30 marzo 2016

Pasquetta al mare

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Erano giorni che guardavamo di continuo le previsioni del tempo. Quella benedetta goccia di pioggia prevista dalle 13 alle 18 ci stava fregando ed eravamo li li per desistere e cancellare tutti i piani per un’uscita all’aria aperta. Però io ho cominciato a fare la prepotente con il meteo e mi sono convinta che quella goccia non l’avrebbe spuntata. Confidavo nel repentino cambiamento di ‘umore’ del tempo anche in positivo. Infatti non era la prima volta che le previsioni ‘portavano pioggia’ per poi stupirci con un sole caldo. Ho sempre pensato che dietro questi meteo si nasconda un sadico che si diverte a predire il peggio per non far organizzare niente alla gente. Forse un uomo solo che invidia gli altri che hanno amici e voglia di uscire.

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Due giorni prima mando un messaggio ai miei amici che dice ‘Programma per Pasquetta: nel cesto da picnic metteremo  fritta di asparagi, pizza di carne, ratatouille di verdure colorate, orecchiette con funghi, salsiccia e gnumeredd con fornacella, verdure crude, ciucciarelli, pastiera, rum, passito e macchinetta per il caffè. Interessa? ah! portiamo anche la chitarra.’-

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E così con timoroso entusiasmo (per il tempo incerto e per la paura di scoppiare dopo la maratona di Pasqua) hanno aderito 4 amici. Caricato il cesto, i viveri ancora caldi, il tavolino, altri due sgabelli, la fornacella, i carboni, la tenda parasole per ripararci in caso di pioggia, la chitarra e il fornelletto per il caffè, siamo partiti. Abbiamo scelto un pezzo di mare di cristallo, una piscina naturale, con venticello frizzante annesso, passeggiata su scogli profumati, ancora non occupato da altri vacanzieri. E dalle 13 alle 18 non ci siamo mossi. Abbiamo vissuto il primo giorno di primavera, con la spensieratezza di bambini che giocano con i racchettoni e fanno volare l’aquilone, che mangiano dimenticando ancora per un giorno la dieta, che cantano per la milionesima volta sempre le stesse canzoni, e brindano felici per una leggera sensazione di libertà. Pura e semplice come quando eravamo bambini e ci portavano il primo giorno di tepore, sulla spiaggia a giocare. E già con quei pochi raggi di sole riuscivi ad assaporare l’emozione dell’estate che è più vicina dell’inverno ormai alle spalle.

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Abbiamo vissuto una bellissima giornata ridendo e dimenticando le ansie e i pensieri, seguendo il ritmo dell’acqua trasparente sulla spiaggia, respirando l’aria di una promessa che verrà. E che avrà il sapore dei panzerotti sugli scogli, delle notti di luna piena sulla spiaggia, degli spritz al volo seguiti dagli spaghetti con le cozze. E del caldo sulla pelle e delle albe attese in campagna. Della compagnia e dei pensieri cacciati via, per godere del momento. Che tanto quello solo è sicuro ed è meglio fermarlo quando puoi. E siamo già in attesa della bella stagione. 

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18 marzo 2016

Plum cake ROCK al limone

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Alle 16 ho un appuntamento. Il cielo si sta oscurando velocemente e non promette niente di buono. Ieri ho mandato un messaggio ad un mio amico col quale abbiamo lavorato insieme tempo fa, divertendomi moltissimo. Da quando sono a Roma mi è venuta la fissa di scrivere in romano. Mi fa sentire, come dire, a casa in un posto che non è casa mia. Non ho radici qui. Solo qualche radichetta che ho piantato da quando avevo 10 anni, venendo almeno una volta l’anno qui. Ed è per questo che ho accettato di venirci a vivere. Non per sempre. A spizzichi e bocconi. Due/tre settimane qui e una giù. Giusto il tempo di essere contenta di stare in un posto e poi stancarmi. Cambiare posto ed essere sempre felice di tornare nell’altro.

Dicevo, gli ho mandato un messaggio per ricordargli un invito a pranzo per parlare di lavoro. Ammazzandoci dalle risate per il mio romano abbiamo deciso, no pranzo, si caffè e vengo con un amico. L’amico lo conoscevo già, grande musicista, che fa la musica che piace a me, rock, forte, bella, ma con contenuti veri, di quelli che ti fanno pensare. Tanto lo sanno tutti quelli che mi conoscono che sotto l’aspetto angelico e solare, si nasconde in me un cuore metal, dark, che scoppia di musica dura ad alto volume. Si vabbè direte…. ma non lo dite, perchè è vero.

Mi dico, solo il caffè davvero gli faccio trovare? no, tanto che ci vuole? cinque minuti impasto un dolce, sperando che venga bene, così parliamo, beviamo il caffè caldo, un pezzo di dolce bello caldo…. E così mentre penso il dolce è già nel forno. Senza bilancia, misurato con i bicchieri, al volo, un plum cake, così me lo ritrovo anche per domani mattina per colazione.

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Alle 16 puntuali come un orologio che va bene, suona il citofono. Fuori il cielo è sempre più nero. Minaccia. Arrivano i miei amici e come nel detto ‘ora devi far piovere’, che si dice quando si fa una cosa desiderata da tempo che poi si riesce a realizzare, comincia a grandinare. Un segno del destino.

Appena entrati, ci salutiamo e assisto alla loro reazione. Nasi che annusano l’aria, capiscono quello che succede nel forno, sorrisi che si allargano e occhi che diventano sognanti. E la felicità is in the air. E comincia così un pomeriggio di brain storming intenso che porterà sicuramente a progetti interessanti. D’altro canto se si mettono insieme ‘l’omo più importante der cinema’, il più tosto dei musicisti rock, e la blogger più casinista che c’è, non può venir fuori che qualcosa di forte. Ne vedremo delle belle.

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Intanto vi do la ricetta del plum cake che, per dovere di cronaca, è durato pochi minuti, e vi lascio in attesa dei nostri progetti….

YEEEAAAHHHHHH

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Plum cake al limone

- due bicchieri di farina 00 (1 bicchiere = 200 ml scarsi)

- mezzo bicchiere di amido di mais

- un bicchiere scarso di zucchero

- tre uova

- lievito per dolci

- un bicchiere scarso di latte

- due dita di olio di semi o burro sciolto o olio extravergie di oliva leggero

- la scorza grattugiata di due limoni biologici grandi

Mescolare prima gli ingredienti solidi e poi insieme tutti i liquidi.  Mescolare energicamente con la frusta ficnhè vedrete formarsi delle bolle in superficie, che fanno plop plop

Foderare di carta da forno bagnata uno stampo da plum cake. Versare l’impasto e infornare a 180° in forno già caldo. Aspettare circa 20/30 minuti e controllare ogni tanto con lo stuzzicadenti che ne esca asciutto.

Spolverizzare con abbondante zucchero a velo e  servire con una buona marmellata, di ciliege o di mirtilli o di arance…. come preferite.

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22 luglio 2015

Poesia di un tramonto d’estate

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Pensavo non esistessero più. Come le lucciole nelle fessure dei muretti a secco e come l’odore della pioggia sui ‘ristucci’ bruciati dopo la mietitura. Sensazioni che pensavo sarebbero rimaste impigliate nei miei ricordi di estati lontane e ormai perse per sempre.

Avevo dimenticato anche lo scorrere vero delle stagioni, quando la primavera era la primavera, tiepida e frizzante insieme. L’estate era l’estate, soffocante e umida, dove tutti si lamentavano del caldo e dormivano come potevano fuori sui balconi, direttamente sul pavimento reso fresco da un secchio d’acqua. Quando ti buttavi a terra solo col cuscino e mentre aspettavi di ritrovare il filo dei sogni, avevi l’orecchio che ascoltava il silenzio della notte e lo sguardo verso un cielo luminoso di stelle. E sapevi che sugli altri balconi c’era gente come te, silenziosi poeti che sapevano apprezzare e godere un momento di solitaria e pura magia. Erano quelle estati dove tutti cercavano refrigerio nelle angurie mangiate in villa, con scorze e semi lanciati perchè dopo la mezzanotte, chissà perchè, si tornava tutti bambini. E quelle notti calde quando non volevi mai tornare, tanto non avresti mai dormito, e rimanevi nel silenzio del paese a passeggiare con un amico accanto, parlando, fumando, e osservando il venditore di angurie che dormiva accanto alla montagna di frutti, con l’orecchio attento a chi tentava di fregargliene qualcuno. E c’era sempre qualcuno che ci provava, quasi sempre per scommessa.

L’estate. A giugno cominciava, a luglio esplodeva, carica di promesse per le ferie di agosto da aspettare, e chiassosa di parenti emigrati che tornavano ogni anno a godere della propria terra, trovandola sempre uguale, vantandosi superiori di quanto funzionavano le cose altrove e piangendo ogni volta, prima di andar via. Era l’estate dell’ozio lento, delle mattine e dei pomeriggi di noia,  dei sorbetti al limone in piazza e dei giochi per strada.

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E di quei pomeriggi in cui, finite le faccende di casa, e il papà era tornato con la voglia di fare una cosa pazza, diceva a mamma  ‘Prepara qualcosa che andiamo tutti a mare, a mangiare insieme sugli scogli’. E sorpresi, felici, isterici per questa pazza idea, ci si preparava impazienti di infilarsi in macchina. E le telefonate a parenti e amici…. ‘ehi noi stiamo andando a mare a mangiare sugli scogli, volete venire pur vù? scià vnìt scià’. E si partiva.

E si arrivava quando ancora c’era un’ora buona di luce. Ma di quella luce particolare dell’estate, quando l’aria si ferma, ti accarezza la pelle, il cielo passa dall’azzurro al rosa e poi al violetto, e piano ti accorgi che scompare l’orizzonte. Chi c’è si immerge lentamente, quasi ad assaporare quel momento regalato, piano, piano, e sospira godendo di quell’acqua che ti porta via tutta la stanchezza, i pensieri, l’angoscia del domani….

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E tu fotografavi quell’immagine dei bagnanti del tramonto,  bambini con le ultime energie che spruzzavano acqua o giocavano a far la balena arenata, senza più fiato per gridare. Gli anziani con le gambe magre e i costumi larghi e alti quanto un dolce vita che passeggiavano nell’acqua fino alle ginocchia, le donne che parlavano in acqua con i capelli raccolti con la pinza, gli uomini che si sfogavano nuotando fino al largo e magari cercando di prendere qualche riccio. Puro godimento, in tanti, a goder dell’ozio.

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Pensavo che non esistessero più, giornate come queste. E invece ieri, mi ha sorpreso trovare alla fine del giorno, gli stessi bambini, gli stessi anziani che guardavano il mare, le stesse donne stanche con le stesse pinze. E lo stesso silenzio della poesia di un tramonto d’estate.

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2 luglio 2015

Storia di caldo, di casa e di frisella

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Ero in autostrada e, sotto il sole cocente, tornavo a Roma. Avevo lasciato la mia Puglia e questa volta avevo anche sofferto perchè avevo lasciato alle spalle anche il mio mare azzurro e trasparente. Quello che piace a me, quasi fermo, con le correnti ghiacciate che ti sorprendono e ti fanno mancare il respiro, quando le incroci. Mi era venuta la nostalgia dell’emigrante e questa cosa non mi piaceva affatto. Intanto mi lasciavo incantare dal paesaggio che cambiava continuamente. Dalla paradossale leggerezza delle pale eoliche che indolenti ruotavano al vento, spingendole li in alto, disseminate qua e la su colline ben arate, ora verdi, fra un pò gialle e arse per il caldo. E ogni tanto mi godevo la vista di paesi arrampicati sul basse montagne, belli, ma belli davvero. E riflettevo ad ogni cartellone degli autogrill che diceva ‘Sei in un paese meraviglioso’, pensando che era vero. Ad ogni autogrill, come a voler sottolineare la diversità di ogni punto di questo nostro paese, accomunato solo da una bellezza struggente.

La costante del viaggio era stata quindi la malinconia. Per una campagna ed un mare lasciato (anche se per poco) alle spalle. Per una serie infinita di posti dove mi piacerebbe vivere. Per il caldo patito lungo la strada, che mi abbatteva non solo il fisico. Per un caldo che sicuramente avrei dovuto affrontare una volta a Roma, che mi avrebbe impedito di uscire di giorno. Per essere costretta a vivere come i vampiri che, alle prime luci dell’alba, cominciano a tremare per la paura.

Intanto il web mi accompagnava lungo la strada, con gli scambi sempre più frenetici sui social, dove si, è bello esserci, ma che da un pò di tempo cominciava a darmi l’impressione di una piazza troppo affollata dove tutti pur di far sentire la propria voce, gridano, sempre di più, e si spintonano, e alzano la mano, e si sforzano di ‘fare gli splendidi’, per farsi notare. E anche tutta questa energia altrui, mi stancava. Fisicamente proprio…. E cominciavo a riflettere sulla direzione che forse avrei dovuto prendere prima o poi…

Intanto mi arrivano messaggi degli amici in attesa del mio ritorno. Ma dove sei? Sei partita?  quando arrivi? Chiamami quando ci sei, perchè oggi ti porto a vedere un posto meraviglioso…. e così via.

E intanto sole e strada e caldo. E malinconia.

Finalmente la coda che chiudeva l’autostrada e precedeva la nuova frenesia delle strade di città, di chi tornava al lavoro, accellerando, rientrando nella normale sensazione ansiosa di essere in ritardo. E di chi invece affrontava con coraggio il traffico per andare nella propria direzione.

Scaricai le valige, sempre troppe per questi weekend veloci, con le solite cose terrone da mangiare, friselle, cocomeri, cacioricotta ecc…. per non spezzare il filo che mi tiene legata al ‘trullo’. Una specie di filo d’Arianna che ti garantisce di tornare alla libertà… ‘Che scema che sono’, penso ogni volta.

Entrai in una casa accaldata che mi aspettava pulita e al semibuio. Mi arrivò un messaggio impaziente di un’amica… ‘Allora?'. E la mia risposta fu…. ‘Finalmente sono a casa’.

E li mi sorpresi a pensare che era la prima volta che pronunciavo questa frase ‘Sono a casa’. E capii che finalmente qualcosa era scattato. Ero a casa mia. Un’altra, ancora, ma casa mia.

Ed una nuova sensazione si fece strada. Allora fuori le friselle per un pasto veloce che combatte il caldo e mi da energia. E poi via, in giro per la città, alla scoperta di questo posto meraviglioso.

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Frisella integrale con zucchine crude al limone, prosciutto crudo e cacioricotta

- una frisella integrale

- due fette di prosciutto crudo

- una zucchina freschissima e biologica

- cacioricotta da grattugiare (ricotta salata per i non pugliesi)

- sale grosso e fino

- limone

- olio extravergine di oliva

Lavare e spuntare la zucchina.

Con un pelapatate tagliare tanti ‘nastri’ di zucchina che metterete in una ciotola capiente senza schiacciarli.

Cospargete una manciata di sale grosso sulle zucchine per far perdere l’acqua di vegetazione e lasciarle così per almeno una decina di minuti.

Sciacquare le zucchine e strizzarle bene facendo attenzione a non romperle. Conditele con succo di limone e olio extravergine di oliva. Assaggiatele prima di mettere il sale per vedere se vanno bene così o no.

Bagnare la frisella poco prima di mangiarla, altrimenti si ammorbidisce troppo.

Quindi disporre le due fette di prosciutto, i nastri di zucchina e, le scaglie di cacioricotta.

Versate un pò dell’olio e limone delle zucchine e buon appetito.

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