30 marzo 2016

Pasquetta al mare

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Erano giorni che guardavamo di continuo le previsioni del tempo. Quella benedetta goccia di pioggia prevista dalle 13 alle 18 ci stava fregando ed eravamo li li per desistere e cancellare tutti i piani per un’uscita all’aria aperta. Però io ho cominciato a fare la prepotente con il meteo e mi sono convinta che quella goccia non l’avrebbe spuntata. Confidavo nel repentino cambiamento di ‘umore’ del tempo anche in positivo. Infatti non era la prima volta che le previsioni ‘portavano pioggia’ per poi stupirci con un sole caldo. Ho sempre pensato che dietro questi meteo si nasconda un sadico che si diverte a predire il peggio per non far organizzare niente alla gente. Forse un uomo solo che invidia gli altri che hanno amici e voglia di uscire.

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Due giorni prima mando un messaggio ai miei amici che dice ‘Programma per Pasquetta: nel cesto da picnic metteremo  fritta di asparagi, pizza di carne, ratatouille di verdure colorate, orecchiette con funghi, salsiccia e gnumeredd con fornacella, verdure crude, ciucciarelli, pastiera, rum, passito e macchinetta per il caffè. Interessa? ah! portiamo anche la chitarra.’-

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E così con timoroso entusiasmo (per il tempo incerto e per la paura di scoppiare dopo la maratona di Pasqua) hanno aderito 4 amici. Caricato il cesto, i viveri ancora caldi, il tavolino, altri due sgabelli, la fornacella, i carboni, la tenda parasole per ripararci in caso di pioggia, la chitarra e il fornelletto per il caffè, siamo partiti. Abbiamo scelto un pezzo di mare di cristallo, una piscina naturale, con venticello frizzante annesso, passeggiata su scogli profumati, ancora non occupato da altri vacanzieri. E dalle 13 alle 18 non ci siamo mossi. Abbiamo vissuto il primo giorno di primavera, con la spensieratezza di bambini che giocano con i racchettoni e fanno volare l’aquilone, che mangiano dimenticando ancora per un giorno la dieta, che cantano per la milionesima volta sempre le stesse canzoni, e brindano felici per una leggera sensazione di libertà. Pura e semplice come quando eravamo bambini e ci portavano il primo giorno di tepore, sulla spiaggia a giocare. E già con quei pochi raggi di sole riuscivi ad assaporare l’emozione dell’estate che è più vicina dell’inverno ormai alle spalle.

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Abbiamo vissuto una bellissima giornata ridendo e dimenticando le ansie e i pensieri, seguendo il ritmo dell’acqua trasparente sulla spiaggia, respirando l’aria di una promessa che verrà. E che avrà il sapore dei panzerotti sugli scogli, delle notti di luna piena sulla spiaggia, degli spritz al volo seguiti dagli spaghetti con le cozze. E del caldo sulla pelle e delle albe attese in campagna. Della compagnia e dei pensieri cacciati via, per godere del momento. Che tanto quello solo è sicuro ed è meglio fermarlo quando puoi. E siamo già in attesa della bella stagione. 

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24 marzo 2016

Ciucciarelli e Taralloni di Pasqua

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Da tre giorni cerco di scrivere questo post. Ma sono stata rapita e solo ora mi hanno liberata.
E’ Pasqua, e quando è Pasqua ci sono tante cose da fare dalla domenica precedente. Anzi dal sabato. Si vanno a raccogliere i rami di ulivo. La mattina dopo si va a messa presto e alle 7 devi già stare nella villa comunale dove si riuniscono i fedeli e il prete per la benedizione degli ulivi. Il problema è che alle 7 di tutte le domeniche delle Palme fa sempre un freddo terribile e tu, che ti DEVI alzare presto, quando invece vorresti stare al caldo nel letto, visto che hai sulle spalle una settimana di alzatacce, non ce la fai proprio a sentire una forte devozione. Intanto tutto sta arrivare li. Poi vedi una distesa di rami di ulivo, portati soprattutto da chi abita nelle campagne, che preparano fasci e fasci da mettere nelle stalle per benedire gli animali, e i cesti con le palme preparate dalle donne. Vedi i loro abiti della festa, indossati per rispetto, vedi le facce serissime, il loro silenzio in attesa del rito. E tutto questo è una gran tirata di orecchie per chi come me si lamenta perchè vuole rimanere a dormire. Quindi, riportata sulla buona strada, si segue la messa (lunghissimaaaa) e alla fine si è sempre felici di scambiare auguri e rami benedetti.
E questo succede la domenica delle Palme.
Poi inizia la Settimana Santa. Si comincia a parlare fin dal lunedi del pranzo di Pasqua. Dove andiamo, cosa prepariamo, chi prepara chi, chi compra cosa. Andiamo in campagna? No, fa freddo. Ma daaai, accendiamo il camino. No, fa freddo. Dai. No. Va bene, non andiamo. E dove andiamo? a casa di mamma. E li comincia il panico. Mia madre è una persona precisissima e quando fa le cose, le fa bene. Niente ritardi, è organizzatissima. E il panico le viene perchè deve contare su di me, che sono quella dell’ultimo minuto. E già al pensiero mi picchierebbe da subito.
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E cominciamo con i ciucciarelli. Che si devono prepare in quantità industriali, perchè, visto che richiedono una preparazione abbastanza elaborata, non li fa nessuno e quindi lei, che ‘si dispiace’, li prepara per tutti. Quindi il primo giorno si impastano uova e farina in quantità. Si preparano i ciucciarelli. Si fanno asciugare per almeno un paio d’ore, meglio tre. Poi si fanno sbollentare finchè vengono a galla. Si scolano e si mettono ad asciugare su un panno pulito. (Si riempiono praticamente tutte le spianatoie della casa). Il secondo giorno si controlla se sono asciutti bene e si mettono nel cesto storico con i manici, su una tovaglia pulita e si portano al forno del paese, dove il fornaio mette un pezzo di carta con su scritto il nome ‘Celestina’ e li mette li ad aspettare il loro turno, perchè ce ne sono molti altri di cesti in fila. Li porti la mattina, il pomeriggio vai a ritirarli, cotti. Riporti il cesto a casa.
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Il giorno dopo si prepara il ‘gilèp’, la glassa di zucchero. E li prima di iniziare si fa l’appello. Delle persone che devono collaborare, cioè io, e che vengono messe sull’attenti. Poi degli attrezzi che serviranno. Si mette la tovaglia, i ciucciarelli, le spianatoie pulite, il frullino per montare gli albumi, il cucchiaio grande di legno, e si mette subito l’acqua con lo zucchero sul fuoco, senza perdere tempo. Non bisogna tenere la tv accesa sennò ti distrai, se suona il telefono si risponde ‘chiamami fra due ore che prima non posso darti soddisfazione, sto facendo il gilèp’, non devi andare nemmeno in bagno, e non ti devi allontanare dal tavolo della cucina. Devi stare li e attendere ordini. Monta gli albumi (‘li hai montati bene? a neve ferma? fammi vedere, bè, nzòmm, si può fare sempre meglio’), si controlla continuamente lo sciroppo finchè fa il filo (‘mamma lo fa il filo’, ‘no, guarda bene, a un certo punto il filo si rompe. Non si deve rompere’). E si continua a controllare, finchè sto benedetto filo non si rompe più. Solo che a quel punto bisogna correre. Prende la pentola con lo sciroppo, non importa se non ce la fa, ce la deve fare, con l’altra mano impugna lo sbattitore (il frullino di prima) e tiene vicino vicino il cucchiaio di legno che fra un pò le servirà. Comincia a versare lo sciroppo nella coppa gigante dove stanno gli albumi montati e nel frattempo va di sbattitore. Piano eh! lentissimamente. (Ordine perentorio: ‘metti due dita d’acqua nella pentola e rimettila sul fuoco, scià veloce e torna qua’). Poi quando è tutto amalgamato spegne lo sbattitore e impugna il cucchiaio, perchè la prima è l’operazione rozza ora viene quella fina. E va di cucchiaio, ‘come quando batti le fave’ e va finchè è pronto, ma questo lo sa solo lei, perchè io ci ho provato, ma lo vedo sempre uguale, prima e dopo. Però lei sa. A quel punto ti dice ‘vai a prendere l’acqua bollente che mi servirà fra un pò’. Corro, prendo e torno. ‘A-ttentiiii’ accanto al tavolo. Comincia ad immergere i ciucciarelli e piano piano a disporli sulla spianatoia, fino a formare un ricamo. Prima spianatoia piena, portala via, ‘stai attenta a non farli cadere e a non cadere pure tu, ca tu si capèsc ca t vè min, cioè che tu sei capace che cadi’, ‘portami l’altra, veloce’. Agli ordini. E così fino alla fine del gilèp, dei ciucciarelli e delle spianatoie. Ecco……
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_MG_5763Ah! quest’anno si è aggiunta una chicca. Ho voluto provare anche a fare i Taralloni, che lei non ha mai amato, perchè non sono ‘delicati’ e ‘presentabili’ come i ciucciarelli. No, sono un pò ‘materiali’. Però mi ha voluto accontentare e dopo una ricerca della ricetta perfetta, li abbiamo preparati. Salto la descrizione della ricerca perchè sarebbe troppo lunga, anche se interessante per meticolosità e tempistica e telefonate. Il problema, o meglio la causa di un’arrabbiatura che, come quando ero piccola, poteva sfociare in una mazziata, si è presentato al momento di ricoprirli di ‘gilèp’. Questi taralloni giganti si devono coprire completamente, non come i ciucciarelli, solo in superficie, e, visto che lei procedeva con precisione con il cucchiaio, io le ho detto ‘mamma fai fare a me per una volta?’ e lei prima ha detto si, poi, quando ha visto che io ho preso una pinza da cucina, ho agganciato il tarallone e l’ho inzuppato tutto nella coppa, per poco non mi suonava in testa il cucchiaio di legno perchè ha ritenuto questa operazione da ‘acciavattòn’, cioè ‘persona che fa le cose in fretta e male’. E tra un rimprovero e l’altro, abbiamo finito anche questo lavoraccio.
Giuro, mi viene un’ansiaaaa, uno stress….. E lo stesso succede a Natale, per il torrone. E quando dobbiamo fare la salsa. E quando dobbiamo preparare i pranzi, che cominciamo ad agitarci da una settimana prima. Perchè lei, la mamma, dice che non si impara mai abbastanza e che anche se imparo, lei nel frattempo ha affinato la tecnica e io devo ancora raggiungerla.
Però è vero. Lei è proprio brava e insuperabile. Non solo in cucina, ma proprio come mamma. Attenta, instancabile, invincibile, presente, sempre. Ed è mia!
Ora vado a buttarmi sul divano.
Buona Pasqua a tutti voi.
Ah già! Le ricette!!!
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I ciucciarelli
- 2 cucchiai di zucchero
- 8 uova
- 50 g di olio
- 50 g di liquore
- 1 pizzico di sale
- 1 pizzico di bicarbonato
- farina q.b.
- un cucchiaino di sale fino
Impastare gli ingredienti e formare un salame grosso da tagliare a tocchetti. Schiacciare ciascun pezzo con il matterello fino a raggiungere lo spessore di un dito. Dare la forma tipica del ciucciarello (tipo un ideogramma cinese!!!) e metterli sulla spianatoia. Portare ad ebollizione una pentola capiente di acqua e immergere i ciucciarelli pochi per volta.
Quando vengono a galla scolarli e rimetterli ad asciugare su un canovaccio. Infornare a 180°-200° o, meglio nel forno a legna, fino a quando diventano dorati e gonfi.
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I taralloni
- 12 uova
- 150 g di olio
- 1 ditale di ammoniaca
- farina q.b. per ottenere un impasto morbido ma ‘lavorabile’
Impastare gli ingredienti e formare un salame grosso da tagliare a grossi tocchi. Formare dei grossi cilindri e avvolgerli a tarallo. Metterli sulla spianatoia. Portare ad ebollizione una pentola capiente di acqua e immergerli pochi per volta.
Quando vengono a galla scolarli e rimetterli ad asciugare bene su un canovaccio. Praticare delle incisioni lungo tutta la parte centrale del tarallo. Infornare a 180° o, meglio nel forno a legna, fino a quando diventano dorati e gonfi.
Il gilèp (o giulebbe o naspro)
- 1 kg di zucchero
- 250 g di acqua
- 2 albumi

Preparare lo sciroppo di zucchero facendo bollire lo zucchero nell'acqua.
Nel frattempo montare gli albumi a neve fermissima.
Per capire quando è arrivato il momento di procedere, versare qualche goccia di sciroppo di zucchero in un  piatto, far raffreddare. Con l’indice prendere una goccia, unire l’indice al pollice e controllare se fa ‘il filo’. Se lo fa significa che è pronto, altrimenti far bollire ancora un po’. Quindi versare a filo lo sciroppo di zucchero nella ciotola degli albumi montati a neve e mescolare velocemente con un cucchiaio di legno. Continuare a mescolare fino a quando la texture sarà liscia e vellutata.


Immergere ciucciarelli e taralloni nel ‘Gilèp’ e lasciar raffreddare e solidificare su una spianatoia.

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18 marzo 2016

Plum cake ROCK al limone

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Alle 16 ho un appuntamento. Il cielo si sta oscurando velocemente e non promette niente di buono. Ieri ho mandato un messaggio ad un mio amico col quale abbiamo lavorato insieme tempo fa, divertendomi moltissimo. Da quando sono a Roma mi è venuta la fissa di scrivere in romano. Mi fa sentire, come dire, a casa in un posto che non è casa mia. Non ho radici qui. Solo qualche radichetta che ho piantato da quando avevo 10 anni, venendo almeno una volta l’anno qui. Ed è per questo che ho accettato di venirci a vivere. Non per sempre. A spizzichi e bocconi. Due/tre settimane qui e una giù. Giusto il tempo di essere contenta di stare in un posto e poi stancarmi. Cambiare posto ed essere sempre felice di tornare nell’altro.

Dicevo, gli ho mandato un messaggio per ricordargli un invito a pranzo per parlare di lavoro. Ammazzandoci dalle risate per il mio romano abbiamo deciso, no pranzo, si caffè e vengo con un amico. L’amico lo conoscevo già, grande musicista, che fa la musica che piace a me, rock, forte, bella, ma con contenuti veri, di quelli che ti fanno pensare. Tanto lo sanno tutti quelli che mi conoscono che sotto l’aspetto angelico e solare, si nasconde in me un cuore metal, dark, che scoppia di musica dura ad alto volume. Si vabbè direte…. ma non lo dite, perchè è vero.

Mi dico, solo il caffè davvero gli faccio trovare? no, tanto che ci vuole? cinque minuti impasto un dolce, sperando che venga bene, così parliamo, beviamo il caffè caldo, un pezzo di dolce bello caldo…. E così mentre penso il dolce è già nel forno. Senza bilancia, misurato con i bicchieri, al volo, un plum cake, così me lo ritrovo anche per domani mattina per colazione.

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Alle 16 puntuali come un orologio che va bene, suona il citofono. Fuori il cielo è sempre più nero. Minaccia. Arrivano i miei amici e come nel detto ‘ora devi far piovere’, che si dice quando si fa una cosa desiderata da tempo che poi si riesce a realizzare, comincia a grandinare. Un segno del destino.

Appena entrati, ci salutiamo e assisto alla loro reazione. Nasi che annusano l’aria, capiscono quello che succede nel forno, sorrisi che si allargano e occhi che diventano sognanti. E la felicità is in the air. E comincia così un pomeriggio di brain storming intenso che porterà sicuramente a progetti interessanti. D’altro canto se si mettono insieme ‘l’omo più importante der cinema’, il più tosto dei musicisti rock, e la blogger più casinista che c’è, non può venir fuori che qualcosa di forte. Ne vedremo delle belle.

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Intanto vi do la ricetta del plum cake che, per dovere di cronaca, è durato pochi minuti, e vi lascio in attesa dei nostri progetti….

YEEEAAAHHHHHH

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Plum cake al limone

- due bicchieri di farina 00 (1 bicchiere = 200 ml scarsi)

- mezzo bicchiere di amido di mais

- un bicchiere scarso di zucchero

- tre uova

- lievito per dolci

- un bicchiere scarso di latte

- due dita di olio di semi o burro sciolto o olio extravergie di oliva leggero

- la scorza grattugiata di due limoni biologici grandi

Mescolare prima gli ingredienti solidi e poi insieme tutti i liquidi.  Mescolare energicamente con la frusta ficnhè vedrete formarsi delle bolle in superficie, che fanno plop plop

Foderare di carta da forno bagnata uno stampo da plum cake. Versare l’impasto e infornare a 180° in forno già caldo. Aspettare circa 20/30 minuti e controllare ogni tanto con lo stuzzicadenti che ne esca asciutto.

Spolverizzare con abbondante zucchero a velo e  servire con una buona marmellata, di ciliege o di mirtilli o di arance…. come preferite.

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10 marzo 2016

La storia di Matteo e della sua passione

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Lo guardo metre lavora, chino sul bancone e con lo sguardo attento di chi misura con gli occhi la giusta dimensione dei pezzi da mettere sulla bilancia e con le mani che toccano con rispetto un pezzo prezioso su cui lavorare. E mi viene spontaneo fargli mille domande. Ha l’entusiasmo di un artigiano che inizia la sua giornata lavorativa con passione e vorrei sapere da quanto tempo ha iniziato a fare il suo mestiere, visto che ancora e ancora gli brillano gli occhi. E mi dice che ha iniziato da bambino, quando più che andare a scuola preferiva andare ‘a bottega’ in macelleria, per imparare questo mestiere. E poi piano piano, ha aperto la ‘sua’ macelleria, dove ogni giorno accoglie i suoi clienti con un sorriso allegro, una battuta e con grande professionalità. Una volta mi son fatta raccontare come si scelgono gli allevatori a cui rivolgersi, e lui da chi va e perchè. E mi ha fatto la mappa degli allevatori della zona e mi ha spiegato che lui preferisce chi alleva i propri animali all’aperto, cura la pulizia degli ambienti, non fa allevamento intensivo. Rimane sempre ‘in zona’, perchè conoscere il territorio e gli interlocutori è importante. E poi ha scelto di raccontare una parte della storia della nostra gastronomia proponendo la carne di mucca ‘podolica’, dal sapore intenso e particolare (e io ne so qualcosa, perchè preparo sempre il mio meraviglioso ‘Stracotto di podolica con cipolle rosse e primitivo’)

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Quando entro nella sua macelleria, mi colpisce la luce che c’è. Tutto bianco e pulito, con vetrate che illuminano un banco pieno di cose ‘sfiziose’, presentate su candidi vassoi, che mi fanno venire il desiderio di pianificare piatti di carne per tutta la settimana pur di assaggiarli tutti. Mi sforzo di trattenermi all’acquisto dettato dalla gola, ma esco di li sempre con cose preziose in mano. E pensare che io non mangio tanta carne rossa!

In un periodo in cui ero un pò anemica rimpiangevo un piatto che mi faceva mangiare mia nonna, la carne cruda condita. Parlo della più conosciuta ‘Tartàre’ che da noi assumeva un significato pratico, un rimedio curativo casalingo, meno ‘raffinato’ di quello che mangiamo ai ristoranti, ma di sicuro effetto. Quando ero un pò deboluccia e avevo il colore pallidino, subito mi facevano trovare sulla tavola fegato marinato con limone, straccetti di carne cruda, diaframma al sangue eccetera. E nel giro di qualche giorno mi riprendevo subito. (Forse mi son ripresa un pò troppo però…. eheheheh). Da allora non sono più riuscita a mangiare quella prelibatezza perchè non mi son più fidata della carne utilizzata… fino a quando ho incontrato Matteo. Li ho superato tutte le mie reticenze e da allora ho trovato il mio fornitore ufficiale di tartare di podolica che mi godo tranquillamente, ogni volta che ne ho bisogno. Se volete la ‘ricetta’ cliccate qui

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Inoltre per le serate in cui arrivano amici e non hai niente in frigo, o semplicemente se ti assale il desiderio improvviso, basta telefonare e ordinare il ‘Fornello’ che da noi, al sud, è una goduria. Carne, salsiccia, zampina, bombette, pollo ecc… cotti allo spiedo in forno a legna. Uno dei miti della nostra tradizione. Tu la ordini, decidi l’ora in cui deve essere pronta, e te la porti a casa, bollente, nei pacchetti di carta da forno e di alluminio. Devi solo apparecchiare la tavola, e poi da Matteo compri anche il pane, la birra, il vino, l’insalata pronta, e altre cose buoneeeee.

E sapete come si chiama questo posto? non poteva chiamarsi in altro modo: ‘Lo Sfizietto, da Matteo’, e si trova nel mio meraviglioso paese, Noci.

Adoroooo.

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8 marzo 2016

Torta rosa di mele

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Da stamattina si parla di donne. E di auguri. E la forla urlante… urla no alle mimose, alla festa, al non trattare le donne come categorie da festeggiare. La folla urlante dice che bisogna ricordare che questa è una festa triste, in memoria di donne che sono morte in una fabbrica… ecc..

E io penso che non si parla solo oggi di donne. Ma lo facciamo tutti i giorni. Sempre con amarezza. Leggiamo di donne violentate, non rispettate, tradite, sfruttate, ignorate, zittite, picchiate, ridicolizzate, maltrattate, bruciate, sfregiate. Ovunque, in ogni paese, in ogni istituzione, in tutti i sud e i nord del mondo, in ogni casa dove c’è un uomo che detta legge e crede di essere superiore. Uomini che non sanno o non vogliono leggere negli occhi delle donne. Non rispettano il loro lavoro e la loro capacità di saper stare comunque al loro fianco, pazientemente. Donne che sanno mettere da parte in una parte profonda del loro cuore torti e tradimenti, per andare avanti.

E’ vero, ci sono anche donne stronze. Ma sono poche.

Io conosco solo donne fantastiche, che ogni giorno hanno più di una lotta da portare avanti. Ed è per loro che oggi dico che voglio festeggiare, con il sorriso, a mio modo con una torta fatta velocemente perchè due amiche verranno ad abbracciarmi qui a casa e con loro prenderemo un thè e ci stringeremo le mani, per dirci l’un l’altra che siamo forti e belle. Ma forti e belle per davvero. Perchè conosciamo le nostre storie (e si, ce le raccontiamo noi!) e sappiamo quello che ci vuole per sorridere al mondo e ai figli, per dire ‘va bene così, nessuno mai mi sconfiggerà. E ci sarò sempre per proteggervi’. Perchè anche tra le lacrime sappiamo farci delle forti risate, che ci ricaricano subito. Perchè ci basta poco per essere felici. Una telefonata dei figli lontani, un caffè, un libro regalato, un messaggio con su scritto ‘come va?’, per aggiustare la giornata.

E oggi vorrei tanto festeggiare con tutte le mie belle amiche che riempiono la mia vita con la loro allegria. Antonella, Liana, Simonetta, Anna, Claudia, Laura, Caterina, Titti, Marcella, Clara, Sara, Tina, Maria, Francesca, Valentina….. e tutti i nomi di tutte le donne del mondo. Ne conosco tante, tante, e di tutte ho ascoltato le parole.

Tempo fa organizzai uno ‘swap’ che si chiamava ‘Parole di carta’, bellissimo, dove invitavo la gente a scrivere un racconto vero o inventato e a inviarmelo. Ebbene non si può immaginare quante storie di vita vera mi arrivarono, parole piene di gioia, di sfogo, di delusione, di felicità. E le conservo tutte gelosamente in una scatola verde bosco, legate con un nastro rosso, come si usava una volta.

Ma ora, aspettando che suoni il campanello, mentre questa giornata volge al termine, voglio solo dire grazie, fare un augurio a tutte noi e gridare al mondo ‘evviva le donne’.

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 Torta rosa di mele

- un foglio di pasta sfoglia rettangolare

- una mela bio

- uvetta sultanina

- due cucchiai di marmellata di arance o albicocca

- zucchero a velo

- cannella a piacere

Mettere l’uva sultanina in ammollo in acqua tiepida o liquore.

Srotolare sul tavolo la pasta sfoglia.

Lavare la mela, asciugarla bene, tagliarla in quarti, privarla dei torsoli e tagliare tante fette sottilissime.

Distribuire sulla pasta sfoglia la marmellata. Tagliare delle strisce large almeno 3,5 cm.

Mettere su ogni striscia qualche acino di uva sultanina.

Sistemare per la lunghezza di ciascuna striscia le fette di mela.

Piegare a metà e cominciare ad arrotolare formando una ‘rosa’ che metterete al centro di una teglia coperta da carta da forno.

Continuare a distribuire le fette di mela sulle altre strisce e sistemarle ‘di continuo’, avvolgendo la rosa centrale.

Cuocere in forno a 180° fino a quando si cuoce la sfoglia. Fare attenzione a non far bruciare le mele.

Servire calda o tiepida con abbondante zucchero a velo misto a cannella.

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1 marzo 2016

Riso integrale con carote al forno glassate e noci (Brown rice with roasted carrots and nuts)

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Ore 11,25 del primo giorno di marzo

Le giornate scivolano via velocemente. Da quando apriamo gli occhi sintonizziamo la nostra mente sulla corsa che sta per iniziare. Facciamo l’elenco delle cose da fare, delle cose che mancano in dispensa, un’idea di quello che metteremo sulla nostra tavola, un pensiero ai ‘doveri’, un sospiro per le responsabilità, un momento per i desideri, subito rinchiusi nel solito cassetto, perchè sbagliando crediamo al ‘tanto c’è tempo per quello’ e via, a fare il caffè. E così la vita scorre. Ci accorgiamo che è ‘già’ il primo giorno di marzo, di un anno con un numero così alto che ti sembra impossibile sia già arrivato.

Non hai un lavoro fisso e questo, a fasi alterne, ti fa sentire una sfigata improduttiva che non vale niente, pur avendo laurea, tante competenze, idee geniali da realizzare, oppure una persona fortunata che può ‘guadagnare risparmiando’ e migliorare la qualità della vita di chi sta accanto, creando atmosfere più rilassate, cucinando cose buone, riempendo la casa di profumi che fanno di casa un rifugio accogliente, scrivendo con calma parole che un giorno potranno diventare libri. E, a giorni alterni, vivi la malinconia o l’euforia della tua condizione.

Vai a fare la spesa e hai un ritmo più lento della gente che corre, chiusa nella bolla dei propri pensieri con occhi concentrati solo sul prezzo,  sulla qualità dei broccoli e sull’orologio che va avanti, e che urla ‘sbrigati’. Guardi con calma il mondo che ti circonda e rifletti. Sulla busta della spesa sempre più leggera delle persone anziane, sui respiri affannati delle donne con bambini e bustoni appesi ai passeggini, sulla quantità di roba invenduta ai banchi, sull’insistenza di ambulanti stranieri che ad ogni giro ti vogliono vendere con occhi e tono implorante buste di aglio rosa, e la quarta volta che t’incontrano ti riconoscono e ti ‘saltano’. E sei parte di un mondo colorato e ricco di sentimenti di gente come te.

Torni a casa con la busta piena di verdure e colori e cominci a cucinare. E ti riconcili con il mondo. E con te stessa.

Oggi ho comprato un mazzo bello di carote fresche e colorate. Ed ecco cosa ne ho fatto….

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Riso integrale con carote al forno glassate e noci (english version below)

(per due persone)

- 4 carote novelle

- due spicchi d’aglio

- un cucchiaino di zucchero di canna (o quello che avete)

- 4 cucchiai di olio extravergine di oliva

- prezzemolo, sale e pepe

- 3 tazze (da caffè) di riso integrale

- 4 noci sgusciate

- un limone (facoltativo)

Lavare il riso e tenerlo in ammollo in acqua tiepida per circa un’ora.  Cuocerlo in abbondante acqua bollente salata. Tenete conto che ci vorrà parecchio tempo, anche 50 minuti. Quindi se avete fretta usate un altro tipo di riso, oppure potete lessarlo il giorno prima e tenerlo già pronto in frigo.

Lavare le carote con tutto il ciuffo, che metterete da parte per altre preparazioni. Pelarle, tagliarle nel senso della lunghezza, o come preferite. Mettere un foglio di carta da forno in una pirofila. Sistemare le carote. Aggiungere l’olio, il sale, l’aglio spezzettato, lo zucchero, mescolare il tutto e cuocere in forno a 180° fino a quando saranno diventate morbide.

Tritare grossolanamente le noci.

Mescolare il riso, le carote, le noci. Aggiungere un filo d’olio crudo, prezzemolo fresco tritato e se piace anche un pò di succo di limone.

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Brown rice with roasted carrots and wallnuts

(for two people)
- 4  carrots
- Two cloves of garlic
- A teaspoon of brown sugar
- 4 tablespoons extra virgin olive oil
- Parsley, salt and pepper
- 100 g of brown rice
- 4  walnuts
- lemon (optional)


Wash rice and keep it in warm water for about an hour. Cook it in salted boiling water. Keep in mind that it will take 50 minutes about. So if you are in a hurry using a different type of rice, or you can boil it the day before and keep it ready in the fridge.
Wash  carrots, peel and cut them lengthwise, or whatever you like. Place a sheet of baking paper in a baking dish. Place carrots, oil, salt, chopped garlic, sugar, mix well and bake at 180 degrees until they become soft.
Chop the nuts.
Mix rice, carrots, walnuts. Add a little more olive oil, chopped fresh parsley and, if you like,  a bit of lemon juice.

Buon appetito.

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