosa di Flavia Giordano di Cucina Mancina.

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7) ‘Instamood: percorsi per immagini. Raccontare e raccontarsi in cucina’. di Anna Gentile, la sottoscritta. Mi sono divertita a raccontare come nascono le mie foto di food, privilegiando set imperfetti, attimi rubati alla preparazione, confidando nella comunicazione delle mie emozioni attraverso le immagini, senza l’ausilio delle parole.

Tanti gli amici presenti, da Spezio, alla mia principessa Roberta Longo, a Marina di Amula Cucina Creativa’, e tante amiche foodblogger che sono venute anche da lontano per condividere questo incontro che tanto ci ha dato.

Nasceranno sicuramente grandi cose, tra cui la voglia di imparare e crescere e sapersi muovere meglio con il nostro blog. Questa è la sensazione che mi è rimasta dentro.

Peccato per chi non ha potuto/saputo cogliere l’occasione. Ma questo è solo il primo …. Ce ne saranno altri e vi avviserò!

Grazie Paola, grazie a tutte.

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15 giugno 2015

Una favola, il pane più facile del mondo: Brown soda bread

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Io soffro terribilmente per il caldo. Stamattina mi sono svegliata che già ero una mongolfiera. E per di più pure incazzata nera perchè non ho dormito bene. Non si può dormire con l’aria condizionata, il ventilatore fa rumore, non c’è speranza di un pò di corrente, quindi è inutile tenere spalancate tutte le finestre tanto entrano solo zanzare, ma non aria. Quindi che fare? ti alzi e guardi l’alba. Passeggi nervosa dentro e fuori casa, metti le mani sotto il getto dell’acqua, aspettando che diventi fresca, ma pagherai l’eccedenza di sicuro prima che si svuotino tutti i tubi roventi.

E poi mi sento stupida perchè mi arrabbio per queste cose, quando intorno a me c’è gente che ha problemi ben più gravi. E magari, non si alza nemmeno dal letto, per il caldo, perchè non ha nemmeno il letto. E così aspetto la luce.

Ho deciso da tempo che voglio poche cose essenziali intorno a me, ma davvero poche. E così mi capita di non fare la spesa e di dovermi accontentare con quello che ho, finchè svuoto del tutto la dispensa. E mi ritrovo senza pane, senza frutta, senza pomodori, insomma ti sembra di essere quasi senza tutto ….

Poi arriva una mia amica, che viene qui a parlarmi di un progetto che sta realizzando con i bambini. Scova per loro dei libri dai mercatini, raduna intorno a se tanti piccoli e comincia a leggere.   E grazie al suo modo di rendere vive le parole, la magia inizia e i bambini restano incantati e vorrebbero che questo gioco non finisse mai. Starei ore ad ascoltarla e le chiedo di leggermi qualche pagina. E resto impigliata anch’io nella rete delle favole. All’improvviso torno bambina, o forse bambini restiamo sempre dentro, solo che ci forziamo di sembrare grandi. Sono belli i racconti, com’è bello seguire il filo di un cantastorie e perdersi, come quando nessuno ci trovava nulla di strano nei nostri occhi sognanti.

Torno alla realtà e mi rendo conto nel frattempo che non ho niente da offrire, manco per accompagnare il caffè. E decido di inventare con quello che c’è-

E così trascorro insieme alla mia amica cantastorie una pomeriggio di… favola. Impastando il pane più facile del mondo,  e mangiando pane e marmellata, sulla mia terrazza e parlando fino a che la luce è andata via. E ora vi do una delle tante ricette di questo pane, di cui vi ho tanto parlato nel post sull’Irlanda. Provate e fatemi sapere come lo trovate.

 

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Brown soda bread

- 450 g farina integrale
- 220 g di farina bianca
- 2 cucchiaini di zucchero
- 1 cucchiaino di bicarbonato
- 1 pizzico di sale

- 1 uovo
- 2 vasetti di yogurt bianco
- 450 ml di latte

Mescolare prima gli ingredienti solidi e a parte tutti quelli liquidi
Mescolarli tutti insieme e lavorare con un cucchiaio di legno

Versare in tre stampi piccoli X plumcake
O uno grande e uno piccolo
Riempire lo stampo per metà o max x 2/3

Cospargere la superficie di semi a piacere

Infornare x mezz'ora a 210 gradi e per altri venti minuti a 190 gradi

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