15 novembre 2018

Torta alle noci


Oggi parliamo di delicatezze e di piccole attenzioni...
C'è una signora che spesso va a fare visita a mia madre. E' una sua amica ed è bello per me immaginare i loro incontri fatti di racconti e chiacchiere. Piccoli momenti di svago e di sfogo, ma anche di progetti e di risate. Piccole complicità e piccole magie che accadono solo tra donne.
Ogni volta che va a trovarla non va mai a mani vuote. Porta con se sempre un pacchettino di carta bianca, legato con un filo rosso. E dentro c'è sempre un piccolo dolce.
Ogni volta diverso, ogni volta profumato di antico e di buono. Piccole torte fatte con amore, per dire 'Ho pensato a te e l'ho preparato per te'.
E ogni volta, mentre preparano il caffè o il thè, mamma mette la tovaglietta con i ricami a punto croce, le tazze, avvicinano le sedie e cominciano a parlare.

Per me questi sono esempi di cose belle tra donne che dovremmo tutti copiare, per noi stesse, per migliorare la nostra giornata, per sapere di poter avere uno spazio da colorare solo con i nostri colori, chiuse in casa a raccontarsi.

Ma quante di noi lo fanno? sempre prese dal timore di perdere tempo, di dare fastidio, di essere invadenti?
C'è molto da imparare ancora, forse dovremmo ritornare indietro nel tempo con lo sguardo, e imparare da chi è più maturo di noi. Chi, dall'essenzialità delle scelte di vita fatte, ha saputo cogliere l'essenza delle cose.

Ovviamente ho raccolto tutte le ricette di queste torte regalate e le ho rifatte. Senza cambiare niente. Anzi rispettando anche le dimensioni mini del dolce.

E oggi io ne regalo una a voi.
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10 marzo 2016

La storia di Matteo e della sua passione

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Lo guardo metre lavora, chino sul bancone e con lo sguardo attento di chi misura con gli occhi la giusta dimensione dei pezzi da mettere sulla bilancia e con le mani che toccano con rispetto un pezzo prezioso su cui lavorare. E mi viene spontaneo fargli mille domande. Ha l’entusiasmo di un artigiano che inizia la sua giornata lavorativa con passione e vorrei sapere da quanto tempo ha iniziato a fare il suo mestiere, visto che ancora e ancora gli brillano gli occhi. E mi dice che ha iniziato da bambino, quando più che andare a scuola preferiva andare ‘a bottega’ in macelleria, per imparare questo mestiere. E poi piano piano, ha aperto la ‘sua’ macelleria, dove ogni giorno accoglie i suoi clienti con un sorriso allegro, una battuta e con grande professionalità. Una volta mi son fatta raccontare come si scelgono gli allevatori a cui rivolgersi, e lui da chi va e perchè. E mi ha fatto la mappa degli allevatori della zona e mi ha spiegato che lui preferisce chi alleva i propri animali all’aperto, cura la pulizia degli ambienti, non fa allevamento intensivo. Rimane sempre ‘in zona’, perchè conoscere il territorio e gli interlocutori è importante. E poi ha scelto di raccontare una parte della storia della nostra gastronomia proponendo la carne di mucca ‘podolica’, dal sapore intenso e particolare (e io ne so qualcosa, perchè preparo sempre il mio meraviglioso ‘Stracotto di podolica con cipolle rosse e primitivo’)

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Quando entro nella sua macelleria, mi colpisce la luce che c’è. Tutto bianco e pulito, con vetrate che illuminano un banco pieno di cose ‘sfiziose’, presentate su candidi vassoi, che mi fanno venire il desiderio di pianificare piatti di carne per tutta la settimana pur di assaggiarli tutti. Mi sforzo di trattenermi all’acquisto dettato dalla gola, ma esco di li sempre con cose preziose in mano. E pensare che io non mangio tanta carne rossa!

In un periodo in cui ero un pò anemica rimpiangevo un piatto che mi faceva mangiare mia nonna, la carne cruda condita. Parlo della più conosciuta ‘Tartàre’ che da noi assumeva un significato pratico, un rimedio curativo casalingo, meno ‘raffinato’ di quello che mangiamo ai ristoranti, ma di sicuro effetto. Quando ero un pò deboluccia e avevo il colore pallidino, subito mi facevano trovare sulla tavola fegato marinato con limone, straccetti di carne cruda, diaframma al sangue eccetera. E nel giro di qualche giorno mi riprendevo subito. (Forse mi son ripresa un pò troppo però…. eheheheh). Da allora non sono più riuscita a mangiare quella prelibatezza perchè non mi son più fidata della carne utilizzata… fino a quando ho incontrato Matteo. Li ho superato tutte le mie reticenze e da allora ho trovato il mio fornitore ufficiale di tartare di podolica che mi godo tranquillamente, ogni volta che ne ho bisogno. Se volete la ‘ricetta’ cliccate qui

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Inoltre per le serate in cui arrivano amici e non hai niente in frigo, o semplicemente se ti assale il desiderio improvviso, basta telefonare e ordinare il ‘Fornello’ che da noi, al sud, è una goduria. Carne, salsiccia, zampina, bombette, pollo ecc… cotti allo spiedo in forno a legna. Uno dei miti della nostra tradizione. Tu la ordini, decidi l’ora in cui deve essere pronta, e te la porti a casa, bollente, nei pacchetti di carta da forno e di alluminio. Devi solo apparecchiare la tavola, e poi da Matteo compri anche il pane, la birra, il vino, l’insalata pronta, e altre cose buoneeeee.

E sapete come si chiama questo posto? non poteva chiamarsi in altro modo: ‘Lo Sfizietto, da Matteo’, e si trova nel mio meraviglioso paese, Noci.

Adoroooo.

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1 marzo 2016

Riso integrale con carote al forno glassate e noci (Brown rice with roasted carrots and nuts)

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Ore 11,25 del primo giorno di marzo

Le giornate scivolano via velocemente. Da quando apriamo gli occhi sintonizziamo la nostra mente sulla corsa che sta per iniziare. Facciamo l’elenco delle cose da fare, delle cose che mancano in dispensa, un’idea di quello che metteremo sulla nostra tavola, un pensiero ai ‘doveri’, un sospiro per le responsabilità, un momento per i desideri, subito rinchiusi nel solito cassetto, perchè sbagliando crediamo al ‘tanto c’è tempo per quello’ e via, a fare il caffè. E così la vita scorre. Ci accorgiamo che è ‘già’ il primo giorno di marzo, di un anno con un numero così alto che ti sembra impossibile sia già arrivato.

Non hai un lavoro fisso e questo, a fasi alterne, ti fa sentire una sfigata improduttiva che non vale niente, pur avendo laurea, tante competenze, idee geniali da realizzare, oppure una persona fortunata che può ‘guadagnare risparmiando’ e migliorare la qualità della vita di chi sta accanto, creando atmosfere più rilassate, cucinando cose buone, riempendo la casa di profumi che fanno di casa un rifugio accogliente, scrivendo con calma parole che un giorno potranno diventare libri. E, a giorni alterni, vivi la malinconia o l’euforia della tua condizione.

Vai a fare la spesa e hai un ritmo più lento della gente che corre, chiusa nella bolla dei propri pensieri con occhi concentrati solo sul prezzo,  sulla qualità dei broccoli e sull’orologio che va avanti, e che urla ‘sbrigati’. Guardi con calma il mondo che ti circonda e rifletti. Sulla busta della spesa sempre più leggera delle persone anziane, sui respiri affannati delle donne con bambini e bustoni appesi ai passeggini, sulla quantità di roba invenduta ai banchi, sull’insistenza di ambulanti stranieri che ad ogni giro ti vogliono vendere con occhi e tono implorante buste di aglio rosa, e la quarta volta che t’incontrano ti riconoscono e ti ‘saltano’. E sei parte di un mondo colorato e ricco di sentimenti di gente come te.

Torni a casa con la busta piena di verdure e colori e cominci a cucinare. E ti riconcili con il mondo. E con te stessa.

Oggi ho comprato un mazzo bello di carote fresche e colorate. Ed ecco cosa ne ho fatto….

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Riso integrale con carote al forno glassate e noci (english version below)

(per due persone)

- 4 carote novelle

- due spicchi d’aglio

- un cucchiaino di zucchero di canna (o quello che avete)

- 4 cucchiai di olio extravergine di oliva

- prezzemolo, sale e pepe

- 3 tazze (da caffè) di riso integrale

- 4 noci sgusciate

- un limone (facoltativo)

Lavare il riso e tenerlo in ammollo in acqua tiepida per circa un’ora.  Cuocerlo in abbondante acqua bollente salata. Tenete conto che ci vorrà parecchio tempo, anche 50 minuti. Quindi se avete fretta usate un altro tipo di riso, oppure potete lessarlo il giorno prima e tenerlo già pronto in frigo.

Lavare le carote con tutto il ciuffo, che metterete da parte per altre preparazioni. Pelarle, tagliarle nel senso della lunghezza, o come preferite. Mettere un foglio di carta da forno in una pirofila. Sistemare le carote. Aggiungere l’olio, il sale, l’aglio spezzettato, lo zucchero, mescolare il tutto e cuocere in forno a 180° fino a quando saranno diventate morbide.

Tritare grossolanamente le noci.

Mescolare il riso, le carote, le noci. Aggiungere un filo d’olio crudo, prezzemolo fresco tritato e se piace anche un pò di succo di limone.

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Brown rice with roasted carrots and wallnuts

(for two people)
- 4  carrots
- Two cloves of garlic
- A teaspoon of brown sugar
- 4 tablespoons extra virgin olive oil
- Parsley, salt and pepper
- 100 g of brown rice
- 4  walnuts
- lemon (optional)


Wash rice and keep it in warm water for about an hour. Cook it in salted boiling water. Keep in mind that it will take 50 minutes about. So if you are in a hurry using a different type of rice, or you can boil it the day before and keep it ready in the fridge.
Wash  carrots, peel and cut them lengthwise, or whatever you like. Place a sheet of baking paper in a baking dish. Place carrots, oil, salt, chopped garlic, sugar, mix well and bake at 180 degrees until they become soft.
Chop the nuts.
Mix rice, carrots, walnuts. Add a little more olive oil, chopped fresh parsley and, if you like,  a bit of lemon juice.

Buon appetito.

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10 ottobre 2015

Le mani della mia mamma

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Oggi parlo delle mani della mia mamma. Di quelle che sanno fare mille cose. Nervose e un pò doloranti da qualche tempo, ma mani che creano meraviglie. Le fotografo spesso cercando di fissare in un’immagine anche i suoi insegnamenti. Le sue mani mi hanno accarezzato, hanno tenute strette e ferme le mie per non farmi scappare e per non farmi seguire strade che non approvava. Mi hanno anche dato schiaffi per una sbrigativa ma efficiente educazione, quando pensava che non fossi stata educata nel risponderle. Mi hanno mostrato cosa fare e non fare. Mi hanno rimproverata e subito dopo abbracciata. Mi hanno insegnato come prima cosa ad asciugare piatti e stoviglie, girare per ore litri di latte intero per fare crema pasticcera, e qui mi hanno insegnato la pazienza nel fare le cose, resistendo senza lamentarsi.

Mi hanno insegnato che si può e deve imparare a fare tutto. A cucire un orlo, a tenere in mano l’uncinetto. Perfino a ricamare. E a concentrarsi per ogni cosa che si fa, e non procedere distrattamente, perchè altrimenti le cose non vengono bene. Ma soprattutto mi ha insegnato a cucinare, dosare e assaggiare non solo con la bilancia ma anche con gli occhi e con la mente.

Ma…. hai voglia a fare la focaccia secondo le sue istruzioni, o a intrecciare cartellate come le fa lei, o a tentare di fare cavatelli e orecchiette. Siiii. La focaccia l’ho fatta con lei e ho avuto la sua approvazione, ma poi, tadaaaaaaa, sorpresaaaa,  il sapore non era uguale. Le cartellate, le mie sono belle e buone, ma le sue sono anche tutte uguali. Ma tutte tutte, e non c’è pericolo che lei si sbagli di una sola. Ha negli occhi, nella mente e nelle mani una precisione che incanta.

E poi dovete guardarle quando sistema i fiori. Da sempre ogni volta che vado in campagna, al trullo, appena vedo che son fiorite le rose, e sono belle, al punto giusto…. non le lascio li solo per rispetto alla natura. Le raccolgo per portarle a lei. Anche se è solo una, con qualche cosa di verde, che sia rosmarino, o un rametto di ulivo o un pò di citronella profumata, anche semplice erba…. la porto a lei e aspetto che sistemi tutto anche in un semplice bicchiere. Mi siedo e guardo. E mi incanto. Perchè bisogna avere dentro di se l’idea di bellezza per poterla portare fuori e mostrarla anche con due fili d’erba incrociati.

Giorni fa c’erano un pò di fiori fioriti già da un pò. Avrebbero avuto ancora un paio di giorni di vita. Ma erano nel pieno del loro splendore. E così, come faccio di solito, ho li ho raccolti,  rose rosse, rosa, tagete arancioni, daliette giallorosse e ne ho fatto un piccolo mazzetto. E guardate un pò cosa ne ha fatto lei.

Oggi vi regalo questo incanto.

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19 settembre 2015

Il tempo della musica. Europa Jazz Festival e Talos Festival. La magia del Jazz.

jazz Dai,  oggi vi regalo una storia. Una storia fatta di musica, non importa quale. La musica ha un dono particolare. Quella di modificare gli stati d’animo. O di sostenerli e completarli quando si accorda perfettamente con l’emozione che si prova in quel momento. E quindi se ti senti triste, ma proprio triste, ti senti meno solo se ascolti una musica triste come te, perchè sai che ti capisce. Quando arriva la malinconia all’improvviso, la musica giusta ti fa compagnia. E se sei allegro puoi ballare e cantare all’infinito con lei, che sa suonare le corde giuste per farti gioire. E non importa se la capisci o no. In qualche modo lei ti entra dentro.

Tanti anni fa, ma proprio tanti, tanto che meglio non pensare a quanti, nacque un’idea dalla mente accesa ed entusiasta di alcuni miei amici, tra cui un musicista, Pino Minafra, e un poeta/scrittore, Vittorino Curci accompagnati da parecchi altri ‘appassionati’. Organizzare un jazz festival nel mio paese. Non jazz leggero, o almeno non solo quello, ma soprattutto quello vero, quello che solo pochi capiscono, quello di ‘nicchia’, quello che devi proprio amarlo e capirlo per poter andare a sentirlo. Sembrava una follia, tanto che Ciccillo, padre del poeta, disse che ‘per capire quella musica bisognava aver fatto almeno cinque anni di manicomio’. Pochissimi soldi e entusiasmo da batticuore. E pur di esserci ci proponemmo anche come svuotacestini. Pur di esserci. E così cominciò quell’avventura, che ogni anno durava almeno 4/5 giorni, durante i quali i nostri compiti erano: andare a prendere con macchina e benzina propri all’aeroporto i musicisti che ci erano stati affidati e accompagnarli per ogni istante della giornata e a volte anche della notte, fino al momento della partenza. Eravamo la loro ombra, a disposizione delle loro stravaganti creatività, tipo cercare una mucca da portare sul palco, fare da blocco alla porta per non disturbare la concentrazione e la meditazione prima dell’esibizione, rimediare tutto l’occorrente anche per vestirsi quando non arrivavano i bagagli, caricare quanta più gente possibile sulle nostre macchine per andare a giocare a pallone sulla spiaggia ecc….

Avremmo potuto scrivere un libro per ogni festival con le storie delle loro vite, della loro musica, delle cose che succedevano impreviste, ma non l’abbiamo mai fatto. Eravamo impegnati a godere del momento. Dei ritmi estenuanti dei programmi quotidiani, della gente che anno dopo anno arrivava da ogni dove, dell’unico grande momento condiviso che la musica ci regalava. E anche chi non la capiva quella musica, chiudeva gli occhi e si lasciava attraversare, e vi assicuro che dopo, qualcosa dentro era si cambiato. E delle notti trascorse in una pizzeria dove, con strumenti improvvisati, si arrivava anche a cantare e suonare musica napoletana, a dispetto delle diverse provenienze geografiche.  E le ore notturne trascorse a parlare e parlare, sotto aperti cieli di stelle. E quanti abbracci, quante mani strette, quanta gente magnifica è passata su quei palchi e nelle macchine di noi volontari. Avremmo pagato noi per questo privilegio. E ogni anno si aspettava che la musica tornasse.

E così l’Europa Jazz Festival ci ha regalato 5 giorni ogni anno, per 5 anni di puramagiafolliamusicaejazz.

E come tutte le storie belle, per mille e nessuna ragione, finì.

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Ognuno prese la sua strada, continuando a suonare il proprio strumento e tenendo sempre stretti i sottili fili delle amicizie di quel magico tempo. Voltandosi ogni tanto indietro.

Pino ha continuato con altri progetti sempre legati alla sua musica, nel suo paese. E ha creato il Talos Festival, il cui ‘’intento è da sempre quello di riunire la tradizione pugliese con lo spirito europeo in una prolifica contaminazione multiculturale.’

Perchè ne scrivo qui e ora (Guarda un pò…..Hic et nunc era il nome dell’associazione che partorì l’Europa Jazz Festival’)?

Perchè la musica ha bisogno di tutti per poter sopravvivere e perchè Pino, dopo una pausa forzata non dovuta alla sua volontà, ha deciso di continuare a crederci e ha pensato ad un progetto di crowfunding, per poter raccogliere fondi sufficienti a sostenere l’idea.

Io lo sosterrò di sicuro.

E se per un pò vi ho fatto sognare e desiderare di esserci, bè allora potrete voi stessi realizzare questo sogno. Volete esserci? Fate in modo che la musica continui…..

Andate qui---> Sostieni Talos, contribuite per quello che potete e vediamoci li per ascoltare insieme la magia.

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23 agosto 2014

Polpette di pane: la frittura e il condominio

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20 agosto 2014 -  ore 10
Scrivo su facebook: ‘ma si può friggere alle 10 di mattina e ‘appuzzirmi’ le lenzuola appena lavate e stese? Ma, dico, non ti si ammoscia tutta la frittura fino all'una?’
E li giù un mare di commenti, ‘staranno friggendo melanzane per fare la parmigiana’, ‘ ma fatti invitare pure tu per l’assaggio’, ‘ma anche qui a casa mia friggono come non ci fosse un domani’… ecc…
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21 agosto 2014 – ore 10
sto per uscire, mezza arrabbiata per una cosa che dovevo fare ma che non volevo assolutamente fare, e incontro giù, fuori dal portone di casa, la signora Maria 1 (si, perchè sullo stesso pianerottolo c’è anche la signora Maria 2, da cui, le Due Marie) che mi guarda e mi dice: ‘Ehi tu, signora, vieni un pò qua che ti devo dire una cosa. Cos’è che hai scritto ieri su ‘xbuc’? che ti ho appuzzito tutt i robb? io non ho fritto niente ieri. Mi ha telefonato una persona e mi ha detto ‘ma che stai combinando? quella di sopra a te dice che stai facendo la parmigiana e stai appuzzendo tutt u mùnn (tutto il mondo ndr)’. Io sono morta dalle risate. Potere della comunicazione digitale. Non ci vediamo quasi mai perchè i nostri orari liberi non coincidono ma, Maria 1, è una persona da conoscere, sempre allegra, positivissima, pronta alla battuta e allo sfottò, e che ha i ‘collegamenti’ informatici giusti e così viene a sapere tutti i fatti miei, di cui di solito scrivo e tutti i miei spostamenti. Grazie a Facebook, al blog, al fatto che io li racconto, e al fatto che lei è curiosa di saperli.
Allora ci siamo sedute sul muretto, e le ho spiegato che non ho detto che era stata lei a friggere, ma che nell’aria si sentiva odore (ehm…) di frittura, ma non sapevo chi stesse operando… le ho detto anche che su facebook non metto mai nomi. Che anche facebook è una specie di condominio dove tutti sanno i fatti di tutti, e ci sono anche quelli che non si vedono, perchè non scrivono mai, ma che intanto si affacciano e di nascosto sanno i fatti di tutti e ne parlano con chi conoscono ‘sai che quella è andata a Roma e poi in Sardegna e poi in montagna? madòòòò sempre girando se ne vaaaaaa’ ‘ ma sai cosa dice quellaaaa? non fate i servizi a casa, lasciate tutto e uscite, madòòòòò chissà che zugghiarì che sta sulla casaaaaaaaaaaa’    Ecc…..ecc….. 
E come nei condomini, tutti mettono cuori e sorrisi e sono gentili nelle risposte e poi appena sono in chat con qualcun altro ne dicono peste e corna, e fanno supposizioni e illazioni e si inventano storie e si fanno mille film nella testa pur di riempire le giornate e i pomeriggi di parole e tagli.
Quindi, rassicurata, Maria 1 si è fatta na bella risata con me e dopo avermi dato ragione sulle regole sociali della vita di condominio, se n’è andata a prendere il caffè al portone più su, avvisata già del fatto che ne avrei scritto qui.
E ho pensato… ma immaginate che vita fanno in quei posti o portoni, dove tutti sono riservati e si fanno i fatti loro, e non sanno nemmeno il lavoro del dirimpettaio? condannati ad una vita di indifferenza e solitudine, in cui nessuno è interessato a te, nessuno ha voglia di guardare dalla finestra se sei arrivato con la macchina e che cosa hai scaricato? chissà da dove vieni, e chissà dove vai con quella valigia quando scendi all’alba per prendere l’aereo? Nessuno ha interesse ad origliare quando parli ad alta voce, o alle due di notte ancora suoni la chitarra con gli amici? nessuno che sbircia sull’elenco del pagamento dell’acqua per sapere quanto hanno pagato tutti e li a fare congetture sul perchè di tanto spreco o del perchè paghi così poco, il che vuol dire che forse puzzi o non lavi abbastanza? Che tristezza infinita, tutta questa riservatezza…. Per chi vivi se nessuno si interessa a te? vuoi mettere se la tua vita attiva e interessante stimola la curiosità di chi ti guarda e fa aprire dialoghi in mezzo alle scale, pieni di tensioni nel caso in cui qualcuno aprisse il portone e se ne accorge? Vuoi mettere che se viene qualcuno a chiamarti e non ci sei, c’è sempre qualcuno che lo sa e che risponde per te? E poi vuoi mettere che se hai bisogno di una foglia di prezzemolo o di aiuto perchè non ti senti bene, basta gridare e qualcuno sicuramente ti sente e corre? (a parte quando sono venuti i ladri che non li ha sentiti nessuno…). Io cambierei casa se nel mio portone non si interessasse nessuno a me e ai fatti miei. Mi sentirei sola e ignorata. Ed ecco perchè mi piace abitare in un paese, dove tutti mi leggono e me lo dicono quando mi incontrano al supermercato o al pescivendolo, facendomi i complimenti (signora io sono una sua fan eh? sa che la vigilia di Natale preparo sempre i ‘tubbetti’ zucchine e patate del suo blog? fa delle ricette che vengono sempre bene’). Oppure le signore che conoscono mia madre quando la incontrano le dicono ‘Eh Celestina, hai fatto la salsa due giorni fa eh?’, oppure ‘dov’è quel posto dove hai mangiato quegli spaghetti con le cozze, con tua figlia, che mi hanno fatto venire un desiderio?’. E mia madre si arrabbia con me.
Insomma, si vive allegramente solo se tutti si interessano a tutti. Altrimenti regnerebbe il silenzio e la solitudine.
Quindi ricapitolando…..mi sa che mi tocca fare un corso veloce di internet e facebook a tutto il portone qui, e a chi ne avesse bisogno, così possiamo comunicare in diretta, anche tutti gli avvisi, tipo  ‘OGGI NON STEDERE I PANNI, CHE DEVO FRIGGERE I PEPERONI’
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7 dicembre 2013

Il mio torrone di Natale e lo spirito aggregatore (My Christmas Nougat)

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Ecco qua, è arrivato. Mi è preso il raptus del Natale. Potrei definirlo un raptus …’ aggregatore’, del mettere insieme, a più non posso, cose, persone, luoghi, ingredienti e desideri.

Con calma, spiego.

Ieri è stata una giornata di quelle da fuga al famoso supermercato del buonumore. Al volo contatto un’amica e ci diamo appuntamento la, solo per comprare il burro e le buste dell’immondizia, perchè li sono migliori. Promesso che non spendiamo soldi, che non ce ne sono? si, promesso. Vabbè. Inizia la spesa. Bè vabbè dai prendiamo una tavoletta di cioccolata con l’uvetta e il cocco che da me non si trovano, massì due. E la farina per fare il pane tedesco non la vuoi prendere, che poi devi venire apposta apposta? si due. Ah si, il burro, 5 pezzi. Reparto ortofrutta: i soliti due cetrioli indecenti, madò, (si due per non dare nell’occhio, ma tanto siamo in dueeee), un pomelo che non so che cavolo è e mi fa pure paura per quanto è grosso, un chilo di cavoletti di Bruxelles (perchè non fanno le mini confezioni, e mò che ci faccio con UN CHILO?), porri a gogò, fagiolini piattoni e fagiolini normali che mi è venuto il desiderio e lo so che si incazzerano per il fuori stagione, ma se mi scappa il desiderio? peperoni tricolore che sono bellissimi, così tutti in fila, ordinati, nella bustina… I fiori, voglio i fiori, lascia i fiori che costano troppo. Reparto esterofilo. Datteri tunisini freschi ancora attaccati al ramo, nocciole della california (???), arachidi da sgusciare, sesamo, una busta di chips di barbabietole, pastinache e patata dolce, da mangiare subito, così dividiamo il senso di colpa. Una sfilza di creme mostardate buone da morire che tanto ora viene Natale e ce li troviamo da mettere in tavola e facciamo un figuroneeeee. Cerchiamo cose cinesi? dai. Il pork in gelatina no, che già l’ho provato ed è terribile. Allontaniamoci immediatamente altrimenti comincio a prendere tutte questi dolci strani, massì li fotografo almeno che poi li faccio io. Salto a piè pari le risate piegate in due sul carrello per un regalo che volevo fare alla mia amica che secondo me ne aveva proprio bisogno, ma non posso dare i particolari. Quasi quasi dimenticavo le buste tanto erano le risate. Ma alla fine, cominciando ad aprire prima della cassa il sacchetto delle chips colorate, ci sentivamo allegre, leggere, come due amiche del liceo che hanno fatto bollo a scuola e si sono divertite da matti. 

Tornata a casa mi accorgo di avere portato oltre a tutte le stagioni, anche il mondo a casa, attraverso i miei desideri gastronomici e la mia curiosità.

Oggi, tornando da casa della mia mamma, dopo un giro per raccogliere rami di abete, di pini, di edera per le decorazioni, di alloro per il capitone di domani sera, arrivo nella mia cucina calda e profumata e mi piomba addosso lo spirito del Natale e un’irresistibile voglia di preparare qualcosa di buono.

Ripenso alla spesa, a quello che ho in dispensa e viene fuori questo…. seguite le istruzioni

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Il mio torrone di Natale (english version below)

- 100 g di nocciole fresche

- 100 g di arachidi

- 100 g di mandorle spellate

- una bustina di sesamo

- due fichi secchi

- 5 datteri freschi

- qualche noce sgusciata

- 200 g di zucchero

- un cucchiaio di miele

- un limone

- un cucchiaio di olio

Tostate nel forno a 180° separatamente, le mandorle, le nocciole, il sesamo e le noci, perchè hanno tempi diversi.

Grattugiare la scorza del limone. Spezzettate i fichi secchi e i datteri e uniteli a tutta l’altra frutta secca e alla scorza del limone.

Spennellate una spianatoia di marmo o un tagliere con l’olio e poi spremeteci su il succo del limone.

In una pentola d’acciaio versare lo zucchero e il miele e farlo sciogliere lentamente. Quando lo zucchero e il miele saranno sciolti e il colore sarà ancora chiaro versare nella pentola tutta la frutta secca. Amalgamare il tutto e capovolgerlo sulla spianatoia. Appiattirlo velocemente con l’aiuto di un cucchiaio. Con un coltello lungo tagliare a pezzi tutto il composto versato, prima che si solidifichi. Aspettare che si raffreddi. Attenti ai denti.

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My Christmas nougat

- 100 g of fresh hazelnuts

- 100 g of peanut

- 100g blanched almonds

- A teaspoon of sesame

- Two dried figs

- 5 fresh dates

- Some shelled walnut

- 200 g of sugar

- A tablespoon of honey

- A lemon

- A tablespoon of olive oil

Toast in the oven at 180 ° separately , almonds , hazelnuts , sesame and nuts , because they have different times.

Grate the zest of the lemon. Chopped dried figs and dates and add them to all the other nuts and lemon rind .

Brush a pastry marble or a cutting board with oil and then squeeze on the lemon juice .

In a stainless steel pot pour the sugar and the honey and melt it slowly. When the sugar and honey have dissolved and the color is still clear pour into the pot all the dried fruit . Mix well and turn it upside down on a work surface . Flatten quickly with the help of a spoon. With a long knife cut in pieces all the dough , before it solidifies . Wait for it to cool . Beware the teeth.

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26 giugno 2013

Nocino di Noci

noci x nocino

Seduta fuori nel mio balcone, tra vasi di surfinie e lantane, assaporo finalmente l’aria fresca del tramonto. E’ giugno. Desiderato per quasi un anno, è arrivato. Ci ha regalato una ventata di caldo soffocante, ma oggi ha avuto pietà di noi. Oggi è fresco, e mi sto godendo un momento di relax, prima di continuare ancora la mia corsa. Di fronte a me un barattolo di vetro, messo al sole durante il giorno, e che devo ricordare di mettere all’interno della casa per la notte. E si, perchè io, che abito in un paese che si chiama Noci, sto preparando il nocino.

Circondato da leggende, tra racconti di streghe e folletti, circola in rete in una miriade di ricette tutte diverse una dall’altra, per dosi e modalità di esecuzione.

Un giovane albero della mia campagna, mi ha regalato tante noci quest’anno, e allora diligentemente ho aspettato la notte di San Giovanni, come da tradizione, e ho fatto la mia raccolta.  Ma…. tra magie e incantesimi bisogna sapere che:

noci e spezie per nocino

1) ancora non esiste un numero ufficiale di noci. Chi dice grandi, chi piccole e tenere. Chi dice 33 per litro, chi 20, chi 22, chi 40… insomma ancora il numero è variabile.

2) Considerate le leggende dovrebbero essere raccolte da ‘una donna esperta, che a piedi nudi deve salire sull’albero e sceglierle una per una…’ Ma su un libro antico di ricette dei padri benedettini, ho letto che invece le noci devono essere colte ‘da mani di vergini ma che, considerati i tempi, possiamo anche raccogliercele da noi’.

3) chi dice all’alba, chi dice al tramonto, chi di notte.

4) chi dice di tagliarle e basta, chi invece consiglia il coltello di ceramica.

5) chi dice di mettere prima lo zucchero, chi dopo. Chi con acqua, chi senza.

6) per fortuna lo sbattimento del contenitore e l’esposizione al sole prolungata per 40 giorni è uguale per tutte le ricette.

Insomma, anche per fare il nocino diventa una questione di scelte.

E io ho scelto di farlo così….

(Certo per il risultato ci vediamo a Natale)

noci x nocino in infusione

Nocino

Il giorno che precede la festa di san Giovanni (e cioè il 23 giugno), verso il tramonto raccogliere con delicatezza 30 noci acerbe. In realtà ne serviranno 20, ma non si sa mai, ce n’è qualcuna ammaccata o avariata…

lavarle accuratamente, tagliarle in 4 con un coltello possibilmente di ceramica per evitare che ossidandole si anneriscano e versarle in un contenitore di vetro abbastanza capiente.

Aggiungere un pezzo di stecca di cannella, 5 chiodi di garofano, la buccia di mezzo limone e, secondo il gusto personale di mio marito, anche un fiore di anice stellato.

Coprire con 750 g di alcool a 95°. Chiudere il barattolo, agitare il tutto per farlo amalgamare ed esporlo al sole per 40 giorni e rientrarlo in casa di notte. Scuoterlo di tanto in tanto.

Fra 40 giorni cosa farò…..

Bollirò 2 dl di acqua con 500 g di zucchero. Farò raffreddare e aggiungerò l’alcool con le noci e le spezie, filtrando il tutto. Imbottiglierò e lo lascerò al buio fino a Natale. E poi vi dirò!

noci x nocino tagliate

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4 marzo 2010

'Sagna rìz chì middichele' Trenette con briciole di pane e noci

Beate voi!!! Da un pò di giorni sono vittima di una pigrizia incredibile che mi sta togliendo le forze. Appena sveglia e rigorosamente dopo il caffè, riesco appena a scrivere l'elenco delle cose da fare sull'agenda e fin da allora mi accorgo che dovrò riportare quasi la metà delle cose del giorno prima, che non sono riuscita a portare a termine. Poi mi trascino in casa tra un caffè e l'altro rassettando mal volentieri le stanze e sbirciando qua e la il pc che mi attrae irresistibilmente. E mi deprimo ancora di più nel vedere il mio blogroll che si aggiorna continuamente con le vostre ricette, i vostri post, sintomo di un'energia che non riesco ad avere. E mi dico 'a si fra un pò faccio questa ricetta'...
E' anche vero che la pioggia fuori non aiuta..... Però anche se fa freddo si sente già che qualcosa di nuovo sta arrivando... Sarà l'uccellino che è tornato proprio stamattina nel nido sotto la grondaia e che adesso ci sveglierà la mattina alle 6 mettendosi a cantare proprio dietro la finestra di mio figlio, dove puntualmente comincerà a partire il cuscino? Sarà che appena esce il sole lo senti sulla pelle che è un sole nuovo e diverso?
Ma allora questa pigrizia può dipendere solo dalla primavera. E si, perchè solo in questo periodo non riesco più a muovermi il pomeriggio dalle 14 alle 15 e mi sento 'costretta' a buttarmi sul divano dove, come succede quando ti fanno l'anestesia totale, non riesci a contare nemmeno fino a tre che sei già bella e cotta e..... sogni pure...... e dormi così profondamente che quando ti svegli sembri uscita dal coma e ti chiedi 'ma è mattina o pomeriggio?', 'ma dove sono? a casa mia o di mamma?'. E ti assalgono i sensi di colpa, perchè tutto il resto dell'umanità sta lavorando in quel momento e tu che fai? Dormi.
Ma ci sarà pure qualche vantaggio, dico io, ad essere disoccupate no?
Vabbè .... non apriamo questo capitolo....
Siamo in periodo di Quaresima e da noi c'è l'usanza di preparare per il giorno di San Giuseppe un piatto povero che dovrebbe ricordarci di non ingozzarci e di fare penitenza, di pensare all'essenziale e non mangiare carne ecc....
Però io mi sa che ho peccato ugualmente perchè questo piatto è talmente buono che mentre lo mangi capisci con certezza il significato della parola peccaminosa 'ingordigia'.
E l'ho preparato apposta per fotografarlo e mostrarvelo, e per dimostrare a me stessa che a parte la gola e a un altro paio di peccatucci che non riesco a combattere, almeno sto provando a debellare con un grande sforzo quello della pigrizia e dell'indolenza.

'Sagna rìz chì middichele' Trenette con briciole di pane e noci
- trenette o sagna riccia (si dice 'sagna' xchè secondo mia madre la parola lasagna contiene già in se l'articolo, quindi perchè ripetersi????)
- pane di qualche giorno ma non ancora duro
- noci
- acciughe sotto sale
- olio extravergine di oliva

Eliminare la crosta del pane e sbriciolare la mollica tra i palmi delle mani.
Sgusciare le noci e tritarle grossolanamente infilandole in uno scottex e schiacciandole con un matterello o il fondo di una bottiglia piena.
In un tegame largo versare dell'olio (non un filo!!!) e quando è caldo versare un'acciuga diliscata e lavata. Attendere che si sciolga. Quindi  versare le briciole del pane e le noci tritate.
Appena dorate spegnere e attendere che la pasta sia cotta (al dente). Mettere in un pentolino ancora un pò di olio e farlo scaldare. Scolare la pasta e versare le briciole abbrustolite. Nel pentolino dove nel frattempo l'olio è diventato caldissimo versare ancora un'acciuga e quando sta sfrigolando versare il tutto sulla pasta.

Lo so, lo so, sembra un pò pesante e lo è, ma vi consiglio di ridurre le dosi piuttosto che i condimenti, perchè vi assicuro che ne vale davvero la pena.

Poi se siete proprio ostinati e volete una variante più leggera allora basterà far tostare in un flo d'olio le molliche di pane e le noci e basta........ è ugualmente buona e croccante... ma appena possibile assaggiate anche la versione originale...
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9 novembre 2009

Bacco nelle gnostre: vino novello e caldarroste in sagra

Io amo il mio paese, NOCI, e amo l'aria che qui si respira. Amo le sue strade e i suoi profumi Amo passeggiare per le piazze e sentirmi abbracciata dal saluto della mia gente. Si potrebbe trascorrere l'intera giornata solo salutando e fermandosi a parlare del più e del meno con tutta le gente che si incontra. Perchè qui ci si conosce quasi tutti e si parla di tutti anche degli sconosciuti e del sentito dire. Perchè il paese è così. Quello che altrove si chiama pettegolezzo e che può dare fastidio, si potrebbe anche interpretare in maniera più positiva come 'provare interesse per il prossimo' e quindi parlarne. Ci si conosce da generazioni più per soprannomi che per cognome e si partecipa tutti insieme sia alle gioie che ai dolori. A parte le invidie che, si sa, sono umane, e che portano i compaesani spesso a 'non dare soddisfazione' non manifestando la propria solidarietà alle altrui attività.... c'è un senso di attaccamento al luogo che, appena usciti dal confine del proprio territorio, viene fuori in maniera orgogliosa. E ci si riconosce 'nocesi' e ci si sente facenti parte di un unico corpo, quando ci si incontra casualmente tra le strade di New York o in un punto qualsiasi della terra.

Venerdi, sabato e domenica scorsi, qui da noi c'è stata una sagra che è partita in sordina qualche anno fa e che piano piano è diventata un evento molto importante: 'Bacco nelle gnostre', la sagra del vino novello e delle caldarroste.
Le 'gnostre' sono una caratteristica del nostro centro storico, e sono cioè degli spazi quasi chiusi, piccole piazzette private delimitate dai tre lati da case imbiancate di calce. E ce ne sono di tanti tipi, quasi tutte abbellite da piante o addirittura da viti che si arrampicano lungo i muri.
E tutte pavimentate con le antiche 'chiangole', mattoni di pietra resi lisci dal tempo e dall'intensa opera di pulizia delle donne.

E lungo questa miriade di stradine, abbiamo visto fluire un mare di gente che è arrivata anche da lontano, per assaggiare il vino novello aperto per l'occasione e altre decine di specialità del posto, antiche e moderne, che hanno riempito il nostro centro storico di incredibili profumi e di allegria.



Tutti i turisti sono stati accolti con grande ospitalità da tutti gli chef del paese e sono stati invitati ad assaggiare i piatti tipici preparati apposta per l'occasione. Qui sotto ho ripreso il mitico chef dell''Antica Locanda', Pasquale Fatalino, che con le sue/nostre prelibatezze ha già vinto due puntate de 'La prova del cuoco' e che rivedremo ancora il prossimo venerdi in televisione. Ovviamente a tutti i nocesi che leggono questo post, un invito a votare, votare, votare Pasquale al numero 89.48.48.72 più il numero che viene a lui assegnato.

In ogni angolo c'era qualcosa da vedere, da fare, da gustare, da bere. E tutti i visitatori passeggiavano reggendo tra le mani un calice colmo di vino novello....

E caldarroste, olive fritte, baccalà fritto, 'fecazzedd con la ricotta forte', provola sciolta sullo spiedo, orecchiette con brasciole, cavatellini con cicerchie, ecc.... ecc......

Al suono di tanta buona musica e tra mille angoli dove improvvisare una 'pizzica' senza tanti timori, tutti insieme in allegria.

E questa è la prima di tante sagre speciali e affascinanti che si svolgono nel nostro paese. La prossima, a cui siete tutti invitati a partecipare si chiama 'Pettole nelle Gnostre e cioccolato in sagra', si svolge il prossimo 5 e 6 dicembre. Immaginate l'aria frizzante delle notti di dicembre, nel centro storico tutto addobbato per le festività natalizie, con i presepi da visitare, e le 'pettole' calde con lo zucchero o con il vincotto di fichi, e cioccolato bollente da bere, passeggiando nelle strade.
Se avete bisogno di informazioni, scrivetemi pure..... Arrivederci alla prossima.... sagra.


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