24 febbraio 2016

Stracciatella di spinaci

stracciatella di spinaci

Ho dormito bene, non ho fatto sogni, mi sono svegliata presto, come al solito verso le 6. In piedi, scalza, ho preparato il caffè e ho aperto le persiane. Mi aspettavo le tenue luce del primo mattino e invece ho trovato il grigio di una giornata di pioggia. Questa cosa mi ha messo di cattivo umore. Anzi mi ha fatto piombare la malinconia addosso. Come un macigno. Di quelle sensazioni pesanti che poi ti pesano come un fardello per tutta la giornata. E la capacità di vedere il bicchiere mezzo pieno all’improvviso scompare. Cominci a farti bei discorsetti ma non funzionano. Allora decidi semplicemente di aspettare …. che passi.

Ho fatto in casa quello che si DEVE fare, ho sistemato e ordinato e pulito, come se lo stessi facendo dentro di me. Ho accarezzato i miei libri sulla libreria, ne ho sistemato di nuovi, comprati due giorni fa, contenta e pregustando il momento in cui mi siederò e segnerò con i miei post it colorati le ricette da ricordarmi di preparare. Ho preferito non mettere musica perchè avrei scelto qualcosa di deprimente e lento. Ho assecondato il ritmo del nulla dentro di me.

E’ arrivata l’ora di pranzo. Ma non avevo nemmeno fame. Brutto segno, mi son detta. Non avere fame per me è segno di tristezza infinita e profonda.

Ho aperto il frigo e ho trovato ben poco, ma non avevo nessuna voglia di uscire sotto la pioggia. E così ho inventato un pranzo con quello che avevo.

stracciatella di spinaci1

Ho stufato con aglio e peperoncino gli spinaci grondanti di acqua, ho aggiunto le uniche due uova che c’erano, ho grattugiato un pò di Parmigiano, sale e pepe. Un filo d’olio in padella e, appena rappresa, ho stracciato la frittata che si stava formando.

Tre fettine di pane, tostate in forno, hanno fatto da base alla stracciatella fumante. Un dito di vino bianco frizzante che avevo in frigo e… magicamente è andato giù tutto il cattivo umore.

Sono uscita e, dall’ambulante all’angolo, ho comprato dei fiori, per me.

E ho capito che nulla si può contro gli alti e bassi, non solo della vita ma anche dell’umore. Basta non arrabbiarsi. Abbiamo sempre qualcosa intorno (o nel frigo) che può aiutarci a sorridere.

E voi cosa fate quando siete di cattivo umore?

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21 febbraio 2016

Patate, cipolle rosse, menta e curcuma (Potatoes, red onions, mint and tumaric)

patate e cipolle alla curcuma

Oggi è stata una bella giornata. C’era il sole, l’aria era fresca ma non fredda. Tutto il giorno libero davanti a noi, da riempire come desideravamo. Fregandomene dei soliti acciacchi con i quali ormai sto imparando a convivere, mi son detta ‘ma si, usciamo e poi si vedrà strada facendo quello che ci piacerà fare’. Era quasi l’una quando ho pensato questo e allora abbiamo deciso ANCHE di saltare il pranzo e di riempire il vuoto solo con un gelato al volo e rimandare … il ragù per la sera. Infatti è sul fuoco che ora sobbolle e sta riempiendo la stanza di profumo e di desiderio. Ammazza che fame! Ma nel frattempo vi racconto quello che abbiamo fatto. Ci siam detti ‘ci diamo all’arte?’ e arte fu. Una mostra di Botero, ‘La Via Crucis’, al palazzo delle Esposizioni. Bella, mi è molto piaciuta, soprattutto perchè io amo Botero che secondo me ha capito tutto della bellezza della vita, amando le forme abbondanti come inno di serenità e felicità rilassata. Poi passeggiata a piedi fino alla bianchissima e rinnovata Fontana di Trevi, che ci stupisce ogni volta, anche se è la millesima, e che ci fa sentire sempre turisti alla prima visita. Quindi ancora a piedi in giro senza meta, fino a quando abbiamo sentito il bisogno di un caffè, seduti per un pò. Dalle nostre parti c’era, indovinate un pò….la Feltrinelli e li ci siamo fiondati. Ci siam caricati di libri e abbiamo deciso di poltrire leggendo per un pò. Con l’intento di non acquistare più libri almeno per qualche mese. Ovviamente intenti subito dimenticati perchè abbiamo deciso che c’erano libri assolutamente indispensabili, di quelli che devi avere per forza. E li seduta in mezzo a libri di cucina vegetariana, vegana, delle trattorie, ricette antiche, ricette della nonna,  mi son tornati tutti gli entusiasmi per la cucina con le verdure, e mi son tornate in mente tutte le cose buone che preparava mia nonna e che continua a preparare la mia mamma, brave donne che con poco sanno creare capolavori. Ricette che io preparo quando ho bisogno di piatti veloci, buoni che profumano la casa e che stupiscono gli ospiti. Ieri ho preparato una ricetta che pensavo troppo semplice per essere pubblicata. E alla luce del nuovo punto di vista ora la pubblico. Ed ecco qui le mie ‘patanedd con cipolle’ al forno, profumate di menta e con l’aggiunta di un pò di curcuma, ultima scoperta nella mia cucina. Mia madre non approverebbe, ma io e i miei ospiti abbiamo approvato con ‘mmmmmmmm’ di stupito godimento. Ecco qui la mia ricetta, provatela, con o senza curcuma, come volete, ma preparatela. E poi ditemi.

patate e cipolle alla curcuma1

Patate, cipolle rosse, menta e curcuma (English version below)

- patate piccole

- cipolle rosse

- un mazzetto di menta fresca

- olio extravergine di oliva

- vino bianco

- sale, pepe

-curcuma fresca

In una teglia da forno versare un filo di olio, le patate, le cipolle pulite e tagliate in quattro, sale e pepe. Cuocere in forno finchè diventano morbide.  Versare il vino bianco e la menta e rimettere in forno fino a quando evapora tutto il liquido. Prima di servire grattuggiare la curcuma e mescolare.

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Potatoes, red onions, mint and turmeric

- Small potatoes

- Red onions

-  fresh mint

- extra virgin olive oil

- White wine

- salt and pepper

- fresh tumaric

In a baking dish put oil, potatoes, cleaned and quartered onions, salt and pepper. Mix and bake them in the oven until soft.  Pour white wine and  mint and put in oven until all the liquid evaporates. Before serving grated turmeric and mix.

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18 febbraio 2016

Cime di rapa

cime di rapa

Eccole qua. Ora sono sempre sulla mia tavola. Da quando spuntano ai primi freddi a quando finiscono la loro vita, fiorendo. Un tempo era l’unica cosa che non gradivo mangiare. Invece a casa mia ne andavano matti, soprattutto mia madre. E lei, con la santa pazienza, ogni volta che le preparava per gli altri, a me preparava… la pastina in bianco. Poi col tempo, avevo imparato ad invidiare il gusto che leggevo sul viso di tutti, e tutti si stupivano del mio rifiuto di mangiarle. E io liquidavo tutti, altezzosa, dicendo che ‘le cime di rapa hanno un gusto strano, e poi, o si amano o si odiano. E io le odio’. Però mi sentivo un’esclusa da questo girone rapaiolo di goduriosi. E allora decisi di imparare a mangiarle. C’è voluto un bel pò di tempo e di tentativi, ma alla fine ci son riuscita. E ormai da molto me le gusto anch’io, come tutti. Continuo a pensare che il loro è un sapore particolare, tra l’amaro e il dolce, ma le amo proprio per questo.

E col tempo ho anche imparato diverse tecniche per pulirle e cucinarle. Mia nonna diceva che bisogna cercare di recuperare quanto più possibile della pianta e, a parte le parti marce o gialle, si poteva mangiare proprio tutto. Da mamma che è sempre stata un pò schizzinosa ho imparato a raccogliere le cime e le foglie più tenere. E io ho scelto il metodo della nonna per due motivi. il primo è che conprare due chili di verdura e poi ritrovarsi appena 600 g di cime lo ritengo uno spreco enorme e poi ho provato a cucinare foglie e torsoli e ho scoperto che sono buonissimi! anzi, si possono creare delle ricette squisite, come quella che pubblicherò di seguito.

La stessa riflessione si può estendere a  tutte le verdure che conosciamo, tipo cavoli, broccoli, cime nere, patate,  e carote, di cui utilizzare tutto, come abbiamo anche visto in precdenza con le barbabietole.Dunque non resta che provare!

 

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Penne con foglie di rapa e pangrattato piccante alle acciughe

(Per due persone)

- 120 g di penne rigate

- 500/600 g di foglie e torsoli di cime di rapa

- 3 cucchiai di olio extravergine di oliva

- 3 cucchiai di pangrattato

- due acciughe dissalate e lavate

- peperoncino piccante

Lavare accuratamente le foglie di cime di rapa. Eliminare i filamenti dai torsoli. Lessare il tutto in acqua bollente salata. Con una schiumarola scolare le verdure e versare la pasta nella stessa acqua. Quando la pasta sarà molto al dente preparare il condimento. In una padella abbastanza larga per saltare dopo tutto, versare l’olio e appena comincia a riscaldarsi aggiungere i peperoncino e le acciughe. Quando saranno sciolte aggiungere il pangrattato e mescolare fino a quando sarà diventato croccante e dorato.

Versare le verdure e la pasta nella padella e amalgamare .

Servire caldo.

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13 febbraio 2016

Bucce d’arancia candite

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Quando avevo 6 anni circa, abitavo in una casa piccola in una stradina piccola chiamata Via Carmine. Era nel centro storico del mio paese, con le case dai muri bianchissimi, rinfrescati ogni anno all’arrivo della bella stagione. La calce si comprava da un ometto che compariva puntuale con il caldo,  con il suo ‘motocarretto’, carico di pietre da sciogliere. Arrivava l’estate e tutte li a strofinar chiancole con candeggina e ‘briscone’, la spazzola dura che lucidava qualsiasi pietra. Tutte le donne facevano a gara a chi teneva i gradini esterni delle case più puliti e bianchi, e ognuna andava orgogliosa del proprio lavoro e della propria bravura. Passeggiando per le stradine si sentiva odore di pulito, ma del pulito vero, e si apprezzavano i vasi fioriti che rendevano ancora più belle le case. Ed era bello passeggiare in un luogo dove tutti si conoscevano e al calare della sera, finite le faccende, si mettevano fuori le sedie e tutte insieme si parlava, si ‘spizzicavano’ fave, si lavorava a maglia, ci si riposava un pò, ma sempre in compagnia.

Di fronte a casa mia c’era uno dei due negozietti di generi alimentari del quartiere. Piccolo ma pieno pieno di tutto quello che serviva nelle nostre case. A me non era consentito andar giù in strada a giocare, perchè quello era privilegio dei maschi. Però mamma mi mandava sempre al negozio, dalla signora Peppinella, a comprare ora due acciughe sotto sale, ora mezzo chilo di spaghetti (tenuto insieme dalla carta blu), ora un pezzo di formaggio da grattugiare. Non si comprava il pane, nè la salsa di pomodoro perchè si facevano in casa. Il latte ce lo portava ogni giorno Ciccillo, al calar del sole, con la sua bicicletta con cassettina e bidoncino al seguito. E quando serviva qualcosa, i soldi erano contati, al centesimo. E non c’era verso di farci comprare le caramelle, le cioccolate o altre cose ritenute lussi. I capricci non funzionavano mai con mia madre. Era no e basta. Però ogni tanto, in momenti di debolezza o perchè meritavamo un premio ci consentiva di comprare 10 lire di Nutella. Andavamo di corsa da Peppinella e lei toglieva il coperchio giallino di una coppa di plastica piena di nutella,  posata sul banco,  riempiva un cucchiaio di legno di quella meraviglia e la posava in un foglio quadrato di carta oleata, precedentemente tagliato della giusta misura, per non sprecare.

Hai voglia a dire ‘E dai Peppinella, mettine di più!’. Lei rispondeva ‘che 10 lire mi hai chiesto! ne vuoi 15 o 20?’. E noi rassegnati facevamo di no con la testa, perchè tanto mamma i soldi ce li dava contatissimi, senza speranza.

E allora con gli spruzzi dell’acquolina in bocca prendevamo questo tesoro e ci acquattavamo in un posto tranquillo, aprivamo questo cilindro di carta chiuso ai bordi, ci riempivamo del profumo della cioccolata, poi lo piegavamo a metà, premevamo con le mani per distribuirlo quanto più possibile su tutta la superficie, lo aprivamo e…. cominciavamo a leccare tutto il foglio, imbrattandoci pure il naso, ma godendo da matti.

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Vi chiederete perchè ho raccontato tutto questo.

Ma dovrò cominciare dall’inizio. Anzi continuare il post precedente, nel quale vi avevo già detto che avrei dato un’altra ricetta.

Dopo aver fatto le due marmellate non volevo buttar via le bucce che nel frattempo erano diventate tenere e profumate. Le ho candite e sotto vi dirò come e poi una parte di esse le ho pure ricoperte di cioccolato. Dopo averle immerse nel cioccolato le ho posate su un foglio di carta da forno, che oggi sostituisce la carta oleata. E quando si sono asciutte per bene le ho riposte in una scatola di latta ma, guardando il foglio con tutta quella cioccolata non ho potuto fare a meno di ricordare le mie golosità di bambina piccola e…allora, ho posato il foglio su un piatto che ho messo su una fonte di calore… la cioccolata si è sciolta e così….. ho ritrovato la mia infanzia, leccandomi tutta la cioccolata, senza pudori.

E ora vi consiglio di preparare questa ricetta semplice, non solo per recuperare le scorze di arance biologiche, così tanto preziose oggi, ma anche per creare delle piccole golosità da tirar fuori quando vi sentite un pò giù. A me, le arance e le scorze fanno sempre un effetto energizzante.

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Bucce d’arancia candite

- 1 litro di acqua

- 300 g di zucchero

- scorze di arancia già bollite (vedi ricetta marmellata di arance n.2)

Versare lo zucchero nell’acqua e portare ad ebollizione e continuare a bollire fino a quando si sarà addensato.

Immergere e bucce e farle cuocere almeno 15 minuti.

Scolarle con una schiumarola  e lasciar raffreddare lo sciroppo che, una volta raffreddato potrete utilizzare per inzuppare dolci o macedonie.

Una volta fredde, le bucce potrete semplicemente farle rotolare in zucchero semolato o immergerle in cioccolato fondente fatto sciogliere

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9 febbraio 2016

Marmellata di arance

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“Quel giorno aveva accompagato la sua mamma a comprare la frutta. Era una bella giornata che invitava a fare una passeggiata e a respirare l’aria frizzante che precede quella tiepida della nuova primavera. I colori tutt’intorno erano più forti che mai. Il verde dei prati cominciava a colorarsi di piccoli fiori gialli. Alcuni alberi, illusi dal sole di un inverno mai diventato davvero tale, avevano già offerto i primi fiori. E così, con il finestrino timidamente aperto per lasciar entrare quel pò d’aria che sapeva di respiro pulito, discutevano del freddo mai arrivato, ma che nonostante tutto non riscaldava abbastanza le ossa un pò malandate di entrambe, dei progetti per l’estate, del cosa avrebbero mangiato quel giorno, e delle buone intenzioni di lasciarsi andare all’ozio che, più di tante medicine, avrebbe giovato soprattutto al buonumore. Arrivate al negozio, cominciarono a riempire la sporta di insalata, broccoli e cime di rapa, di patate e cipolle novelle, già pregustando i piatti che piano piano si appuntavano nella mente, promemoria per tutta la settimana in cucina. Nascosta in un angolo, notarono una cassetta di legno, piena di arance di un colore pallido, poco invitante, che sfiguravano al confronto delle arance lucide,  con fresche fogli verdi che, superbe, troneggiavano in bella mostra sul primo banco. Chiesero e seppero che erano arance di un contadino, che ne aveva qualche albero pieno, di quelle nate e cresciute da sole, senza che nessuno si curasse di loro, e che ‘per favore, vedi se le vuole qualcuno. Non sono belle, ma almeno non sono pompate’. Le arance ‘cresciute da sole’ furono così scelte per diventare marmellate, spuntino, dolce di fine pasto e anche prelibatezze candite. Le portarono a casa e cominciarono a lavarle.”

Mi piaceva raccontare così la storia delle mie arance che sono davvero diventate marmellate, torte e canditi. Perchè così le ho vissute.

Veniamo alle ricette. Ognuno di noi ha le proprie, ma, non so voi, io amo sperimentarne di nuove. Solo che appena faccio la ricerca sul web, sono sommersa da mille varianti, mille idee, mille suggerimenti. E poi tra queste tremila cose, faccio di testa mia. In fondo, avevo solo qualche chilo di arance, da cui ho ricavato 1) due tipi di marmellate 2) torta di mele e arance candite 3) torta di arance e limone 4) scorzette di arance candite e ricoperte di cioccolato fondente. Ovvio che andrò per gradi, anzi per post…. Oggi cominciamo con le marmellate. E vi racconterò di due ricette.

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Marmellata d’arance (N.1, tipo gelatina)

- 2100 g. di arance biologiche

- due mele

- 900 ml di acqua

- 500 g di zucchero

Lavare accuratamente le arance e con un rigalimoni tagliare le bucce a fili. Ne ricaverete circa 80/100 grammi.

Tagliare a metà le arance e spremerne il succo (ne ricaverete circa 800 grammi), da versare in una pentola a bordi alti dove avrete già versato anche l’acqua.

Sbucciare e grattugiare le mele e aggiungere la polpa nella pentola. Versare anche le scorze. Immergere tutti gli avanzi di arance che potete. Sembra una cosa strana, ma la pellicina bianca, pur essendo amara, è ricca di pectina e, lasciata li tutta la notte, favorirà la gelificazione durante la cottura.

Lasciar riposare per almeno 12 ore.

Aggiungere lo zucchero e accendere il fuoco. Far cuocere, facendo attenzione durante che la schiuma che si forma durante l’ebollizione non fuoriesca dalla pentola), fino a quando una goccia di liquido, versata su un piatto pulito e asciutto, fatta raffreddare, non scivoli più, ma resti ferma.

Imbarattolare ancora calda. Chiudere bene e, per eccesso di zelo, fare un passaggio a bagnomaria.

IL risultato è una gelatina con scorzette di arancia, abbastanza dolce, ottima su fette di pane integrale o nero, con un velo di burro.

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Marmellata d’arance (N.2, stile Simonetta)

- 2 kg di arance

- 200 g di zucchero

Questo metodo per fare la marmellata l’ho imparato da una mia amica, Simonetta, che ama le arance amare. E con lei un intero pomeriggio abbiamo tolto semi e semi, polpa e succo, da una quantità infinita di arance. Quindi ho imparato proprio bene la lezione.

Lavare bene le arance, bucherellarle con i rebbi di una forchetta e lasciarle per almeno 24 ore immerse completamente in acqua.

Dopo le 24 ore metterle a cuocere, intere,  sempre coperte di acqua, in un grande pentolone, fino a quando le bucce saranno diventate morbide.

Farle raffreddare. Tagliarle a metà e strizzarle bene, raccogliendo il succo ed eventuale polpa in una ciotola. Da due chili di arance io ho raccolto circa 850 g di succo.

Eliminate il resto delle pellicine dalle scorze e cominciate a tagliarle a striscioline sottili, quanto più sottili potete. IO ne ho tagliate circa 200 g, ma, questo lo deciderete in base al vostro gusto, e aggiungetele al succo.

Versare lo zucchero e girare fino a quando si sarà sciolto completamente.

Mettere il tutto a cuocere in una pentola, fino a quando si addenserà.

Come sopra, imbarattolare ancora calda, chiudere bene e, per eccesso di zelo, fare un passaggio a bagnomaria.

Questa marmellata non è gelatinosa ma più densa e io l’ho subito usata per profumare un paio di torte.

Attenzione! Non buttate le scorze rimaste. ……. Ma cosa potete farne ve lo racconterò nel prossimo post, fra un paio di giorni.

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2 febbraio 2016

Seppie ripiene di bietoline rosse su crema di patate

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A volte mi prende la mano la curiosità. E mi fa riempire la sporta di ingredienti per me inusuali. Dovevo solo comprare insalata, banane, prezzemolo e aglio, ma son tornata con curcuma, zenzero, batata, patate viola, pastinaca, e un gran bel mazzo di barbarbietole rosse con tutto il suo bellissimo ciuffo di bietoline attaccate. Da noi in Puglia si usa cucinare solo la rapa rossa, ma non le sue foglie. Io le ho scoperte per la prima volta a Roma, durante una delle mie passeggiate alla scoperta della citta, al mercato del Testaccio. Erano così belle con quel loro colore brillante che vederle, desiderarle e comprarle fu un tutt’uno. Un pò timorosa al primo assaggio, poi mi rilassai perchè non solo erano più saporite delle bietole ‘bianche’, che invece restano più insipide, ma in più hanno anche un leggero sapore piccantino che non guasta affatto.

Inoltre ultimamente sto scoprendo il piacere di non buttare via niente delle verdure, non perchè all’improvviso mi son svegliata tirchia, ma perchè foglie e torsoli possono essere tranquillamente utilizzate per altre ricette, tutte da inventare. Come il ‘ciuffo’ delle carote gialle, le foglie e i torsoli dei cavoli, delle cime di rape, dei broccoli e cosi via…. A breve raggrupperò un pò di queste idee… vedremo cosa ne verrà fuori.

La ricetta di oggi è nata dalla voglia di pesce, verdure e leggerezza. Così ho ottenuto un piatto unico dietetico, ricco di proteine, carboidrati e fibre.

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Seppie ripiene di bietoline rosse su crema di patate

(per due persone)

- due seppie già pulite

- un mazzetto di bietoline rosse

- tre pomodorini

- due spicchi d’aglio

- due patate medie

- due cucchiai di olio extravergine di oliva

Lavare e lessare le bietoline rosse (solo le coste ma volendo si possono anche utilizzare le foglie). In una padella bassa versare un cucchiaio di olio, aglio e pomodorini tagliati a metà. Far appassire il tutto e poi con un mestolo forato scolare le bietoline, grondanti di acqua, e metterle nella padella. Far insaporire e spegnere il fuoco.

A parte far lessare le patate sbucciate e tagliate a fette spesse. Quando sono cotte sia le patate che le bietoline, spegnere i fuochi.

Riempire le seppie con le bietoline. Chiuderle aiutandovi con uno stuzzicadenti. Disporle su una teglia da forno e cuocerle in forno a 180° per circa 20 minuti (anche di più se vedete che sono ancora crude)

Frullare le patate con un pò dell’acqua di cottura, aggiustandole di sale se necessario.

Versare la crema di patate in un piatto, disporre le seppie, intere o affettate, Condire con un filo d’olio e servire.

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