18 giugno 2015

Muffin della mezzanotte

 

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E si, è inutile, stasera non riesco proprio a dormire. Il sonno non arriva. E’ quasi mezzanotte e sulle spalle ho tutta la dieta di questo mondo che mi pesa. Inutilmente poi. Seguo a puntino tutte le indicazioni ma non succede niente, anzi per il caldo sembra che fa un pò mi solleverò levitando, (o lievitando?). Mannaggia alla ‘costituzione’ fisica. E mannaggia a questo desiderio di dolce che mi sta prendendo stasera. Ho cercato di tamponare con una pesca, ma la voglia di cioccolato si è fatta una ‘grassa’ risata. Dicendo, sono qua. Ti prego ti prego ti prego dammi un pò di dolce. Ma in casa non ho niente. Dico. Ma di pronto, dico… ma magari qualcosa potrei inventarmi … dico. Ma a mezzanotte? E quando urla l’emergenza, Anna risponde. Tanto non dormo lo stesso.

Allora mi alzo dal divano, apro tutte le persiane. Per fortuna l’aria si è rinfrescata. Vedo cosa posso inventarmi con quel che c’è. Apro il libro ma dovrò fare una modifica sostanziosa alla ricetta. E parto.

E che ci vuole?

E così mezz’ora dopo sulla tavola ci sono ben 7 muffin al cioccolato fondente caldi e fumanti di cui….. ne assaggerò solo metà, (la metà di uno eh!) rimandando a domani il resto. Prometto che mangio l’altra metà a colazione, 5 li regalo e ne conservo uno solo per un altro momento di follia.

Mi sento già meglio.

Scusate le foto, ma a quest’ora come volete che vengano, senza sole, con il cellulare e con la mano che trema per la debolezza?

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Muffin della mezzanotte

- 150 g di farina per dolci

- 15 g di cacao amaro

- mezza bustina di lievito per dolci

- 80 g di zucchero di canna

- 35 g di olio extravergne di oliva, o di burro o di margarina o di olio di semi di arachidi

- un uovo

- 160 g di yogurt bianco

mescolare prima tutti gli ingredienti solidi e poi aggiungere tutti gli ingredienti liquidi mescolati tra loro.

Riempire per 2/3 7 pirottini e infornare a 200° per circa 20 minuti, fino a quando saranno ben gonfi.

Buonanotte.

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28 dicembre 2014

Il tempo e il piatto della nostalgia: Pennette al salmone e uova di aringa

 

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(Ascoltate con me mentre leggete… cliccate QUI)

Tempo lento, tempo per rilassare i muscoli e la testa, tempo dopo la corsa, tempo per riprendere respiro e ricominciare a correre. Ma più che a correre a riorganizzare la visione del mio futuro. E’ proprio vero che chi non riesce a trovarsi a suo agio nelle regole prestabilite vive alla continua ricerca del puzzle dove incastrare il proprio pezzo che sembra non voler, dover, combaciare mai con niente.

Quella sensazione di disagio che proviamo quando siamo in un posto, o in mezzo ad alcune persone. Quella certezza che stai continuando a parlare a te stesso o con te stesso in silenzio, anche se intorno c’è rumore o gente che parla, o amici o parenti che brindano con te e mangiano alla tua stessa tavola….  Quella nostalgia di un posto che vorresti vedere, o di un tempo che è passato e non ci sarà più. Quello sfasamento spaziotemporale che ti fa sentire sempre come su una sedia con una gamba più corta, che traballa e non ti fa rilassare.

Che significa tutto questo?

Che siamo sempre alla ricerca di un qualcosa che manco noi sappiamo, ma che ci sfugge, perchè si trasforma di continuo.

E lo cerchiamo nei libri, su uno spazio virtuale, negli occhi della gente che incontri, dentro lo schermo di una notte buia dove finalmente vedi i tuoi pensieri, ma che scompaiono con la luce del giorno. Ripensiamo alle scelte, alle rinunce, alle decisioni prese. Alle gioie che sono arrivate ma anche alle delusioni inaspettate. E immaginiamo l’effetto ‘sliding door’ che si trasforma sempre in un gioco, in una nuova storia, di cui non riesci mai a decidere la fine. E alla fine decidi che non c’è posto per i ripensamenti, ma per le nuove decisioni. La vita scorre, corre…. e sono tante le cose che hai sempre desiderato.

Ogni anno che inizia è colmo di buoni propositi. E di spirito volitivo e positivo. Il salto è vicino.

Ma per ri-cominciare a volare la prima cosa da fare è lasciare le nostalgie e le paure del passato. Sono solo zavorre per il nostro cuore.

E mettere avanti il piede per fare il primo passo….

Però oggi mi concedo ancora qualche vecchia foto e una ricetta datata ma sempre buona.

E oggi va così… viviamocela tutta questa nostalgia e poi basta.

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Pennette al salmone e uova di aringa

(per due persone)

- due fette di salmone affumicato

- 200 g di pennette lisce

- due cucchiaini abbondanti di uova di aringa

- una cipolla

- tre cucchiai di olio extravergine di oliva

- una noce di burro

- 50 ml di latte

- pepe nero

- prezzemolo

- buccia grattugiata di mezzo limone

Cuocere la pasta in abbondante acqua bollente salata.

In una padella far appassire la cipolla sminuzzata nel burro e nell’olio. Aggiungere il salmone tagliato a fettine e farlo cuocere lentamente. Aggiungere il latte e le uova di aringa. Far ridurre il latte fino a formare una cremina morbida. Grattugiare la scorza di limone e amalgamare. Scolare la pasta e versarla nella padella del salmone. Amalgamare il tutto e servire caldo con pepe nero macinato al momento e prezzemolo tritato.

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21 ottobre 2014

Vellutata di zucca con riso selvaggio e porri croccanti

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E poi ci son mattine in cui resti seduta e immobile ad aspettare che il rumore del caffè che esce dalla macchinetta sia finito. E aspetti ancora un pò, perchè vuoi che finisca del tutto. Stancamente ti alzi e ti prepari la colazione fatta solo di caffè e zucchero, tanto e caldo, anzi bollente. Ti risiedi e ti sforzi di fare il punto di questa situazione.

Quale? la tua. E senti che ti devi mettere di fronte al problema da affrontare, che è la causa di tanti altri problemi,  alla cosa di cui senti di più la mancanza. Il tempo. Benedetto tempo che ci è sempre donato, maledetto tempo che però ci sfugge ridendo di noi. Appena svegli la mattina pensiamo di averne almeno per 16 ore, tutte da riempire, da dividere per colori, nero per quello che devi fare, grigio per le cose tristi, turchese per i sogni, rosso per l’amore, giallo per quando devi correre, smeraldo per quello che ti piace fare, verde per riposare. E così, a seconda di quello che riuscirai a fare sul tuo calendario dell’anima si coloreranno le giornate. Ci saranno quelle nere, quelle grigie, quelle arcobaleno, in cui ti sentirai brava perchè sarai stata capace di fare tutto e così via. Mi piacerebbe poterne creare uno, da riempire, come un diario, giorno per giorno, verso sera, prima di andare a dormire, per poi vedere e capire con un solo sguardo di che colore è la vita mia.

E’ così grande il dono del tempo che ci è dato e per chi ha un animo inquieto e curioso, non è mai abbastanza. Io cerco di svegliarmi presto per poter iniziare con qualcosa di bello, facendo colazione, scrivendo o leggendo, da sempre è così. E questo mi fa sentire bene per affrontare l’incognita della giornata. Ma appena comincio a muovermi le ore mi sfuggono dalle dita. Forse il mio ritmo interiore che vorrebbe fare mille e mille cose, non combacia più con quello fisico, che richiede arrendevolezza e calma. Non è più il tempo dei tre piani saliti di corsa, o delle notti passate a parlare fino all’alba, o delle giornate passate a correre e a sollevare pesi di ogni tipo. Ora è il tempo in cui le scale le salgo per allenare il fiato, ma non di corsa, ancora con una certa sfrontatezza si, ma non di corsa. Le mie chiacchiere serali, sfumano nel sonno verso l’una, e mi ritrovo ad aver abbandonato involontariamente la compagnia, scivolando nel sonno, parlando. E le mie giornata sono si sempre piene, ma ogni tanto mi devo fermare per poi riprendere. E intanto non sono solo le ore a sfuggirmi di mano, ma anche i giorni. Ti ritrovi che i figli sono cresciuti e andati via, hai finito di pagare il mutuo che, al momento in cui hai iniziato, pensavi non sarebbe finito mai, mentre la casa e il fisico hanno già qualche ritocco da fare……

Suona il cellulare. E’ mio figlio che mi chiama per darmi il buongiorno. E si parla del ‘cosa fai oggi?’, e giù un elenco allegro di racconti di ieri, che continueranno nell’oggi. E ti accorgi che ieri hai fatto tanto e oggi ti proponi di farne altrettanto. Ma non solo faccende domestiche banali, ma incontri con gente per lavoro, per insegnare a qualcuno ad aprire e gestire un blog, per progettare corsi per gli stranieri che vogliono imparare da me a cucinare pugliese, e poi fare il biglietto per andare in Germania a preparare dolci pugliesi, ecc…. e poi racconti che la nonna si è iscritta ai corsi di informatica (per imparare a leggere il blog da sola), al corso di ginnastica e ha fatto l’abbonamento al cinema….  E rido con lui quando dice ‘ho una famiglia meravigliosa, piena di persone speciali’. E apro gli occhi, quasi mi risveglio.

E li capisco che non è vero che il ritmo è lento. E’ tempo di accompagnare ancora i figli, che in realtà non sono andati via per sempre, ma solo per il momento e ancora torneranno, ricchi di esperienze fantastiche da raccontaci. Di mutuo quasi quasi ne apriremo un altro, per garantirci tanto tempo ancora per poterlo pagare. Una volta mia madre, vedendo la malinconia di chi compiva cinquant’anni, malinconia per il tempo che stava passando, disse ‘ ah figli miei se avessi io cinquant’anni, sai quanti mutui aprirei?’. E li capisci che non devi guardare il tempo che ormai è passato, ma quello che, speri, hai davanti a te. E cominci a piluccarlo con piacere, giorno per giorno. Ora per ora.

E sei grata anche per il  saper vedere ovunque i colori. Anche nelle cose che ti prepari per spennellare di giallo ocra, con una semplice zucca, l’ora del tuo pranzo.

Vi insegno a dipingere il vostro pranzo di oggi allora. Buona giornata a voi.

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Vellutata di zucca con riso selvaggio e porri croccanti

- 300 g di zucca già pulita

- una patata grossa

- un porro

- cinque cucchiai di olio extravergine di oliva

- due pugni di riso selvaggio

 

Sbucciare le patate e tagliarle a cubetti.

Tagliare a cubetti anche la zucca.

Eliminare le foglie esterne del porro e tagliare a rondelle il porro fino alla parte verde.

IN una pentola versare tre cucchiai di olio, i cubetti di patate e di zucca, le rondelle chiare del porro e far rosolare.

Coprire di acqua, salare e portare a cottura a fuoco medio per circa venti minuti.

Lessare nel frattempo il riso selvaggio, scolarlo.

In una padella versare gli altri due cucchiai di olio e far rosolare a fuoco vivace le rondelle verdi di porro. Tenerle in caldo.

Appena patate zucca e porri saranno cotte, spegnere e frullarle con un frullatore a immersione. A piacere si può aggiungere anche qualche cucchiaio di panna per dare un tocco più morbido.

Assemblare il piatto versando in una ciotola un mestolo di vellutata, una manciata di riso e decorare con i porri verdi croccanti.

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15 gennaio 2013

Crostata del Sole, con mele, arance e limoni

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Ho sognato di danzare. I sogni hanno il potere di influenzare le ore buie della notte e il battito del tuo cuore. Come pure il risveglio del mattino per iniziare la giornata. E l’umore che ti porterai appresso per le ore che verranno. C’è chi dice che sono l’estensione di quello che abbiamo dentro. C’è chi crede nel loro potere premonitore. C’è chi li considera uno spazio ignoto in cui possono incrociarsi dimensioni diverse a noi sconosciute.  Io credo che invece li confluiscano i nostri desideri e i nostri timori. E’ uno spazio profondo che viene a galla quando le zavorre della ragione e del buon senso vengono mollati, al buio.

Ed è così che c’è stato un tempo in cui sognavo di essere in bilico su un grande muro dello spessore di un mattone solo, altissimo, che si ergeva da un mare nero in tempesta. E poi un altro tempo in cui sognavo di nuotare in un mare sereno  limpido e azzurro dal quale spuntava la punta di un campanile di un paese sommerso, come favola. E poi sogni in cui prendevo la rincorsa e imparavo a volare. E planavo e planavo sulle colline della mia terra, e se mi avvicinavo alla terra, bastava ridarmi una piccola spinta per tornare a volare. Non son mancati i sogni bui dove serpi e cani e uomini cattivi minacciavano i miei figli. E nemmeno son mancate le notti senza sogni, dove avevo l’impressione di non essermi mai addormentata e mi rialzavo stanca.

Ma poi arriva il momento in cui vorresti danzare di giorno e almeno di notte, nei tuoi sogni riesci a farlo. E nel sogno stesso chiudi ancora gli occhi per sentire meglio la musica e ti abbandoni ad essa. E cominci a muoverti, leggera e segui tutti i movimenti che senti dentro. E volteggi, e salti e spicchi il volo, e ti scuoti, e ti fermi, per poi ricominciare. Poi all’improvviso la musica smette, avverti una luce che ti chiama e piombi pesantemente nella realtà di un nuovo giorno che comincia.

Vorrei ritrovare la stessa musica e la stessa leggerezza dei miei sogni, nelle ore del giorno.

Cominciamo con questo giorno allora.

Per ora vi regalo una ricetta che sa di sole e così l’ho chiamata. Provatela… regala emozioni.

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Crostata del sole (mele, limoni e arance)

(x la frolla)

- 350 g di farina

- 120 di zucchero

- 120 di burro

- 2 uova

- un pizzico di sale

- mezza bustina di lievito per dolci

(x la farcitura)

- due mele

- due arance rigorosamente biologiche

- un limone grande rigorosamente biologico

- zucchero (un quarto del peso della frutta)

- mezzo bicchiere d’acqua

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Amalgamare tutti gli ingredienti della frolla, formare una palla e metterla in frigo per almeno mezz’ora.

Sbucciare le mele e tagliarle a pezzi. Lavare le arance e il limone e tagliarli a fettine con tutta la buccia e aggiungerli alle mele. Aggiungere lo zucchero (un quarto del peso della frutta), il mezzo bicchiere d’acqua e metterli sul fuoco medio. Se si forma la schiuma eliminarla. Far cuocere finchè si consuma tutta l’acqua e rimane una poltiglia dorata e densa.

Stendere metà della frolla in una teglia per crostate, imburrata e infarinata. Distribuire il composto di frutta. Con l’altra metà della frolla formare una grata a proprio piacimento (io uso una griglia, ma quella fatta a mano è uguale).

Infornare a 180° fino a doratura.

Spolverizzate a piacere con zucchero a velo.

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27 gennaio 2011

Vellutata di patate e crema di tartufo bianco con crostone ai porcini

Stasera sono rimasta al buio.
Fuori pioveva e all'improvviso solo la luce dello schermo del portatile, aiutato dalla batteria, ha illuminato la stanza. Silenzio tutto intorno. Il modem si è messo a riposo totale e ha lasciato solo apparentemente le pagine aperte con l'illusione di avere una finestra sul mondo.
Ho guardato fuori dal balcone e ho visto il buio. Nemmeno una automobile che passava, nessuna luce nemmeno di candele, nelle case. E tutto intorno il buio pesto di una sera senza luna e con nubi che fanno da coperta.
E mi son ritrovata in compagnia solo dei pensieri.
Il buio aiuta a vedere più chiaramente quello che hai dentro. Non ti fa trastullare con i fronzoli delle cose inutili. Va dritto al sodo di quello che è importante per te. E sei costretta a fermarti per non inciampare perchè gli spazi si rimpiccioliscono, e aspetti.
E pensi.
Io chiudo gli occhi quando assaporo qualcosa, per concentrarmi meglio sui sapori e distinguerli nella mente, senza l'interferenza delle cose che vedo, che comunque richiedono attenzione.
E chiudo gli occhi quando ballo, per farmi guidare e rassegnare le armi.
E chiudo gli occhi quando attraverso di notte la casa per muovermi in un luogo che conosco.
E quando accarezzo il viso dei miei figli per imprimere nella mia mente quella sensazione.
E quando penso intensamente a qualcosa, o quando ricordo.
Quando immagino qualcosa che se è bello mi fa sorridere, ma se è  brutto mi fa trasalire.
E ricordo un percorso fatto con dei ragazzi non vedenti, all'interno di un tunnel buio pieno di cose da riconoscere al tatto, all'olfatto, al gusto, e di luoghi da intuire all'udito. E ricordo la sensazione più forte e intensa di quando, avendo perso l'orientamento, fui afferrata dalla mano della guida. E fu una stretta di mano diversa da quelle che facciamo distrattamente quando conosciamo una persona. Quello è un gesto meccanico, privo di significato, tuttalpiù noti solo se è una stretta moscia o energica e ti fai un'idea della persona che ti sta di fronte. Invece una stretta di mano al buio significa aiuto, guida, 'sono qui', 'non temere', e tanto altro.
E credo che la prossima esperienza che farò sarà una cena al buio totale dove benderò i miei commensali e li sfiderò a provare le emozioni che verranno fuori dai sapori che avrò preparato per loro.
Nell'ultimo viaggio a Roma, ho assaggiato il piatto che qui propongo, che credo di aver riprodotto quasi fedelmente, che mi ha regalato ... stupore. Era quasi una carezza, calda, profumata, ma di sapori anche energici e passionali. Provare per credere.


Vellutata di patate e crema di tartufo bianco con crostone ai porcini
(dose per 2 persone)
- 3 patate medie
- 1 scalogno
- 1 broccolo o 1 foglia di cavolo verza
- brodo vegetale
- 2 funghi porcini medi
- crema o olio al tartufo bianco
- olio extravergine di oliva
- 2 fette di pane da tostare

In un tegame portare ad ebollizione dell'acqua (poca) per far cuocere il broccolo (o la foglia di cavolo verza) e lessarlo.
Sbucciare le patate, tagliarle a tocchetti e metterle a rosolare in un tegame con un filo di olio extravergine di oliva e lo scalogno. Aggiungere un pò di brodo vegetale e un pò di acqua di cottura del broccolo e magari anche il torsolo (non il broccolo, perchè darebbe un colore verde).
Portare a cottura aggiustando di sale.
Far rosolare in un filo di olio i porcini tagliati a pezzi.
Tostare il pane e contemporaneamente frullare le patate con il brodo di cottura e un pò di crema di tartufo (o di olio al tartufo).
Versare la vellutata nel piatto di portata e guarnire con il crostone di pane con i porcini.
Servire bollente.
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