27 marzo 2015

Storie di donne

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Quello che oggi scrivo ha il sapore agrodolce. Ed è una riflessione. Non una ricetta.

Sono rientrata da poco da Roma e ho trovato ad attendermi grandi entusiasmi per il mio ritorno. Amiche che, nonostante non ci si veda per giorni e a volte mesi, hanno sentito la mia mancanza, dicendo che ‘almeno sapevamo che eri qui, raggiungibile, e che al primo accenno sarebbe stato facile vedersi’. E, chi vedendo di nuovo la mia macchina in giro, chi sapeva già che sarei tornata, chi aveva già chiamato prima per fissare un caffè,… ho raccolto qui e la abbracci e scambiato racconti e progetti di vita. E così, davanti ad un tavolo, sigaretta e caffè e pranzo già avviato che bolle, sedute in macchina come da ragazze, alla luce di un lampione di strada, o in campagna, in mezzo alle cicorielle, siamo tornate a regalarci parole piene di storie passate, delusioni subite e speranze in un imminente cambiamento. E, in un solo giorno, ho raccolto, non solo sorrisi e gioia, ma anche storie malinconiche di donne.

E, carica di questo tesoro di confidenze sono tornata a casa.

Saranno parole banali quelle che dirò, lo so. Ma non c’è latitudine di questo mondo, ne data sul calendario, in questa infinita linea del tempo, che non continui a raccontare sempre e ‘banalmente’ la stessa storia. Storie di donne che hanno donato sempre TUTTO il loro tempo e le proprie energie per accudire marito e figli, che a lungo andare hanno ritenuto OVVIO e NORMALE il loro dono. Le loro parole, i loro desideri, le loro delusioni, non hanno mai trovato orecchie attente o voglia di essere capite e hanno generato muri in cui si sono lentamente ritirate e isolate, perdendo ogni voglia di riprovarci, tanto…. a che serve? Le poche che hanno avuto il coraggio di andare via hanno ricevuto in cambio solo incomprensione anche dalle proprie madri, urla e strepiti dai propri ex che continuavano a non capire, che le hanno guardate, stupiti, come delle poco di buono, che rivendicavano un proprio spazio, per poi trovare subito ‘un’altra’ ‘in sostituzione di’, dopo di che si sono calmati un pò, ‘mollando figli e cani’, per sistemarsi in una nuova divertente vita.

Diverse sono le storie, qui senza nome, ma in cui potrebbero ritrovarsi tutte. Una che parla di un marito ‘addormentato’, incrociato solo a colazione, a cui si fanno trovare pronte camicie pulite e calzini, e che si saluta, senza manco più un bacio, per ritrovarsi di sfuggita di sera, troppo stanchi anche per parlare. E di che poi? ‘cosa ne capisce lei dei problemi di lavoro di lui?’. L’ha lasciato, dopo anni di riflessioni dolorose fatte in silenzio, lui ha detto ‘capisco’, ha accettato, tempo un mese e nella sua vita (di lui!) è entrata una nuova donna che non permette più alla prima di ‘accostarsi’ all’ex. Nessun tentativo di riprovarci, niente, solo tanta ‘comprensione’ e una semplice parola ‘fine’.

La seconda. Donna meravigliosa, considerata da sempre una stupida da un marito farfallone. Stupito e addirittura scandalizzato dalla richiesta di considerazione, o zittita in malo modo ‘tanto cosa capisci tu’, dopo una sua opinione molto apprezzata. Se ci provi a mollarlo diventa violento e allora che fai? aspetti che i figli crescano, magari vadano via…. e poi si vedrà.

Donne mollate anche dai propri genitori, che spesso parteggiano per quel genero tanto bravo, che porta i soldi a casa, e che non ti fa mancare niente. Hai una bella casa, dei figli, perchè vuoi andare a lavorare? la laurea che hai serve a te, per una ricchezza interiore, di cosa ti lamenti? Come? vuoi andare via? cambiare città? casa? ma perchèèè? perchè???’ Cosa ti manca???

E’ la solita vecchia storia di donne che, nonostante le minigonne, i cortei, l’apparente autonomia conquistata con un lavoro, ricadono negli stessi errori. Si fidano e si infilano in matrimoni che diventeranno la solita vecchia prigione, gestita dall’egoismo di un uomo. . .

Meno male che almeno tra donne si apre il proprio cuore e ci si regala uno sfogo che ha il potere di un balsamo. Ci si sente capite e magari anche spinte a scappare via…..

Che strano…. scrivevo questi testi al liceo, tanto che il mio professore all’ultimo tema del quinto, la cui traccia parlava di problemi del terzo mondo, mi scrisse un giudizio che ricordo ancora ‘ Anna, ho capito che la condizione femminile e le ingiustizie ti appassionano, ma non puoi continuare a fare per cinque anni di liceo, per ogni tema, un giro di parole per parlarne sempre…. Tanto giri e tanto volti che sempre li arrivi. L’ho capito, ora vai oltre’.

Ma, caro amato professore, come possiamo andare oltre, se ancora ascoltiamo storie come quelle che ho raccontato?…..

E ne è passato di tempo….

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16 marzo 2015

A scuola di cucina romana: Ciambelline al vino bianco

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Serata tranquilla. Di un giorno pieno. Di una settimana ancora più piena. All’improvviso le cose, oltre alle case, cambiano. E ti ritrovi a dover cercare un nuovo spazio, da rendere comodo, dove dovrai trascorrere non sai ancora quanto tempo. Guardi fuori dalla finestra e, anche se piove, il cielo ti sembra pieno di promesse. In fondo sei nella città più bella del mondo, di cui ancora, nonostante ci vieni da sempre, conosci pochissimo. C’è un mondo fuori dal giro dei turisti, che è pura magia. E’ quel mondo fatto di vicoli persi, mille chiese e mille mercati, dove basta andare armata di macchina fotografica, quaderno per gli appunti, borsa capiente per la spesa, appetito e tempo a disposizione, e ti senti già ricca per le cose che impari e prendi.

Scorrendo le pagine del mio blog, molto spesso si ritrovano le mie puntate infinite alla libreria che amo di più al mondo, dove ogni volta che vengo qui, mi rifugio per leggere, pensare, scrivere e prendere appunti sul mio quaderno. E così mi ritrovo coperta da pile di libri, con quaderno aperto e tazzina di ‘marocchino’ con cacao, a trascorrere ore e ore. E li che nascono le mie idee…. 

Mille sono le cose che stanno nascendo. La prima è stata ‘Sono a Roma? e allora devo imparare per davvero la cucina romana’. E così, ho dedicato molto del mio tempo per studiare, e ho fatto l’elenco delle ricette da provare. E così tra un abbacchio alla cacciatora, un carciofo alla giudia, una vignarola e una coratella ai carciofi, l’elenco è stato presto completato. Dalle pagine dei libri venivano fuori immagini e profumi immaginati che mi hanno intrigato. Il giorno dopo, quaderno di appunti in borsa, sono andata a far la spesa al mercato del Testaccio, dove si impazzisce alla vista di carciofi romaneschi giganti, zucchina, bietolina rossa, agretti e cicoria.

E dove trovi ancora il macellaio che ti spiega qual è il pezzo migliore dell’abbacchio da fare alla cacciatora o a scottadito o con le patate al forno. Ti avvolge la carne ancora nella carta e non nelle vaschette di polistirolo e ti regala pure il rosmarino e la mentuccia, a mazzetto. Poi, visto che mezzogiorno arriva come niente, hai fame e ti fermi un momento a mangiare un panino con ‘allesso e cicoria’, che dire buono è riduttivo. Ti siedi al centro del mercato, dove ci sono tavolini per i clienti, ascolti la musica di un gruppo jazz che è li per promuovere il loro ultimo lavoro e torni a casa, con la volontà di cucinare una cenetta fantastica. E allora per prima cosa…. si mette a marinare l’agnello e… si prepara il pane e il dolce per il dopo cena. Le ciambelline croccanti al vino bianco e, volendo anche all’anice.

Per oggi, mi fermo, che già è ora di preparare ancora la cena. Ma continuerò questo diario… in fondo che gusto c’è a viverle da sola le mie scoperte?

Ciambelline al vino bianco

PicMonkey Collage3  ingredienti per circa 20 ciambelline:

- un bicchiere di olio extravergine di oliva

- un bicchiere di vino bianco profumato

- un bicchiere di zucchero + abbondante zucchero dove ‘rotolare’ le ciambelline (ma poi lo recuperate)

- un pizzico di sale

- mezzo cucchiaino di semi di anice (facoltativo)

- farina 00 q.b.

In una ciotola mescolare tutti gli ingredienti e aggiungere piano la farina, fino a quando si arriverà alla consistenza di una palla che si può maneggiare.

Far riposare per una mezz’ora. Riprendere l’impasto e formare delle palline delle dimensioni di una noce grossa.

Per ricavare le ciambelline ci sono due modi. O fare un buco al centro con un dito e allargarlo, oppure fare un cilindro e poi ‘acciambellarlo’ come fosse un tarallo.

Quindi posarlo in un recipiente dove avrete versato abbondante zucchero. Con le mani ‘appiattire’ la ciambellina, che deve risultare proprio schiacciata. Avvolgetela da entrambi i lati con lo zucchero e posatela su una placca da forno dove avrete steso un foglio di carta da forno.

Infornare a 160° fino a quando diventeranno dorate.

Sono buonissime così, ma superlative se inzuppate nel passito o in un buon vino bianco dolce e profumato.

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10 marzo 2015

Lemon Loaf (cake al limone)

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Maledizione alle diete e a chi ci mette in testa che magro per forza deve essere bello. Eppure com’è che, se fa così tendenza essere magre, quando vado nei negozi per comprare qualcosa, le uniche taglie rimaste sono sempre quelle piccole? Perchè? ne prendete di più perchè le vostre clienti sono tutte magre e poi vi avanzano? o perchè finiscono prima quelle sulla 46, dato che sono, siamo tutte oltre la 46? E poi noi che abbiamo questo rapporto di amore con il cibo siamo ogni momento sottoposte a torture e condizionamenti dalla tv con i suoi millemilla programmi di cucina, dai giornali e dai libri con foto e idee meravigliose, e poi dalla mia mammaaaaa che anche se passo per un momento da casa sua, so già a 100 metri da casa sua cosa sta cucinando. Riconosco a distanza il profumo delle sue focacce, le melanzane ripiene, il brodo di carne, il ragùùùùùùù- Ecco solo a parlarne mi viene fame e stasera mi tocca invece insalata e fettina.

Poi un bel giorno, tra la miriade di social dove trovi tutte le idee super faccio la conoscenza di un dolce per me (credevo) nuovo. Il Lemon Loaf, che mi appare in tutto il suo splendore e profumo… e mi dico, ok lo faccio, ne mangio solo una fetta, lo distribuisco, ancora non so cosa farò, ma il dolce lo faccio e basta.

Ma non è stato semplice trovare la ricetta giusta. E si, perchè ne ho trovate di mille versioni, con quantità e ingredienti davvero diversi tra loro, a parte i limoni. E questo mi ha creato davvero qualche problemino di scelta. E così mi sono affidata al web, ho lanciato un appello e la prima ricetta che ho ricevuto, da Lydia Martucci Zecca ho deciso che l’avrei fatta. E sono felice della scelta.

Il risultato è un dolce da cuocere in uno stampo da plum cake, da inzuppare, ancora caldo, con uno sciroppo di zucchero, limone e acqua. Da mangiare, io pensavo, all’ora del thè, come una bella usanza inglese. E invece no, è un dolce bello da vedere, buono da mangiare a colazione, a merenda, all’ora del thè, dopo cena, quando hai voglia di qualcosa di buono buono, qualcosa che ti tiri su, che ti dia una spinta verso il buonumore ecc….

Ma avete visto che parlando parlando ho dimenticato completamente la parola e l’idea della dieta?

Vi prego provate a farlo e poi mi direte…..

Ecco qui la ricetta, riportata pari pari (bè insomma qualche piccola modifica l’ho fatta)

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Lemon Loaf

- 350 g di farina 00
· 200 g di burro fuso
· la scorza grattugiata di 2 limoni
· 320 g di zucchero
· 3 uova
· 1 pizzico sale
· una bustina di lievito in polvere
· 250 ml di latte
· Semi di un baccello di vaniglia

Per lo sciroppo
· il succo e la buccia grattugiata di 2 limoni
· 50 g di zucchero al velo
· 100 ml di acqua

Foderare uno stampo da plumcake 30x11 con carta da forno. Scaldare il forno a 170°.

Lavorare lo zucchero con la scorza e le uova. Aggiungere la farina col lievito e il sale, e poi il latte con la vaniglia. Lavorare l’impasto finche diventa gonfio e soffice. Quindi aggiungere il burro fuso e lavorare ancora per amalgamare. (Io proverei anche con meno quantità di olio di semi, per intolleranti al lattosio)

Versare nello stampo e infornare. Non preoccupatevi se vi sembra che sia tanto l’impasto. La ricetta è proprio così…  Far cuocere per 1 h e 15 minuti, o finché non prende un bel colore dorato.

Controllare la cottura interna del dolce, infilando uno stecchino di legno, che dovrà uscire asciutto. Se l’interno dovesse risultare ancora umido e l’esterno sembra cotto, coprire con carta stagnola e continuare la cottura.

Nel frattempo preparare lo sciroppo mettendo in un pentolino lo zucchero, il succo e la scorza di limone e l'acqua, portare a bollore e aspettare che si riduca, diventando un pò più denso.

Quando il dolce sarà cotto, e ancora caldo, bucherellarlo qua e la, con lo stecchino, fino alla base, lasciandolo ancora nella sua teglia. Aiutandovi con un cucchiaio, versare sulla superficie, piano piano, tutto lo sciroppo. Aspettare che si raffreddi il tutto. Tirarlo fuori dalla teglia e servire.

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