21 aprile 2016

Polpo, vellutata di fave e fiori

 sagra

La primavera è la stagione che mi sconvolge più di tutte. Porta nuova energia e voglia di fare tante cose. Mi mette addosso la voglia di viaggiare, di organizzare incontri, di pulire e spazzare via il grigiume, con l’uscita del primo sole. E così mi ritrovo contemporaneamente tra una valigia da preparare per una meta lontana, il trullo da sistemare per i futuri incontri, i fiori da mettere in vaso, una passeggiata al mercato e un’altra al mare. Insomma un’attività frenetica e frizzante. La mia vita è così. Ma tutto questo fuggi fuggi si placa quando mi ritrovo ad organizzare un pranzo con i miei amici. Questo poi è un periodo pieno di buone intenzioni di dieta prima della prova costume, quindi tutti attenti a quello che si mangia. ‘Ti prego qualcosa di leggero, magari un piatto unico, profumato, niente carne eh? Dai, così stiamo insieme ma non ci appesantiamo’. E così mi ritrovo ad inventare piatti nuovi che rispettino tutte queste esigenze. Ma immaginate di essere con me, al mio trullo… in una giornata di aprile, con l’aria tiepida, silenzio tutto intorno… anzi no, solo il canto degli uccelli che si danno un gran da fare da un albero all’altro, il fruscio degli ulivi, il vento tra gli alberi, i petali dei miei ciliegi in fiore che volano come neve al sole. Una passeggiata fino all’orto dove raccolgo le mie erbe e i fiori di questa primavera. Metto tutto sulla mia tavola, fuori al sole. Anche la mia piccola cucina da viaggio. E al tepore che mi accarezza, comincio a lavare i fiori della borragine, quelli dell’albero di giuda, seleziono le barbe dai finocchi, mentre lentamente cuociono sul fornello le fave. Ormai questo piatto tipico della mia terra, è diventato indispensabile in molte delle mie preparazioni. Si può abbinare in tutte le stagioni a tanti altri ingredienti.  Olio, poco, ma buono. Tutto abbinato in leggerezza e sapore. E così con questo ritmo lento, aspetto i miei amici. Fra un pò arriveranno e voglio vedere la faccia che faranno ….

Intanto ho creato una playlist su Spotify per ascoltare la musica che mi piace mentre cucino e anche come sottofondo mentre chiacchiero con i miei amici.

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Polpo, vellutata di fave e fiori

(per quattro persone)

- due polpi medi

- 400 g di fave secche

- una patata

- 100 g di piselli

- barba di finocchio

- fiori eduli (di borragine, fiori dell’albero di giuda, ecc…)

- Olio extravergine di oliva Sagra

- sale e pepe bianco

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Mettere in ammollo le fave dalla sera precedente alla preparazione.

Sbucciare la patata e tagliarla a fette. In una legumiera sistemare le fave lavate in acqua fredda e le patate. Salare e coprire d’acqua. Metterle a cuocere su un fornello medio. Eliminare la schiuma che si formerà e proseguire per almeno un’ora, o fino a quando, assaggiando le fave si sfalderanno in bocca.

Nel frattempo portare ad ebollizione una pentola d’acqua. Versare i piselli e farli bollire per circa 10 minuti. Toglierli dall’acqua con una schiumarola e metterli da parte. Immergere nella stessa acqua il polpo e farlo cuocere per circa mezz’ora.

Sciacquare i fiori e le barbe di finocchio in un pò d’acqua, facendo attenzione a non rovinarli.

Con un minipimer o uno sbattitore elettrico, ricavare un purè con le fave a cui avrete aggiunto un paio di cucchiai di olio extravergine di oliva.

Tagliare a pezzi il polpo e aggiungerli al piatto dove avete conservato i piselli. Aggiustate di sale, pepe bianco e aggiungete un filo d’olio.

Impiattare come segue:

Versare un mestolo di purè caldo di fave, disporre il polpo, i piselli, i fiori e le barbe di finocchio come più vi piace. Con un cucchiaino fate cadere tantegocce di olio nel piatto.

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Questa ricetta l'ho realizzata in collaborazione con Sagra in un progetto che coinvolgerà 14 blogger + me con altrettante ricette sfiziose - seguite l'hashtag #atavolaconamore

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8 aprile 2016

La vignarola

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Non rimanendo fermi in un luogo, ma muovendosi, in lungo e in largo, si incontrano cose nuove. Gente con occhi e facce e lingue diverse, abitudini nel vestire e consuetudini nel mangiare differenti e perfino luci più o meno luminose a seconda delle tante variabili della latitudine, dello smog, delle ore in cui puoi andarci per visitarle ecc… E tutto, sempre, è cosa nuova, e tutto, sempre, è qualcosa da conoscere e da cui imparare.

Io non so stare ferma sempre in un posto. Magari mi allontano temporaneamente sicura di poter tornare indietro, come un elastico. Ma devo allontanarmi. Alla ricerca, per raccogliere, nuove esperienze e nuove persone da conoscere come mondi nuovi. Prendo la rincorsa, vado, ci resto finchè sento che la tensione si affievolisce e… boooiiinnng…. l’elastico mi riporta a casa. Questo significa che non volerò mai via per sempre da quella che considero casa mia.

Ma significa anche che conoscerò sempre tante cose nuove perchè la casa prima o poi, mi viene sempre a noia.

Nella mia vita romana ho potuto riabbracciare e frequentare un pò di più vari amici, ne sono arrivati di nuovi e con loro ho fatto cose molto belle. Bellissime le giornate fredde o tiepide, trascorse davanti un cappuccino ad un bar all’aperto, a parlar di progetti realizzati o ancora da realizzare, di idee di scarpette tenere per bambini divenute un vero lavoro, di progetti di cornetterie buone che stanno per realizzarsi, di corsi di fotografia per insegnare a far desiderare il cibo, così come lo desideriamo noi blogger, di corsi di cucina per chi vuole imparare a mangiare italiano, cene social da organizzare …. ecc…

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Poi è arrivato anche un corso di ceramica, dove ho imparato a creare qualcosa di mio, qualche piatto, bicchieri colorati, di cui vi parlerò in seguito… e dove ho anche conosciuto nuovi amici.

Ieri sera alla fine della lezione son partiti i selfie, per immortalare un luogo e un gruppo, chiamato ‘la compagnia delle ciotole’ e, al momento di inviare le foto chiedo a tutti num di cellulare e nome. Una delle nostre compagne di corso di dice ‘Vannella’, io la guardo un pò così e le chiedo ‘di nome o di cognome?’… E lei ‘E si, di nome, lo so che è un pò strano, ma sai io vengo da un posto dove tutti gli abitanti hanno un nome strano….’. E così ci fermiamo tutti e comincia il suo racconto, sempre accarezzando il pezzo di creta che stava lavorando.

La sua è una voce di maestra, che racconta con parole semplici, ben scandite e con un tono che attira l’attenzione e con un sorriso che dissimula anche una certa timidezza:

‘…sai nel mio paese, un paesino delle Marche, piccolo, con nemmeno 1000 anime, quasi tutti gli abitanti hanno dei nomi strani. Non si sa perchè, o forse loro si, lo sanno, ma io non saprei dirlo, ma si chiamano con nomi mai sentiti prima e in nessun altro luogo. E così so di un’Imelda che ha sposato un Raoul, di donna Olmede, di Abdenago detto Becky, di zia Amelide, di zia Velleda e zio Godardo. Ma un nome e una persona che ricordo in maniera particolare è il signor Vasindone. E si, perchè era un signore anziano che passeggiava su e giù per le stradine del paese e che tutti conoscevamo. Un bel giorno, anzi un brutto giorno il sig. Vasindone mori e chiaramente nel paese lo seppero tutti poichè era così piccolo che nulla poteva passare inosservato. Però sui muri del paese comparve un manifesto bordato a lutto con un nome a noi sconosciuto. Annunciava la morte di tal ‘Francesco’, nome anonimo di persona quindi non nota che stupi non poco. E come? Due morti in un sol giorno e nessuno che conoscesse il povero Francesco? Due giorni di interrogativi dovettero passare prima di venire a conoscenza del fatto che tal Francesco altri non era che il nostro caro Vasindone stesso che, tempo addietro era emigrato in America e precisamente a Washington, cosa che al suo ritorno gli era ‘costato’ il nomignolo di ‘Vasindon’, da cui il mitico nome Vasindone.’

Da questo punto del racconto, non è stato più possibile proseguire la storia, perchè eravamo stesi su sgabelli e tavolacci per le risate, con le mani sporche di creta sulla pancia. Abbiamo rimandato alla prossima puntata altre storie, vuoi perchè la ‘cantastorie’ sa incantare, ma anche perchè siamo sicuri che di storie ne conoscerà tante ancora. E ve le racconteremo… alla prossima lezione.

Vedete dunque che ricchezza incredibile la conoscenza di nuove persone e nuove storie?

Ma visto che siamo qui su un blog di cucina, parlerò anche di una scoperta di un piatto tipico romano. La vignarola. Un piatto semivegetariano (nel senso che è composto quasi tutto di verdure e poca pancetta che, volendo si può omettere, ma se la mettete è più buona, credetemi). Passeggiando nei fantastici mercati romani si scoprono nuove verdure e nuove combinazioni. E i ‘vignaroli’ come qui sono chiamati i nostri ‘ortolani’, mi hanno parlato di questa ricetta che porta il loro nome. E che oggi vi propongo. Aspetto i vostri commenti.

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La vignarola

(per 4 persone)

- 4 carciofi grossi

- 5/6 cipollotti freschi

- una fetta di pancetta tesa

- 400 g di piselli sgusciati

- 400 g di fave fresche sgusciate

- una grossa lattuga romanesca (vedere foto)

- olio extravergine di oliva (secondo la propria dieta)

Pulire i carciofi e tagliarli a spicchi. lavarli in acqua acidulata con limone.

Lavare la lattuga e tagliarla a pezzi grossi.

Lavare sia le fave che i piselli freschi.

Tagliare i cipollotti e farli appassire a fuoco dolcissimo in una casseruola con l’olio e la pancetta tagliata a listarelle. Aggiungere prima i carciofi e farli insaporire un pò. Poi in sequenza aggiungere le fave, i piselli e alla fine la lattuga. Aggiustare di sale. Far insaporire e poi portare a cottura aggiungendo qualche mestolo di acqua calda. Servire calda con pane tostato.

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30 marzo 2016

Pasquetta al mare

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Erano giorni che guardavamo di continuo le previsioni del tempo. Quella benedetta goccia di pioggia prevista dalle 13 alle 18 ci stava fregando ed eravamo li li per desistere e cancellare tutti i piani per un’uscita all’aria aperta. Però io ho cominciato a fare la prepotente con il meteo e mi sono convinta che quella goccia non l’avrebbe spuntata. Confidavo nel repentino cambiamento di ‘umore’ del tempo anche in positivo. Infatti non era la prima volta che le previsioni ‘portavano pioggia’ per poi stupirci con un sole caldo. Ho sempre pensato che dietro questi meteo si nasconda un sadico che si diverte a predire il peggio per non far organizzare niente alla gente. Forse un uomo solo che invidia gli altri che hanno amici e voglia di uscire.

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Due giorni prima mando un messaggio ai miei amici che dice ‘Programma per Pasquetta: nel cesto da picnic metteremo  fritta di asparagi, pizza di carne, ratatouille di verdure colorate, orecchiette con funghi, salsiccia e gnumeredd con fornacella, verdure crude, ciucciarelli, pastiera, rum, passito e macchinetta per il caffè. Interessa? ah! portiamo anche la chitarra.’-

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E così con timoroso entusiasmo (per il tempo incerto e per la paura di scoppiare dopo la maratona di Pasqua) hanno aderito 4 amici. Caricato il cesto, i viveri ancora caldi, il tavolino, altri due sgabelli, la fornacella, i carboni, la tenda parasole per ripararci in caso di pioggia, la chitarra e il fornelletto per il caffè, siamo partiti. Abbiamo scelto un pezzo di mare di cristallo, una piscina naturale, con venticello frizzante annesso, passeggiata su scogli profumati, ancora non occupato da altri vacanzieri. E dalle 13 alle 18 non ci siamo mossi. Abbiamo vissuto il primo giorno di primavera, con la spensieratezza di bambini che giocano con i racchettoni e fanno volare l’aquilone, che mangiano dimenticando ancora per un giorno la dieta, che cantano per la milionesima volta sempre le stesse canzoni, e brindano felici per una leggera sensazione di libertà. Pura e semplice come quando eravamo bambini e ci portavano il primo giorno di tepore, sulla spiaggia a giocare. E già con quei pochi raggi di sole riuscivi ad assaporare l’emozione dell’estate che è più vicina dell’inverno ormai alle spalle.

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Abbiamo vissuto una bellissima giornata ridendo e dimenticando le ansie e i pensieri, seguendo il ritmo dell’acqua trasparente sulla spiaggia, respirando l’aria di una promessa che verrà. E che avrà il sapore dei panzerotti sugli scogli, delle notti di luna piena sulla spiaggia, degli spritz al volo seguiti dagli spaghetti con le cozze. E del caldo sulla pelle e delle albe attese in campagna. Della compagnia e dei pensieri cacciati via, per godere del momento. Che tanto quello solo è sicuro ed è meglio fermarlo quando puoi. E siamo già in attesa della bella stagione. 

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1 marzo 2016

Riso integrale con carote al forno glassate e noci (Brown rice with roasted carrots and nuts)

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Ore 11,25 del primo giorno di marzo

Le giornate scivolano via velocemente. Da quando apriamo gli occhi sintonizziamo la nostra mente sulla corsa che sta per iniziare. Facciamo l’elenco delle cose da fare, delle cose che mancano in dispensa, un’idea di quello che metteremo sulla nostra tavola, un pensiero ai ‘doveri’, un sospiro per le responsabilità, un momento per i desideri, subito rinchiusi nel solito cassetto, perchè sbagliando crediamo al ‘tanto c’è tempo per quello’ e via, a fare il caffè. E così la vita scorre. Ci accorgiamo che è ‘già’ il primo giorno di marzo, di un anno con un numero così alto che ti sembra impossibile sia già arrivato.

Non hai un lavoro fisso e questo, a fasi alterne, ti fa sentire una sfigata improduttiva che non vale niente, pur avendo laurea, tante competenze, idee geniali da realizzare, oppure una persona fortunata che può ‘guadagnare risparmiando’ e migliorare la qualità della vita di chi sta accanto, creando atmosfere più rilassate, cucinando cose buone, riempendo la casa di profumi che fanno di casa un rifugio accogliente, scrivendo con calma parole che un giorno potranno diventare libri. E, a giorni alterni, vivi la malinconia o l’euforia della tua condizione.

Vai a fare la spesa e hai un ritmo più lento della gente che corre, chiusa nella bolla dei propri pensieri con occhi concentrati solo sul prezzo,  sulla qualità dei broccoli e sull’orologio che va avanti, e che urla ‘sbrigati’. Guardi con calma il mondo che ti circonda e rifletti. Sulla busta della spesa sempre più leggera delle persone anziane, sui respiri affannati delle donne con bambini e bustoni appesi ai passeggini, sulla quantità di roba invenduta ai banchi, sull’insistenza di ambulanti stranieri che ad ogni giro ti vogliono vendere con occhi e tono implorante buste di aglio rosa, e la quarta volta che t’incontrano ti riconoscono e ti ‘saltano’. E sei parte di un mondo colorato e ricco di sentimenti di gente come te.

Torni a casa con la busta piena di verdure e colori e cominci a cucinare. E ti riconcili con il mondo. E con te stessa.

Oggi ho comprato un mazzo bello di carote fresche e colorate. Ed ecco cosa ne ho fatto….

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Riso integrale con carote al forno glassate e noci (english version below)

(per due persone)

- 4 carote novelle

- due spicchi d’aglio

- un cucchiaino di zucchero di canna (o quello che avete)

- 4 cucchiai di olio extravergine di oliva

- prezzemolo, sale e pepe

- 3 tazze (da caffè) di riso integrale

- 4 noci sgusciate

- un limone (facoltativo)

Lavare il riso e tenerlo in ammollo in acqua tiepida per circa un’ora.  Cuocerlo in abbondante acqua bollente salata. Tenete conto che ci vorrà parecchio tempo, anche 50 minuti. Quindi se avete fretta usate un altro tipo di riso, oppure potete lessarlo il giorno prima e tenerlo già pronto in frigo.

Lavare le carote con tutto il ciuffo, che metterete da parte per altre preparazioni. Pelarle, tagliarle nel senso della lunghezza, o come preferite. Mettere un foglio di carta da forno in una pirofila. Sistemare le carote. Aggiungere l’olio, il sale, l’aglio spezzettato, lo zucchero, mescolare il tutto e cuocere in forno a 180° fino a quando saranno diventate morbide.

Tritare grossolanamente le noci.

Mescolare il riso, le carote, le noci. Aggiungere un filo d’olio crudo, prezzemolo fresco tritato e se piace anche un pò di succo di limone.

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Brown rice with roasted carrots and wallnuts

(for two people)
- 4  carrots
- Two cloves of garlic
- A teaspoon of brown sugar
- 4 tablespoons extra virgin olive oil
- Parsley, salt and pepper
- 100 g of brown rice
- 4  walnuts
- lemon (optional)


Wash rice and keep it in warm water for about an hour. Cook it in salted boiling water. Keep in mind that it will take 50 minutes about. So if you are in a hurry using a different type of rice, or you can boil it the day before and keep it ready in the fridge.
Wash  carrots, peel and cut them lengthwise, or whatever you like. Place a sheet of baking paper in a baking dish. Place carrots, oil, salt, chopped garlic, sugar, mix well and bake at 180 degrees until they become soft.
Chop the nuts.
Mix rice, carrots, walnuts. Add a little more olive oil, chopped fresh parsley and, if you like,  a bit of lemon juice.

Buon appetito.

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16 gennaio 2016

Gateau di patate


 

E daje all’anno bisestile! I non so voi, ma comincio davvero a diventare superstiziosa. Da ottobre me ne succedono di tutti i colori ormai. Non faccio l’elenco per non far la pietosa, ma ormai ovunque veda corni portafortuna, gobbetti rossi, et similia, li tocco e a volte me li infilo nella borsa. Insomma ‘a da finì sto periodo o no'?’ Io ho voglia di tornare a Roma, dove ho già corsi e cene social da proporre, ho voglia di incontri con i miei amici romani, di eventi di cui parlare, di cieli azzurri da guardare serenamente, senza pensieri cattivi che mi rovinano la vista, ho voglia di progetti per la prossima primavera e la prossima estate. Sento il bisogno del sole e della sabbia, cosa molto strana per me che di solito odio il caldo. Insomma ho bisogno di tornare a muovermi.

Ma mi sa che devo ancora aspettare un pò.
Bè vabbè fatemi sistemare un paio di cosette e poi tornerò saltellante come prima.

Nel frattempo preparo ricette veloci che fungano da piatto unico o anche da merenda da portare in giro. Cose della cucina tradizionale, di quelle che non ti sbagli mai, che servono a rassicurarti anche nei momenti più instabili. E’ incredibile come il cibo possa consolare o rappresentare una certezza quando di certezze non ne hai. Oppure capire che qualcosa non va solo perchè non hai appetito o, al contrario, avere una fame incredibile quanto sei anche incredibilmente felice.
Considerato che le ricette di casa sono anche quelle che fanno bene al cuore, mi sa che per un pò ne prepareremo in grandi quantità.





Gateau di patate
(dosi per 4 persone)
- 4 patate farinose grandi o 6 medie
- 4 cucchiai rasi di parmigiano
- 2 uova
- 4 mozzarelle (circa 400 g)
- 100 g di prosciutto cotto
- sale, pepe e la punta di un cucchiaino di noce moscata
- olio extravergine di oliva
- 6 cucchiai di pangrattato
Lessare le patate con la buccia, fino a quando diventano morbide (i rebbi di una forchetta devono entrare agevolmente).
Pelarle e schiacciarle con uno schiacciapatate.
Salarle leggermente e aggiungere tre cucchiai di olio, due mozzarelle tagliate a cubetti, una fetta di prosciutto tagliato a pezzi piccoli,  le uova leggermente sbattute e il parmigiano. Mescolare bene.
Sul fondo di una teglia da forno del diametro di 25 cm versare due cucchiai di olio e distribuirlo in maniera uniforme anche sui bordi.
Spargere tre cucchiai di pangrattato in maniera altrettanto uniforme.
Distribuire metà del composto di patate e livellare bene con una spatola o il dorso di un cucchiaio.
Sfilacciare le altre due mozzarelle e il prosciutto e distribuire su tutta la superficie.
Coprire con il resto del composto, spennellare con l’olio e spargere il resto del pangrattato.
Infornare a 180° per circa 30 minuti o comunque fino a che la superficie diventi dorata.
Servire caldo, tiepido o freddo, secondo i propri gusti.


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12 ottobre 2015

Vellutata di carote, patate, zucca, con profumo di rosmarino.

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Oggi sono a Roma. Sapete che vivo con un piede giù nella mia Puglia e un piede qui e altrove. Ma stasera sono qui. E aspetto amici che verranno a mangiare le melanzane ripiene e le bietole rosse che ho preparato per cena. E’ ottobre, ma di quelli belli che rendono ancora più bella questa città e l’aria che si respira sul mio terrazzo pieno di fiori è fresca al punto giusto per cenare ancora fuori. Ho piantato gerani rossi e fucsia, ringospermi, (che nome orribile porca miseria) già grandi che si arrampicano sui muri e sulle grate. Ho piantato ciclamini, eriche e piante di coloratissimi peperoncini. E erbe aromatiche, rosmarino, origano, menta, prezzemolo, timo e basilico. Ho preparato tutto per ospitare tanta gente ed organizzare le mie cene social.  E le preparerò. Ma dovrò aspettare ancora un pò. Per ora ho un piccolo contrattempo da risolvere. Ma poi torno. E infatti per questo ho deciso di scrivere un post stasera e poi non so quando potrò farlo. Non posso portare con me questo computer che già da i numeri. Sto rinunciando a fare le foto con la mia reflex (vedi le foto della mia mamma come sono belle…..) e mi accontento dell’iphone. Ma non posso fare come le lumache e portarmi dietro tutta la casa ogni volta. Viaggio troppo e tutto pesa. Quindi portiamo pazienza.

A pranzo ho mangiato una vellutata buonissima. Ancora sono nel mood dieta. E non per costrizione ma per vero piacere sto mangiando molta verdura, pochi carboidrati e zero dolci. Per ora funziona, almeno a non farmi sentire pesante. Ho smesso di pesarmi perchè anche la bilancia subisce la stessa sorte del pc e della macchina fotografica. Quindi avrò una sorpresa quando mi peserò. Per ora cammino, e tanto. E mi fa bene. Mi compiaccio di andare a fare la spesa ai mercatini, dove godo della simpatia degli ortolani romani e delle cose buone che portano. E torno con la sporta colorata e profumata di ortaggi freschi.

Ho comprato questo mazzo di carote, delle patate, cipollotti freschi e con il rosmarino che ho piantato in terrazza ho preparato una cosa davvero buona.

La parte verde delle carote l’ho cotta a parte per un’altra ricetta di ieri. Ma quella ve la spiego la prossima volta. E ho preparato anche il pane, integrale e con i semi. E’ venuto buonissimo. Ho tostato due fette nel tostapane per accompagnare la vellutata e …. come al solito le cose buone fanno bene al cuore.

Ecco qua….

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Vellutata di carote, zucca, patate al profumo di rosmarino.

- due carote

- due patate

- una bella fetta di zucca

- due cipollotti, compresa la parte verde

- due cucchiai abbondanti di olio extravergine di oliva

Pelare le carote e le patate. Pulire la zucca. Tagliare a tocchetti tutto, compresi i cipollotti. In una pentola versare l’olio e i tocchetti e far soffriggere velocemente. Salare e aggiungere acqua tanto quanto basta per coprire il tutto. Far cuocere finchè le patate e le carote saranno morbide. Quando manca ancora qualche minuto aggiungere un rametto di rosmarino. Completare la cottura. Eliminare il rametto e con il minipimer ridurre tutto in una crema vellutata. Servire caldo con ancora un filo d’olio e qualche ago di rosmarimo. Tostare nel frattempo due fette di pane integrale per accompagnare la vellutata.

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9 ottobre 2015

Parole al vento e Peperoni ripieni di riso e filetti di tonno

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Oggi si va giù di flusso di coscienza. Non nel senso che faccio outing, come qualcuno avrà pensato, ma del ‘Stream of consciousness novel’, del racconto che cerca di seguire il flusso dei propri pensieri e delle emozioni, senza alcun rispetto delle regole della sintassi. Perchè le regole soffocano, cercano di trattenere le passioni dentro il greto di un fiume ben preciso e vorrebbero farle scorrere tutte in un unica direzione, con la stessa velocità. Ma ai pensieri e alle emozioni non puoi fare questo.

E così in questo casino che di solito è la mia giornata, piena di buone intenzioni e di occasioni perse, mi son fermata, per capire bene quali sono le cose che mi preme di più fare. Ed è venuta fuori questa urgenza di scrivere. Con un cavolo di computer che comincia a morire piano. Prima scompare la M dal tasto, poi la N, poi ancora la L. E prima ci metti un pezzo di nastro di carta con su scritta la lettera. Poi ti ricordi che sai scrivere anche senza guardare la tastiera e le togli. Ma intanto ti ha lasciato la colla…e tutto diventa un casino. Ora non mi scrive più il punto interrogativo, come se volesse impedirmi di pormi e di porre delle domande. Solo certezze. Capirai. Fosse facile. La mia vita è tutta un punto interrogativo. Comunque finchè non lo riparo quel tasto, non potrò chiedermi pi niente. Ecco, ora comincia a non scrivere a momenti la u con l’accento. Cosa vorrà dire tutto questo. Ecco niente punto interrogativo. Significherà che non dovrò avere nemmeno dubbi. Ok andiamo avanti. Senza chiederci più il senso delle cose, e se faccio bene o male a fare una cosa qualsiasi.

Non importa che mi sia alzata all’alba. Dormo bene di notte, e quindi posso anche alzarmi presto. Sono già pronta ad affrontare una giornata e a riempirle di cose da fare. Compilo un elenco bevendo il primo dei miei due caffè. Decido le priorità. Intanto il tempo scorre con una velocità indipendente dalla mia volontà. E a sera mi accorgo che l’elenco era solo un inganno. L’illusione di poter dare un senso al giorno, per poi scoprire che fai tanto o fai poco non importa. L’importante è che tu ti distragga dal vuoto.

L elenco (scusate ma il tasto del punto interrogativo ha anche l apice/apostrofo…dovrò fare a meno anche di quello) aveva previsto di buon ora spesa al mercato. Ma sono le 9 e ancora sto togliendo fiori secchi dai miei gerani, fingendo di essere una con il pollice verde. Mi regalo questa soddisfazione di un momento, anche di qualche ora, perchè ora mi sembrano perfetti i miei gerani, ma domani mattina, mi regaleranno ancora questa opportunità, lasciandomi togliere ancora tanti e tanti fiori secchi. Sarebbe meglio cogliere fiori freschi e non concentrarsi su quelli morti.

Devo andare a comprare verdura e latte e pesce. In dispensa mi è rimasta solo pasta e farina. E ho bisogno di cucinare e farmi tornare l’ispirazione. Quando si sta a dieta, i sensi di colpa verso le cose buone ti spengono la passione nella gola, te la chiudono. E le cose leggere che puoi mangiare, ti allontanano dal desiderio. La passione è molto vicina al peccato. Anche nel cibo. Le cose permesse sono senza tutto. Senza gusto (hai voglia a mettere le famigerate spezie), senza sale (che fa male) senza olio (che però è dannatamente buono), senza soffriggere (e ti si ammoscia pure il sapore), senzasenzasenza…. senza significa vuoto, significa niente. E l’assenza del piacere nel cibo si estende a tutto il resto. Io mi intristisco. Anche se perdo 200 grammi al giorno. Quando e se perderò chili, so già che diventerò una tristissima magra, anche un pò stronza, perchè arrabbiata con la vita, con i sensi frustrati e spenti.

Faccio il conto del tempo che mi rimane di questa mattina. Alle 12 devo essere a casa di ritorno. Allora: ho cucito l’orlo scucito della giacca. Brava. Passato la scopa elettrica ovunque. Tolta polvere. Lavato i piatti di ieri sera, che quella stronza della vicina va a letto presto e ha deciso di mettere il letto appoggiato al muro dove io ho i pensili. E comincia a bussare fin dalle 10 di sera. Io che mangio quando mi pare, anche a mezzanotte, devo essere prigioniera in casa mia e non posso fare più rumori dopo le 10 che parte il coprifuoco. Sta stronza.

Camicie stirate e messe a posto. Letto rifatto. Busta immondizia pronta, sta già fuori, così inciampo e non me la scordo. Intanto il libro mi guarda dalla libreria, triste, pensando che non sono più quella di una volta, quando lasciavo tutto per stare con lui, e che mi sto trasformando in una triste casalinga, con la fissa incomprensibile dell’ordine. E non sa quanto si sbaglia. Non sa che mi odio per questi gesti ripetuti ogni giorno, tutti uguali, per togliere una polvere che domani tornerà, e ancora e ancora. E mi odio per il tempo perso come spettatrice di un mondo virtuale dove le persone non sono vere, le parole sono buttate al vento, dove se scompari nessuno se ne accorgerà mai. E se ci sei sei solo un battito di ciglia. E poi penso che così è anche nella vita reale.

Fuori c è il sole e ora devo uscire. Confido nella luce per riattivare l’ottimismo in questa giornata. Mi aspettano dei giorni un pò impegnativi. E devo fare scorta di pensieri positivi.

E che faccio, non vi lascio una ricetta oggi (punto interrogativo). Dovrò cominciare a parlare più di persone e meno di cibo. Ma si, dai. Una ricetta leggera, ancora una volta.

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Peperoni ripieni di riso e filetti di tonno

(per 4 persone)

- 6 peperoni rossi carnosi

- 6 tazze di riso roma

- una confezione di filetti di tonno

- un cucchiaio di capperi all’aceto

- prezzemolo, basilico, menta

- 4 cucchiai di olio extravergine di oliva

- pepe

con un frullatore o un minipimer emulsionate l’olio con quattro cucchiai di acqua, fino a quando si formerà una specie di maionese. Aggiungere i capperi e continuate ad emulsionare.

Lessare il riso. Passare in forno i peperoni, che però dovranno rimanere sodi.

Togliete la calotta dei peperoni e svuotarli del liquido e dei semi.

Intanto mescolate il riso, i filetti di tonno, la maionese con i capperi, il ppe e le erbe sminuzzate.

Riempite i peperoni con questa insalata di riso. Chiudere con la calotta.

Sistemarli in una teglia e passare in forno per almeno 10/15 minuti a 180 gradi.

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1 ottobre 2015

Seppie gratinate al limone

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E’ qui. L’autunno è arrivato. E lo ringrazio, perchè mi sta portando di nuovo il respiro. Polmoni che si riempiono grati di quest’aria fresca e le gambe che tornano a camminare più leggere. L’agenda si riempie di nuovi incontri e ora scrivo con la pioggia che suona per me e la valigia che mi aspetta. Ho poco tempo oggi, vado a Parma per un evento molto bello. E’ il Parma Home Restaurant, dove parlerò con eminenti relatori all’Università, nella ‘Padellata Mediatica’, per esplorare cosa sta succedendo nel mondo del web e non solo, dove di cibo se ne parla, si straparla, si esagera e ….. Insomma sarà sicuramente un incontro che mi insegnerà molto. Ne riparleremo durante e anche dopo di sicuro. Di sicuro servirà anche a me per chiarirmi un pò le idee sulla direzione che prenderà il mio blog. Come quando ci si ferma per un momento a meditare e nel frattempo si ascoltano i consigli di persone che ne sanno più di te.

Intanto la dieta continua e si vedono i primi risultati. Sono contenta dei piatti che riesco a creare in maniera veloce e sono davvero efficaci, oltre che buoni. Anche questo modo di cucinare, fa parte della mia attuale esigenza interiore e anche ricerca personale verso l’'essenzialità.

Sono semplici seppie, molto profumate e veloci da preparare. Da gustare solo con un pò di verdura fresca di contorno e con una coppetta di frutta dolce e profumata. Io ho mangiato il melone bianco.

Devo scappare e per ora non posso restare qui.

Ecco la ricetta.

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Seppie gratinate al profumo di limone.

(Per me sola)

- due seppie

- un cucchiaio abbondante di pan grattato

- uno spicchio di aglio

- un mazzetto di prezzemolo

- limone

- poco sale e pepe

- un cucchiaio di olio extravergine di oliva

tagliare le seppie a tagliatelle.

In una ciotola mescolare il pangrattato, l’aglio tritato, il prezzemolo tagliuzzato, il sale, il pepe, e la scorza grattugiata del limone. Aggiungete mezzo cucchiaio di olio. Laltra metà la metterete sulla carta da forno con cui fodererete una teglia.

Adagiate le seppie, cospargetele con il pangrattato aromatico, e cuocete in forno a 200 gradi finchè sarà evaporata tutta lacqua delle seppie e il pane sarà dorato.

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26 settembre 2015

Tartare di podolica al pepe nero e verdure (quarto giorno di dieta)

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La dieta continua eh? e cominciano i primi risultati. funziona, davvero. Tanto da suscitare la curiosità della mia nutrizionista e farle venire un’idea. Che ora non posso dire …. Ma molto carina.

Se oggi c’è carne e a me proprio la fettina non piace cosa faccio, non la mangio? Devo e allora studio una cosina sfiziosa e leggera ma, soprattutto saporitissima. E che sia tartare! di podolica però. Accompagnata da un piatto di verdure: cavoli romaneschi bolliti e insalata di funghi champignon con limone e prezzemolo.

Però qui non c’è ricetta. Bisogna solo andare dal proprio macellaio di fiducia, e il mio è Matteo dello ‘Sfizietto’ che tratta solo carni di qualità, e farsela preparare. Magari il prossimo post lo dedico a lui, così vedrete quanto è bravo.

Quindi comprate la tartare e conditela con poco olio, limone, sale e pepe. Servirla con la rucola, e accompagnate con verdure. Buoonoooo.

ah! ho perso già un chilo eh?

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24 settembre 2015

Riso e patate con TRE olive fritte (terzo giorno di dieta)

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Bè diciamo che anche 200 g al giorno vanno bene. 200 x 7 sono 1,400 a settimana. !,400 x 4 sono 5,600 al mese. Wow, di questo passo a Natale sarò una ‘sinuèt’ come dice mia madre. Però bisogna essere seri e fare le cose senza fregare. Io a dire il vero faccio degli sgarri calcolati, ma mi servono per pensare di aver fatto una furbata e perchè mi voglio bene. Allora vediamo se qualcuno ha da obiettare. Nel senso di qualche nutrizionista.

Consiglio n.1 di oggi: se a colazione sono previsti due biscotti o due fette biscottate integrali con un cucchiaino di marmellata, io dimezzo e mangio o un biscotto solo o una fetta sola e conservo l’altro per la sera tardi come dolce. E si, perchè io che faccio tardi verso mezzanotte ho già di nuovo fame e ho voglia di qualcosa di dolce. E così gabbo il vizio.

Consiglio n.2: quando è prevista una minestra, io cerco di allungarla quanto più possibile con il brodo, così mi sento ugualmente sazia e introduco liquidi che altrimenti stento a bere.

consiglio n.3: servire le pietanze in un piatto piccolo e non nelle ciotolone dell’ikea che ho comprato lo scorso Natale. In effetti la colpa del mio aumento repentino di peso è da attribuire ai piatti grandi che, si riempiono che poca roba pare brutto, si finisce tutto che lasciare nel piatto pare brutto, e si fa pure la scarpetta che anche se pare brutto chi se ne frega.

Per oggi basta così.

Oggi Riso e patate con verdure e gentile concessione di tre olive fritte.

Riso e patate

- un cucchiaio di olio extravergine di oliva

- una patata piccola

- una cipolla piccola

- mezzo peperone

- tre pomodorini

- una tazza piccola da caffè di riso

- prezzemolo

- pepe

Sbucciare e tagliare a cubetti la patata. Tagliare a pezzi il pomodoro, il peperone, e la cipolla e far rosolare dolcemente in una padella dove avrete versato l’olio.

Aggiungere l’acqua e portare a bollore. Versare il riso e aspettare che cuocia.

Servire caldo con prezzemolo fresco tritato e con un cucchiaio raso di parmigiano o cacioricotta  o pecorino.

Per le olive: ungete una padellina piccola piccola con olio, mettete le olive della varietà giusta, copritele e quando vedete che sono belle lucide spegnete il gas. Pochissimo sale e via…. Ma davvero dovete mangiarne SOLO tre eh!

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23 settembre 2015

Salmone marinato all’’arancia e insalata (secondo giorno di dieta)

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Siamo in pieno mood dieta. E allora anche per darmi la carica do dei consigli. Pure…. considerato il pulpito….

Consiglio n.1: Dovete comprare assolutamente uno specchio sincero. Di quelli che vi rimandano la vostra immagine intera. Non come ho fatto io che mi son sempre guardate solo dal busto in su e, tutto sommato, mi piacevo. E nel frattempo non vedevo cosa succedeva sotto. Poi andavo nei negozi e mi arrabbiavo perchè non mi riconoscevo in quegli specchi stronzi.

Consiglio n.2: scrivete sullo specchio una frase che ho visto sullo specchio dell’Auchan, nel camerino dei dipendenti. ‘Gli altri vi vedono così’, per invitarli ad essere ordinati e presentabili. E nel nostro caso per vedere con occhi veri, non come ci immaginiamo, ma come siamo.

Consiglio n.3: buttate la bilancia con l’asticella tremolante e mobile e comprate la bilancia digitale. Nel primo caso i chili che vedrete segnati sono un ‘più o meno’ un chilo o due chili oscillanti, anche nella vostra mente. E la cosa deprime molto. Nel secondo caso anche i 100 grammi persi vi fanno sentire bene. E io così ho fatto. E fate foto ricordo del peso quotidiano. così ve lo ricordate.

Consiglio n.4: dal numero totale dei chili da eliminare dovete togliere quelli che secondo voi riguardano tette e sedere, sperando di non perdere anche quelli, perchè se restano al posto giusto è meglio. E, se ne siete ben forniti, guardate che i chili sono parecchi. Esempio: se dovete perdere 20 chili, ma supponete che di bontà ne avete circa 5, in realtà i chili da perdere sono 15. Non so perchè mi è venuta questa teoria, mah!!! secondo me è un’altra scusa pigra.

Consiglio n.5: camminate, camminate e camminate. Magari anche guardando le vetrine, Fermandovi ogni tanto se non ce la fate, ma camminate. E controllate con runtastic quanta strada fate.

Ieri era il secondo giorno. Ero fuori casa e non volevo saltare il pasto. Quindi ho mangiato in un posto che già conoscevo, un piatto che ritengo sia leggero e completo: Salmone fresco marinato con insalata di arance, finocchi, ins verde e carote. Buono, buono davvero. Ovvio che non ho avuto la ricetta dallo chef, ma volendo …. sappiamo come fare almeno una cosa simile.

Salmone marinato all’arancia

- 150 g di filetto di salmone fresco

- un’arancia

- sale grosso

- salsa di soia

- 1/2 pistacchi

- pepe

In una ciotola sistemare il salmone e cospargetelo di sale, succo e scorza di arancia. Lasciarlo così tutta la notte. Il giorno dopo scolare il liquido che si sarà formato, tamponare con carta assorbente. Quindi tagliarlo come da foto o a fettine. In una ciotolina mescolare un cucchiaio di salsa di soia e un po di succo di arancia e condire il salmone. Aggiungere poco  pepe e qualche pistacchio tritato.

Servire con insalata di arance, finocchi, ins verde e carote, condita con un cucchiaio di olio extravergine di oliva e pochissimo sale.

insalata

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15 luglio 2015

Pranzo all’ombra con riso venere, verdure, gamberi e erbe aromatiche

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Le persiane sono chiuse. Anche la porta è accostata. Il ventilatore ruota freneticamente e fra un pò decolla. Intanto intorno tutto vibra di questo vento spinto dalle pale. La tovaglia, la gonna, lo strofinaccio poggiato sulla sedia. Ogni tanto vola qualche tovagliolino di carta lasciato sul tavolo. Fa caldo, ma proprio tanto. E, visto che proprio lo deve fare perchè siamo in estate, visto che non serve a niente lamentarsi o strepitare, allora ricorro al vecchio metodo dell’oooommmmm, del restare calma, della distrazione, dell’indifferenza.

E così cammino scalza in casa, evitando le mattonelle in prossimità della luce. vesto con una cosa leggerissima di cotone, faccio la limonata con ghiaccio, zucchero e menta, a portata di sete, lascio filtrare la luce quanto basta per non inciampare e aspetto il tramonto e l’ombra che verrà.

Ricordo che da bambina non avvertivo per niente il caldo dei pomeriggi assolati, quando piuttosto che andare a riposare come volevano i grandi, avrei preferito continuare a giocare fuori sulla veranda. E anche quando da ragazza si andava in spiaggia, rigorosamente all’ora di pranzo, solo con il telo sotto il braccio e le infradito ai piedi… Senza ombrellone, senza ombra, senza ripari. Solo sole e mare, e amici accanto.

Vai ora vai, al mare senza la tenda verde di decathlon al seguito, o senza la protezione totale… oppure vedi se riesci a mettere il naso fuori di casa prima delle 18…

E vabbè si cambia. E intanto devo trovare un compromesso con mio figlio che con ‘tutta quest’aria condizionata (28° ndr)’ sente freddo.

intanto …. OMMMMMM….

Cucino con mooolta lentezza una cosa buona e fresca. Abbondante così basterà anche per cena.

E, nell’ombra del mio rifugio, si accendono i colori.

riso

Riso venere con verdure, gamberi e erbe profumate.

- fiori di zucchina

- peperone rosso e giallo

- zucchina

- cipolla rossa

- gamberi freschi sgusciati

- riso venere

- prezzemolo basilico e a piacere le erbe che preferite

Lessare il riso venere in abbondantissima acqua salata. Scolare e passare sotto il getto dell’acqua fredda per farla raffreddare subito

Rosolare le verdure lavate e tagliate in olio. Lasciarle un pò croccanti.

Quasi alla fine aggiungere i gamberi e farli cuocere velocemente.

Tagliuzzare le erbe.

Assemblare riso, verdure, gamberi e erbe.

Un filo d’olio extravergine di oliva e via.

gamberi

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2 luglio 2015

Storia di caldo, di casa e di frisella

frisella con zucchine 

Ero in autostrada e, sotto il sole cocente, tornavo a Roma. Avevo lasciato la mia Puglia e questa volta avevo anche sofferto perchè avevo lasciato alle spalle anche il mio mare azzurro e trasparente. Quello che piace a me, quasi fermo, con le correnti ghiacciate che ti sorprendono e ti fanno mancare il respiro, quando le incroci. Mi era venuta la nostalgia dell’emigrante e questa cosa non mi piaceva affatto. Intanto mi lasciavo incantare dal paesaggio che cambiava continuamente. Dalla paradossale leggerezza delle pale eoliche che indolenti ruotavano al vento, spingendole li in alto, disseminate qua e la su colline ben arate, ora verdi, fra un pò gialle e arse per il caldo. E ogni tanto mi godevo la vista di paesi arrampicati sul basse montagne, belli, ma belli davvero. E riflettevo ad ogni cartellone degli autogrill che diceva ‘Sei in un paese meraviglioso’, pensando che era vero. Ad ogni autogrill, come a voler sottolineare la diversità di ogni punto di questo nostro paese, accomunato solo da una bellezza struggente.

La costante del viaggio era stata quindi la malinconia. Per una campagna ed un mare lasciato (anche se per poco) alle spalle. Per una serie infinita di posti dove mi piacerebbe vivere. Per il caldo patito lungo la strada, che mi abbatteva non solo il fisico. Per un caldo che sicuramente avrei dovuto affrontare una volta a Roma, che mi avrebbe impedito di uscire di giorno. Per essere costretta a vivere come i vampiri che, alle prime luci dell’alba, cominciano a tremare per la paura.

Intanto il web mi accompagnava lungo la strada, con gli scambi sempre più frenetici sui social, dove si, è bello esserci, ma che da un pò di tempo cominciava a darmi l’impressione di una piazza troppo affollata dove tutti pur di far sentire la propria voce, gridano, sempre di più, e si spintonano, e alzano la mano, e si sforzano di ‘fare gli splendidi’, per farsi notare. E anche tutta questa energia altrui, mi stancava. Fisicamente proprio…. E cominciavo a riflettere sulla direzione che forse avrei dovuto prendere prima o poi…

Intanto mi arrivano messaggi degli amici in attesa del mio ritorno. Ma dove sei? Sei partita?  quando arrivi? Chiamami quando ci sei, perchè oggi ti porto a vedere un posto meraviglioso…. e così via.

E intanto sole e strada e caldo. E malinconia.

Finalmente la coda che chiudeva l’autostrada e precedeva la nuova frenesia delle strade di città, di chi tornava al lavoro, accellerando, rientrando nella normale sensazione ansiosa di essere in ritardo. E di chi invece affrontava con coraggio il traffico per andare nella propria direzione.

Scaricai le valige, sempre troppe per questi weekend veloci, con le solite cose terrone da mangiare, friselle, cocomeri, cacioricotta ecc…. per non spezzare il filo che mi tiene legata al ‘trullo’. Una specie di filo d’Arianna che ti garantisce di tornare alla libertà… ‘Che scema che sono’, penso ogni volta.

Entrai in una casa accaldata che mi aspettava pulita e al semibuio. Mi arrivò un messaggio impaziente di un’amica… ‘Allora?'. E la mia risposta fu…. ‘Finalmente sono a casa’.

E li mi sorpresi a pensare che era la prima volta che pronunciavo questa frase ‘Sono a casa’. E capii che finalmente qualcosa era scattato. Ero a casa mia. Un’altra, ancora, ma casa mia.

Ed una nuova sensazione si fece strada. Allora fuori le friselle per un pasto veloce che combatte il caldo e mi da energia. E poi via, in giro per la città, alla scoperta di questo posto meraviglioso.

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Frisella integrale con zucchine crude al limone, prosciutto crudo e cacioricotta

- una frisella integrale

- due fette di prosciutto crudo

- una zucchina freschissima e biologica

- cacioricotta da grattugiare (ricotta salata per i non pugliesi)

- sale grosso e fino

- limone

- olio extravergine di oliva

Lavare e spuntare la zucchina.

Con un pelapatate tagliare tanti ‘nastri’ di zucchina che metterete in una ciotola capiente senza schiacciarli.

Cospargete una manciata di sale grosso sulle zucchine per far perdere l’acqua di vegetazione e lasciarle così per almeno una decina di minuti.

Sciacquare le zucchine e strizzarle bene facendo attenzione a non romperle. Conditele con succo di limone e olio extravergine di oliva. Assaggiatele prima di mettere il sale per vedere se vanno bene così o no.

Bagnare la frisella poco prima di mangiarla, altrimenti si ammorbidisce troppo.

Quindi disporre le due fette di prosciutto, i nastri di zucchina e, le scaglie di cacioricotta.

Versate un pò dell’olio e limone delle zucchine e buon appetito.

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28 febbraio 2015

FORMAGGIO PRIMO SALE

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E qui faccio outing. Sono stanca. Direte ‘tanto piacere, chi non è stanco?’- Si ma io sono stanca di cucinare. Accorruomoooo! Se una che ha un blog di food dice questo è finita. E invece trattasi di revisione delle proprie priorità. E si… perchè il cibo è una compagnia meravigliosa, un mezzo di comunicazione, di amore, di consolazione vabbè … ma quando o per motivi di … rotondità, o per ragioni di blog comincia a creare ansia allora bisogna ridimensionare la cosa. Io non ho mai desiderato diventare una chef anche perchè per formazione, propendo più per la letteratura, e non ho voglia di impegnarmi per creare accostamenti arditi, o paste madri che poi mi muiono, o pani straordinari, o piatti stupefacenti. Io sono più un tipo pane e pomodoro, pezzettino di ventresca arrostita,  o pane e marmellata, o pasta veloce inventata al momento. Io voglio parlare solo di quello che conosco e preparo a casa mia e nella terra mia.  E non so portare avanti battaglie contro farina bianca, zucchero raffinato, contro chi mangia carne, o beve il latte, o non fa la dieta del limone…. madonna mia, io voglio mangiare tutto quello che mi va, anche la nutella, ecco l’ho detto, senza l’ansia di sfruculiare animi che si scandalizzano…. E allora… torno alle cose ‘di base’, quelle che stanno ‘all’inizio’. Lascio agli altri poi la voglia di trasformarle in piatti speciali.
Da tempo avevo il desiderio di preparare i formaggi semplici che qui da noi si trovano ovunque e che per questo era inutile fare in casa. Poi mi son detta che sarebbe stato bello provarci e magari insegnarlo anche ad altri. E così, dopo aver comprato il caglio, il termometro da latte, la vaschetta con la griglia, i fuscelli (anzi no, quelli li avevo già) e aver individuato la masseria giusta (di quelle che lasciano pascolare le mucche nel prato e non le nutrono solo di mangime, per intenderci), e il periodo giusto…. ho iniziato l’avventura. Perchè avventura è stata.
La prima volta più che un formaggio primo sale è venuta una ciofeca molle… Non ‘quagliava’ e sono rimasta li a pensare a cosa avevo sbagliato. La seconda volta è venuto bene. E ora vi spiego come ho fatto.
Bisogna individuare un luogo (masseria, campagna, rivenditore, a piasèr) dove vendono il latte vero.
Bisogna procurarsi un minimo di attrezzatura, quella elencata su.
e cominciare…
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Formaggio primo sale
- 3 litri di latte intero e freschissimo
- 4 ml di caglio (un cucchiaio scarso)
- un cucchiaio raso di sale grosso

Versare il latte in una pentola di acciaio. Misurare spesso la temperatura del latte con l’apposito termometro, fino a quando raggiungerà i 75°. Attenzione non superare assolutamente questa temperatura, altrimenti non si coagulerà in maniera corretta.

Aggiungere il sale e girare per farlo sciogliere.

Immergere la pentola in una vaschetta con acqua fredda fino a quando la temperatura scenderà a 37°.
Aggiungere il caglio e mescolare per almeno 3 minuti. Coprire e aspettare circa mezz’ora.

Sbriciolare la cagliata con una frusta e con un mestolo forato raccoglierla e versarla nei fuscelli,  (potete usare anche i fuscelli stessi per raccogliere la prima cagliata)
Mettete i fuscelli  a scolare nella vaschetta con la griglia, per raccogliere il siero.
Lasciarlo a scolare per qualche ora, finchè si compatta.
Tutto qui.

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