30 aprile 2020

Risotto primavera (piselli, asparagi, gamberi e timo)


Nella mia mente avvengono strani miracoli.
Se accosto i sapori di alcuni ingredienti riesco a 'cuocere ed amalgamare' fino a raggiungere il gusto finale.
Cioè so che sapore avrà quel piatto.
Oggi sono partita dal contrario.
Volevo un piatto con un sapore particolare che sapevo solo io.
E così ho preso gli ingredienti e tadaaaaaaa ci sono riuscita.

Volevo la primavera, volevo la libertà di una giornata in campagna che profuma di vento e erbe appena tagliate, volevo l'illusione di una gita sugli scogli o in barca a vela in Grecia, volevo un risotto.
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21 aprile 2016

Polpo, vellutata di fave e fiori

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La primavera è la stagione che mi sconvolge più di tutte. Porta nuova energia e voglia di fare tante cose. Mi mette addosso la voglia di viaggiare, di organizzare incontri, di pulire e spazzare via il grigiume, con l’uscita del primo sole. E così mi ritrovo contemporaneamente tra una valigia da preparare per una meta lontana, il trullo da sistemare per i futuri incontri, i fiori da mettere in vaso, una passeggiata al mercato e un’altra al mare. Insomma un’attività frenetica e frizzante. La mia vita è così. Ma tutto questo fuggi fuggi si placa quando mi ritrovo ad organizzare un pranzo con i miei amici. Questo poi è un periodo pieno di buone intenzioni di dieta prima della prova costume, quindi tutti attenti a quello che si mangia. ‘Ti prego qualcosa di leggero, magari un piatto unico, profumato, niente carne eh? Dai, così stiamo insieme ma non ci appesantiamo’. E così mi ritrovo ad inventare piatti nuovi che rispettino tutte queste esigenze. Ma immaginate di essere con me, al mio trullo… in una giornata di aprile, con l’aria tiepida, silenzio tutto intorno… anzi no, solo il canto degli uccelli che si danno un gran da fare da un albero all’altro, il fruscio degli ulivi, il vento tra gli alberi, i petali dei miei ciliegi in fiore che volano come neve al sole. Una passeggiata fino all’orto dove raccolgo le mie erbe e i fiori di questa primavera. Metto tutto sulla mia tavola, fuori al sole. Anche la mia piccola cucina da viaggio. E al tepore che mi accarezza, comincio a lavare i fiori della borragine, quelli dell’albero di giuda, seleziono le barbe dai finocchi, mentre lentamente cuociono sul fornello le fave. Ormai questo piatto tipico della mia terra, è diventato indispensabile in molte delle mie preparazioni. Si può abbinare in tutte le stagioni a tanti altri ingredienti.  Olio, poco, ma buono. Tutto abbinato in leggerezza e sapore. E così con questo ritmo lento, aspetto i miei amici. Fra un pò arriveranno e voglio vedere la faccia che faranno ….

Intanto ho creato una playlist su Spotify per ascoltare la musica che mi piace mentre cucino e anche come sottofondo mentre chiacchiero con i miei amici.

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Polpo, vellutata di fave e fiori

(per quattro persone)

- due polpi medi

- 400 g di fave secche

- una patata

- 100 g di piselli

- barba di finocchio

- fiori eduli (di borragine, fiori dell’albero di giuda, ecc…)

- Olio extravergine di oliva Sagra

- sale e pepe bianco

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Mettere in ammollo le fave dalla sera precedente alla preparazione.

Sbucciare la patata e tagliarla a fette. In una legumiera sistemare le fave lavate in acqua fredda e le patate. Salare e coprire d’acqua. Metterle a cuocere su un fornello medio. Eliminare la schiuma che si formerà e proseguire per almeno un’ora, o fino a quando, assaggiando le fave si sfalderanno in bocca.

Nel frattempo portare ad ebollizione una pentola d’acqua. Versare i piselli e farli bollire per circa 10 minuti. Toglierli dall’acqua con una schiumarola e metterli da parte. Immergere nella stessa acqua il polpo e farlo cuocere per circa mezz’ora.

Sciacquare i fiori e le barbe di finocchio in un pò d’acqua, facendo attenzione a non rovinarli.

Con un minipimer o uno sbattitore elettrico, ricavare un purè con le fave a cui avrete aggiunto un paio di cucchiai di olio extravergine di oliva.

Tagliare a pezzi il polpo e aggiungerli al piatto dove avete conservato i piselli. Aggiustate di sale, pepe bianco e aggiungete un filo d’olio.

Impiattare come segue:

Versare un mestolo di purè caldo di fave, disporre il polpo, i piselli, i fiori e le barbe di finocchio come più vi piace. Con un cucchiaino fate cadere tantegocce di olio nel piatto.

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Questa ricetta l'ho realizzata in collaborazione con Sagra in un progetto che coinvolgerà 14 blogger + me con altrettante ricette sfiziose - seguite l'hashtag #atavolaconamore

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8 aprile 2016

La vignarola

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Non rimanendo fermi in un luogo, ma muovendosi, in lungo e in largo, si incontrano cose nuove. Gente con occhi e facce e lingue diverse, abitudini nel vestire e consuetudini nel mangiare differenti e perfino luci più o meno luminose a seconda delle tante variabili della latitudine, dello smog, delle ore in cui puoi andarci per visitarle ecc… E tutto, sempre, è cosa nuova, e tutto, sempre, è qualcosa da conoscere e da cui imparare.

Io non so stare ferma sempre in un posto. Magari mi allontano temporaneamente sicura di poter tornare indietro, come un elastico. Ma devo allontanarmi. Alla ricerca, per raccogliere, nuove esperienze e nuove persone da conoscere come mondi nuovi. Prendo la rincorsa, vado, ci resto finchè sento che la tensione si affievolisce e… boooiiinnng…. l’elastico mi riporta a casa. Questo significa che non volerò mai via per sempre da quella che considero casa mia.

Ma significa anche che conoscerò sempre tante cose nuove perchè la casa prima o poi, mi viene sempre a noia.

Nella mia vita romana ho potuto riabbracciare e frequentare un pò di più vari amici, ne sono arrivati di nuovi e con loro ho fatto cose molto belle. Bellissime le giornate fredde o tiepide, trascorse davanti un cappuccino ad un bar all’aperto, a parlar di progetti realizzati o ancora da realizzare, di idee di scarpette tenere per bambini divenute un vero lavoro, di progetti di cornetterie buone che stanno per realizzarsi, di corsi di fotografia per insegnare a far desiderare il cibo, così come lo desideriamo noi blogger, di corsi di cucina per chi vuole imparare a mangiare italiano, cene social da organizzare …. ecc…

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Poi è arrivato anche un corso di ceramica, dove ho imparato a creare qualcosa di mio, qualche piatto, bicchieri colorati, di cui vi parlerò in seguito… e dove ho anche conosciuto nuovi amici.

Ieri sera alla fine della lezione son partiti i selfie, per immortalare un luogo e un gruppo, chiamato ‘la compagnia delle ciotole’ e, al momento di inviare le foto chiedo a tutti num di cellulare e nome. Una delle nostre compagne di corso di dice ‘Vannella’, io la guardo un pò così e le chiedo ‘di nome o di cognome?’… E lei ‘E si, di nome, lo so che è un pò strano, ma sai io vengo da un posto dove tutti gli abitanti hanno un nome strano….’. E così ci fermiamo tutti e comincia il suo racconto, sempre accarezzando il pezzo di creta che stava lavorando.

La sua è una voce di maestra, che racconta con parole semplici, ben scandite e con un tono che attira l’attenzione e con un sorriso che dissimula anche una certa timidezza:

‘…sai nel mio paese, un paesino delle Marche, piccolo, con nemmeno 1000 anime, quasi tutti gli abitanti hanno dei nomi strani. Non si sa perchè, o forse loro si, lo sanno, ma io non saprei dirlo, ma si chiamano con nomi mai sentiti prima e in nessun altro luogo. E così so di un’Imelda che ha sposato un Raoul, di donna Olmede, di Abdenago detto Becky, di zia Amelide, di zia Velleda e zio Godardo. Ma un nome e una persona che ricordo in maniera particolare è il signor Vasindone. E si, perchè era un signore anziano che passeggiava su e giù per le stradine del paese e che tutti conoscevamo. Un bel giorno, anzi un brutto giorno il sig. Vasindone mori e chiaramente nel paese lo seppero tutti poichè era così piccolo che nulla poteva passare inosservato. Però sui muri del paese comparve un manifesto bordato a lutto con un nome a noi sconosciuto. Annunciava la morte di tal ‘Francesco’, nome anonimo di persona quindi non nota che stupi non poco. E come? Due morti in un sol giorno e nessuno che conoscesse il povero Francesco? Due giorni di interrogativi dovettero passare prima di venire a conoscenza del fatto che tal Francesco altri non era che il nostro caro Vasindone stesso che, tempo addietro era emigrato in America e precisamente a Washington, cosa che al suo ritorno gli era ‘costato’ il nomignolo di ‘Vasindon’, da cui il mitico nome Vasindone.’

Da questo punto del racconto, non è stato più possibile proseguire la storia, perchè eravamo stesi su sgabelli e tavolacci per le risate, con le mani sporche di creta sulla pancia. Abbiamo rimandato alla prossima puntata altre storie, vuoi perchè la ‘cantastorie’ sa incantare, ma anche perchè siamo sicuri che di storie ne conoscerà tante ancora. E ve le racconteremo… alla prossima lezione.

Vedete dunque che ricchezza incredibile la conoscenza di nuove persone e nuove storie?

Ma visto che siamo qui su un blog di cucina, parlerò anche di una scoperta di un piatto tipico romano. La vignarola. Un piatto semivegetariano (nel senso che è composto quasi tutto di verdure e poca pancetta che, volendo si può omettere, ma se la mettete è più buona, credetemi). Passeggiando nei fantastici mercati romani si scoprono nuove verdure e nuove combinazioni. E i ‘vignaroli’ come qui sono chiamati i nostri ‘ortolani’, mi hanno parlato di questa ricetta che porta il loro nome. E che oggi vi propongo. Aspetto i vostri commenti.

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La vignarola

(per 4 persone)

- 4 carciofi grossi

- 5/6 cipollotti freschi

- una fetta di pancetta tesa

- 400 g di piselli sgusciati

- 400 g di fave fresche sgusciate

- una grossa lattuga romanesca (vedere foto)

- olio extravergine di oliva (secondo la propria dieta)

Pulire i carciofi e tagliarli a spicchi. lavarli in acqua acidulata con limone.

Lavare la lattuga e tagliarla a pezzi grossi.

Lavare sia le fave che i piselli freschi.

Tagliare i cipollotti e farli appassire a fuoco dolcissimo in una casseruola con l’olio e la pancetta tagliata a listarelle. Aggiungere prima i carciofi e farli insaporire un pò. Poi in sequenza aggiungere le fave, i piselli e alla fine la lattuga. Aggiustare di sale. Far insaporire e poi portare a cottura aggiungendo qualche mestolo di acqua calda. Servire calda con pane tostato.

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23 marzo 2014

Il tempo regalato (riso, carciofi e piselli alle erbe)

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Oggi sono sola. E lo sarò anche domani. Un sabato e una domenica da inventarsi, di cui approfittare, da riempire di cose o da svuotare di pensieri.

Premesso che io non amo molto la solitudine. Mi intristisce e mi fa sentire abbandonata, come quando hai quella famosa sindrome del ‘nessuno mi vuole bene’. Però ho notato che facendo appello a tutto l’ottimismo di cui sono capace, mi fa sentire a volte come chi ha trovato una borsa piena di tanti soldi e non riesce a decidere come e se spenderli. e comincia a fare mille progetti che affollano la mente.

E così il tempo ‘regalato’ lo si può riempire di tutto o di niente.

I panni da stirare possono aspettare? le ricette da consegnare posso mandarle domani? posso evitare per un giorno di cucinare? posso mangiare quando voglio e cosa voglio io?

Se il tempo è brutto e freddo, la risposta è si. Un bagno caldo e profumato. Poi prendi quella coperta lilla morbida, il libro, thè sul tavolino, sacchetto di riso e lavanda riscaldato. Ti piazzi sul divano e leggi.

Se fuori c’è il sole, la risposta a tutte queste domande è … sempre si. E decidi di andare a camminare al mare, anche se non fa ancora caldo. Porti con te un’amica, una bottiglietta d’acqua fresca, un pezzo di pane alle noci, un maglione. Ti metti abiti leggeri e comodi. E vai. Tanto al ritorno hai ancora un pò di piselli e cipolla pronti. Anzi, hai anche dei carciofi saltati in padella di ieri sera. Poi si pensa.

E cammini, e respiri, e ti riempi d’aria pulita dal profumo di estate e vacanze. E ti senti fortunata che in venti minuti sei già in questo posto di favola con l’acqua limpida e immobile, con il suo rumore che gli altri ci pagano le app zen per sentirle. E poi al mare chi ci va in questi giorni? nessuno. E il mare e la spiaggia son tutti per te. Anche sulla sabbia non ci sono orme. E ti organizzi la camminata di un pò di chilometri, e decidi di farla in silenzio. E decidi di pensare solo al qui e ora. Lasci fuori da questo momento le angosce che ti porti dentro. E se si affacciano i pensieri, non li fai entrare. Ecco.

E tutto questo funziona.

Se non hai a portata di mano il mare anche la campagna va benissimo.

E poi quando torni a casa, in un attimo, decidi che hai fame e vuoi farti le coccole.

Lessi un pò di riso a chicchi grossi. Lo scoli al dente, lasciandogli un pò di acqua. Lo metti in una padella larga dove hai già messo a scaldare i carciofi e i piselli together. Li mescoli insieme, in un abbraccio che sa di buono. Ancora un filo d’olio. Prezzemolo e altre erbe che hai a portata di mano. Tutte rigorosamente fresche. Una nuvola di parmigiano. E quando ti servi da sola, sembra che ti sia regalata una carezza e un abbraccio. Mi voglio bene.

Fatelo anche voi. E poi ditemi se questo non è una forma bellissima di amore.

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