25 luglio 2015

Storia di una collana, di un albero e di una vocale

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Qui oggi si sorriderà, si impareranno cose nuove e so già che mi arriveranno un sacco di fischi all’orecchio.

Cominciamo dall’inizio.

Era un giorno di festa, non ricordo quale. so solo che alla nostra tavola c’eravamo tutti. Papà, mamma, i miei fratelli, le mie cognate, tutti i nostri figli, una zia e una coppia di ‘compari’ (marito e moglie) acquisiti. Nel senso che il ‘comparizio’ era tra loro e un paio di miei zii, ma per amicizia, per affetto e, soprattutto, per rispetto, erano diventati compari di tutta la famiglia e quindi per noi erano al pari di parenti cari. Quindi ‘commara T.’ e ‘compare M.’  erano con noi quel giorno a tavola. Persone straordinarie, ricchissime di umanità, cultura contadina, buona volontà, generosità e rispettosi come pochi. Quindi da noi tutti amati. A tavola si parla tutti il dialetto, a volte l’italiano, a volte sbagliando magari qualche finale, incrociando a/e/o, in maniera casuale, come si usa in puglia.

Loro sono state le nostre guide quando abbiamo iniziato a raccogliere le olive per fare l’olio, quando volevamo delucidazioni sull’orto e sui concimi naturali, su tempi e modalità di aratura, taglio dell’erba e potatura…. ecc….. insomma i nostri maestri.

E così quel giorno a tavola si parlava della differenza tra ‘fioroni’ e ‘fichi’, che qui da noi è fondamentale, mentre altrove si chiamano tutti sempre e solo fichi.

Noi in campagna abbiamo solo un albero di fichi, che però non porta molti frutti, nonostante ne spuntino tantissimi, ma poi piano piano cadono quasi tutti, lasciandone solo alcuni. E chiedevamo delucidazioni.

Allora il compare M. iniziò la sua spiegazione. ‘Non tutti gli alberi producono sempre i frutti. Dipende se sta vicino il maschio, oppure no. Per questo anche per il castagno bisogna piantarne due o tre, perchè siccome non si sa come sono, si spera che su tre almeno due sono maschio e femmina’.

‘infatti’, dicevo io, ‘ tutti i castagni a noi sono seccati. Vuol dire che erano tutti uguali. E per i fichi, compare, cosa possiamo fare?’

E lui, ‘Devi usare un metodo vecchio. Devi andare al mercato e devi comprare la collana dei ‘prefìsc’, e l’appènn all’àrv,  che quella, la moscerina, va nella fica e avviene l’impollinaziòòòn’.

Silenzio generale.

A quel punto mio marito disse: ‘Fermati compare, che mi sa che hai preso una strada pericolosa’.

E di li si scatenò l’uragano delle risate, che bloccarono per almeno una mezz’ora l’intero pranzo, con mani sulla pancia e sulla bocca, lacrime agli occhi e pericoloso dondolio di sedie.

ehm ehm….

E così abbiamo capito che per far fruttificare il nostro fico, bisognava portare la collana di frutti di ‘caprifico’  e aspettare la grazia degli insetti impollinatori.

Che poi, mi son sempre chiesta, perchè tutti i gli alberi hanno nomi maschili e i frutti nomi femminili e solo per l’albero del fico questo non succede?

Tutti malpensanti eh?

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22 luglio 2015

Poesia di un tramonto d’estate

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Pensavo non esistessero più. Come le lucciole nelle fessure dei muretti a secco e come l’odore della pioggia sui ‘ristucci’ bruciati dopo la mietitura. Sensazioni che pensavo sarebbero rimaste impigliate nei miei ricordi di estati lontane e ormai perse per sempre.

Avevo dimenticato anche lo scorrere vero delle stagioni, quando la primavera era la primavera, tiepida e frizzante insieme. L’estate era l’estate, soffocante e umida, dove tutti si lamentavano del caldo e dormivano come potevano fuori sui balconi, direttamente sul pavimento reso fresco da un secchio d’acqua. Quando ti buttavi a terra solo col cuscino e mentre aspettavi di ritrovare il filo dei sogni, avevi l’orecchio che ascoltava il silenzio della notte e lo sguardo verso un cielo luminoso di stelle. E sapevi che sugli altri balconi c’era gente come te, silenziosi poeti che sapevano apprezzare e godere un momento di solitaria e pura magia. Erano quelle estati dove tutti cercavano refrigerio nelle angurie mangiate in villa, con scorze e semi lanciati perchè dopo la mezzanotte, chissà perchè, si tornava tutti bambini. E quelle notti calde quando non volevi mai tornare, tanto non avresti mai dormito, e rimanevi nel silenzio del paese a passeggiare con un amico accanto, parlando, fumando, e osservando il venditore di angurie che dormiva accanto alla montagna di frutti, con l’orecchio attento a chi tentava di fregargliene qualcuno. E c’era sempre qualcuno che ci provava, quasi sempre per scommessa.

L’estate. A giugno cominciava, a luglio esplodeva, carica di promesse per le ferie di agosto da aspettare, e chiassosa di parenti emigrati che tornavano ogni anno a godere della propria terra, trovandola sempre uguale, vantandosi superiori di quanto funzionavano le cose altrove e piangendo ogni volta, prima di andar via. Era l’estate dell’ozio lento, delle mattine e dei pomeriggi di noia,  dei sorbetti al limone in piazza e dei giochi per strada.

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E di quei pomeriggi in cui, finite le faccende di casa, e il papà era tornato con la voglia di fare una cosa pazza, diceva a mamma  ‘Prepara qualcosa che andiamo tutti a mare, a mangiare insieme sugli scogli’. E sorpresi, felici, isterici per questa pazza idea, ci si preparava impazienti di infilarsi in macchina. E le telefonate a parenti e amici…. ‘ehi noi stiamo andando a mare a mangiare sugli scogli, volete venire pur vù? scià vnìt scià’. E si partiva.

E si arrivava quando ancora c’era un’ora buona di luce. Ma di quella luce particolare dell’estate, quando l’aria si ferma, ti accarezza la pelle, il cielo passa dall’azzurro al rosa e poi al violetto, e piano ti accorgi che scompare l’orizzonte. Chi c’è si immerge lentamente, quasi ad assaporare quel momento regalato, piano, piano, e sospira godendo di quell’acqua che ti porta via tutta la stanchezza, i pensieri, l’angoscia del domani….

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E tu fotografavi quell’immagine dei bagnanti del tramonto,  bambini con le ultime energie che spruzzavano acqua o giocavano a far la balena arenata, senza più fiato per gridare. Gli anziani con le gambe magre e i costumi larghi e alti quanto un dolce vita che passeggiavano nell’acqua fino alle ginocchia, le donne che parlavano in acqua con i capelli raccolti con la pinza, gli uomini che si sfogavano nuotando fino al largo e magari cercando di prendere qualche riccio. Puro godimento, in tanti, a goder dell’ozio.

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Pensavo che non esistessero più, giornate come queste. E invece ieri, mi ha sorpreso trovare alla fine del giorno, gli stessi bambini, gli stessi anziani che guardavano il mare, le stesse donne stanche con le stesse pinze. E lo stesso silenzio della poesia di un tramonto d’estate.

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20 luglio 2015

Cos’è #FoodcampPuglia.

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18 luglio, ore 13,30

Bari, una fornace, in questa torrida estate, mi accoglie sorprendendomi con mille parcheggi a disposizione, tutti per me. E’ la prima volta in vita mia che mi capita. E allora scelgo il posto proprio di fronte a Frulez, un luogo magico, dove fra un pò, sono sicura, sognerò cose belle, assaggiando cose buone e fresche.

Ho qui un appuntamento, con Paola Sucato (la mitica Ci_polla), Francesca Singerfood D’Agnano, Flavia di Cucina Mancina e tante, tante altre persone speciali che ormai ‘da mò’ che vivono sul web, e popolano, animandola, una vita parallela in cui tutte si conoscono  e parlano la stessa lingua.

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Paola, milanese nell’aspetto, nei modi e nei ritmi, ma dal cuore pugliese (che si vede ad ogni languida inquadratura che fa della nostra/sua Monopoli, e delle friselle che mangia), ha fortemente voluto un incontro fra Foodblogger pugliesi, qui a Bari. Dopo un primo stupore e tra un’incertezza e l’altra (chiamato anche ‘tiremmolla’), si è formato il gruppo. Da una parte i ‘relatori’ (parola troppo seria, considerata la professionalità molto gioiosa ed entusiasta dell’evento, ma non me ne viene un’altra ora), e i foodblogger venuti li, apposta apposta per ascoltare. Ma fino alla fine c’è stato uno splendido interscambio e tutti sono diventati relatori, tanto tutti foodblogger lo eravamo già prima.

Devo elencare i punti dell’incontro in sequenza perchè è stato bello tutto e non voglio dimenticare niente e nessuno.

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1) ‘Foodstorytelling aziendale: persone, luoghi e vendita. Una narrazione online’, di Francesca D’Agnano, la nostra bellissima Singerfood che ci ha spiegato come si ‘racconta’ un prodotto attraverso la sua storia e le persone che l’hanno creato.

2) ‘Ci SEO o ci fai? Quando farsi trovare sui motori di ricerca non è un gioco da ragazzi’, rocambolesca lezione via skype con la grande Valentina Novembre che, nonostante un piccolo malore è stata con noi, per insegnarci a capire i meccanismi della ricerca sul web. Cose a noi sconosciute di cui avevamo davvero sete.

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3) ‘Una cucina che si sente. Dalle ricette alla voce. Dalla voce al podcast’ di Marileda Maggi, che ci ha aperto un mondo nuovo. Mille spunti per ricette raccontate, con la nostra voce, senza l’ausilio delle immagini. Parole che fanno desiderare il cibo…. Il tutto raccontato da lei, bellissima voce e personalità travolgente.

4) ‘Strumenti di analisi per foodblogger’ di Daniele Rutigliano. E chi lo sapeva che c’era tutto un mondo di analisi per capire come si muove la ricerca in rete? Google analitycs, ha meno segreti ora. Spero che organizzi un bel corso il nostro Daniele, perchè il suo aiuto e le sue conoscenze sarebbero di grande aiuto per ‘muoversi’ meglio con i nostri blog. Se ce la facciamo ad organizzarlo, vi faccio sapere.

5) ‘Chi se la piglia sta Puglia?’ di Nick di Fino. Un’arrabbiata analisi su quello che offriamo della nostra Puglia, condizionati più dall’idea che hanno ‘gli altri’ di noi, che sta lentamente trasformando la nostra terra. Durante questo intervento, che in realtà si è dovuto quasi fermare all’inizio, si è scatenata una fervida discussione, sostenuta dall’orgoglio pugliese che è venuto fuori in maniera prepotente. Ed è stata creata e issata la bandiera del ‘trullo senza piscina’, di cui sicuramente un giorno vi parlerò.

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6) ‘Dressing mania: il segreto dietro un piatto’ Showcooking di Francesco Gravina, cuoco creativo di Frulez, che ci ha preparato in diretta, facendolo sembrare semplice, due piatti fantastici, ‘Filetto di salmone marinato e arance’, Hamburger vegano con verdure e maionese veg’, di cui vi riporto le immagini che ho scattato e pubblicato senza alcun filtro. Presentazione meravigliosa di Flavia Giordano di Cucina Mancina.

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7) ‘Instamood: percorsi per immagini. Raccontare e raccontarsi in cucina’. di Anna Gentile, la sottoscritta. Mi sono divertita a raccontare come nascono le mie foto di food, privilegiando set imperfetti, attimi rubati alla preparazione, confidando nella comunicazione delle mie emozioni attraverso le immagini, senza l’ausilio delle parole.

Tanti gli amici presenti, da Spezio, alla mia principessa Roberta Longo, a Marina di Amula Cucina Creativa’, e tante amiche foodblogger che sono venute anche da lontano per condividere questo incontro che tanto ci ha dato.

Nasceranno sicuramente grandi cose, tra cui la voglia di imparare e crescere e sapersi muovere meglio con il nostro blog. Questa è la sensazione che mi è rimasta dentro.

Peccato per chi non ha potuto/saputo cogliere l’occasione. Ma questo è solo il primo …. Ce ne saranno altri e vi avviserò!

Grazie Paola, grazie a tutte.

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15 luglio 2015

Pranzo all’ombra con riso venere, verdure, gamberi e erbe aromatiche

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Le persiane sono chiuse. Anche la porta è accostata. Il ventilatore ruota freneticamente e fra un pò decolla. Intanto intorno tutto vibra di questo vento spinto dalle pale. La tovaglia, la gonna, lo strofinaccio poggiato sulla sedia. Ogni tanto vola qualche tovagliolino di carta lasciato sul tavolo. Fa caldo, ma proprio tanto. E, visto che proprio lo deve fare perchè siamo in estate, visto che non serve a niente lamentarsi o strepitare, allora ricorro al vecchio metodo dell’oooommmmm, del restare calma, della distrazione, dell’indifferenza.

E così cammino scalza in casa, evitando le mattonelle in prossimità della luce. vesto con una cosa leggerissima di cotone, faccio la limonata con ghiaccio, zucchero e menta, a portata di sete, lascio filtrare la luce quanto basta per non inciampare e aspetto il tramonto e l’ombra che verrà.

Ricordo che da bambina non avvertivo per niente il caldo dei pomeriggi assolati, quando piuttosto che andare a riposare come volevano i grandi, avrei preferito continuare a giocare fuori sulla veranda. E anche quando da ragazza si andava in spiaggia, rigorosamente all’ora di pranzo, solo con il telo sotto il braccio e le infradito ai piedi… Senza ombrellone, senza ombra, senza ripari. Solo sole e mare, e amici accanto.

Vai ora vai, al mare senza la tenda verde di decathlon al seguito, o senza la protezione totale… oppure vedi se riesci a mettere il naso fuori di casa prima delle 18…

E vabbè si cambia. E intanto devo trovare un compromesso con mio figlio che con ‘tutta quest’aria condizionata (28° ndr)’ sente freddo.

intanto …. OMMMMMM….

Cucino con mooolta lentezza una cosa buona e fresca. Abbondante così basterà anche per cena.

E, nell’ombra del mio rifugio, si accendono i colori.

riso

Riso venere con verdure, gamberi e erbe profumate.

- fiori di zucchina

- peperone rosso e giallo

- zucchina

- cipolla rossa

- gamberi freschi sgusciati

- riso venere

- prezzemolo basilico e a piacere le erbe che preferite

Lessare il riso venere in abbondantissima acqua salata. Scolare e passare sotto il getto dell’acqua fredda per farla raffreddare subito

Rosolare le verdure lavate e tagliate in olio. Lasciarle un pò croccanti.

Quasi alla fine aggiungere i gamberi e farli cuocere velocemente.

Tagliuzzare le erbe.

Assemblare riso, verdure, gamberi e erbe.

Un filo d’olio extravergine di oliva e via.

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5 luglio 2015

Pausa


Non posso portare sempre con me il mio pc e la mia macchina fotografica. Sono un po pesanti e i viaggi con bagagli al seguito sono tanti. Non voglio nemmeno cambiare il pc e comprarne uno più leggero perché sono abituata ai tasti ciccioni, cioè spessi e alti, che devo sentire sotto le mie dita quando scrivo. Come una penna biro che scrive grosso e mai a punta fine. Come le fette di pane e salame che non devono MAI essere sottili come un'ostia ma, anzi, quasi spessi un dito perché altrimenti non mi 'danno soddisfazione'. Insomma sono una persona che vive ogni cosa in maniera 'travolgente' e non eterea. Anche le emozioni mi distruggono, quando le vivo. Nei pensieri per i miei figli,  a volte per la gelosia per l'uomo che amo, per il vuoto che porta con se la lontananza a persone e luoghi del mio cuore, la rabbia per il non poter realizzare tutto quello che voglio.





Sto divagando. Volevo dire solo che proverò a scrivere i miei post anche dal telefonino quando sono in viaggio o quando decido di viaggiare leggero.
Ora sono in pausa. Per il caldo, perché è domenica e sento di aver già fatto e corso abbastanza fino a ieri. 
Ora sono ferma sotto il pergolato del mio trullo, nei suoni della campagna che mi fanno capire che tra gli alberi si rincorrono uccelli, che più in là c'è una mucca con le sue amiche, che c'è un po di vento e le foglie si muovono lentamente. Che è tempo di impollinare perché c'è tutta un'attività frenetica di insetti che ronzano. Si scansano in volo coccinelle, mosconi e calabroni, le tende di velo proteggono la casa. Le canne mi riparano dal sole ma lasciano passare l'aria e il profumo della resina del pino che fa ombra. Le 'prunelle' gialle sono mature e le ho raccolte poco fa, tutte, poche, ma profumate, lasciandone sull'albero come al solito un paio per uccelli e insetti. Più tardi andrò a controllare se ci sono i fioroni, ora no che fa caldo. Due lucertole, rassicurate dalla mia immobilità si rincorrono qua e là passandomi  quasi sui piedi. Dalla finestra aperta oltre al profumo dei fiori e del basilico vien fuori odore di sugo di pomodoro che sobbolle per la pasta che mangeremo fra un po' a tavola.
Fa caldo. Le cicale me lo confermano. E io ferma, scrivo e bevo limonata fresca profumata con menta e fragole appena raccolte.
Questa è la mia estate, la mia terra, il mio, anzi nostro trullo. Riesco da qui ad abbracciare il mondo. E non voglio niente di più. 



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2 luglio 2015

Storia di caldo, di casa e di frisella

frisella con zucchine 

Ero in autostrada e, sotto il sole cocente, tornavo a Roma. Avevo lasciato la mia Puglia e questa volta avevo anche sofferto perchè avevo lasciato alle spalle anche il mio mare azzurro e trasparente. Quello che piace a me, quasi fermo, con le correnti ghiacciate che ti sorprendono e ti fanno mancare il respiro, quando le incroci. Mi era venuta la nostalgia dell’emigrante e questa cosa non mi piaceva affatto. Intanto mi lasciavo incantare dal paesaggio che cambiava continuamente. Dalla paradossale leggerezza delle pale eoliche che indolenti ruotavano al vento, spingendole li in alto, disseminate qua e la su colline ben arate, ora verdi, fra un pò gialle e arse per il caldo. E ogni tanto mi godevo la vista di paesi arrampicati sul basse montagne, belli, ma belli davvero. E riflettevo ad ogni cartellone degli autogrill che diceva ‘Sei in un paese meraviglioso’, pensando che era vero. Ad ogni autogrill, come a voler sottolineare la diversità di ogni punto di questo nostro paese, accomunato solo da una bellezza struggente.

La costante del viaggio era stata quindi la malinconia. Per una campagna ed un mare lasciato (anche se per poco) alle spalle. Per una serie infinita di posti dove mi piacerebbe vivere. Per il caldo patito lungo la strada, che mi abbatteva non solo il fisico. Per un caldo che sicuramente avrei dovuto affrontare una volta a Roma, che mi avrebbe impedito di uscire di giorno. Per essere costretta a vivere come i vampiri che, alle prime luci dell’alba, cominciano a tremare per la paura.

Intanto il web mi accompagnava lungo la strada, con gli scambi sempre più frenetici sui social, dove si, è bello esserci, ma che da un pò di tempo cominciava a darmi l’impressione di una piazza troppo affollata dove tutti pur di far sentire la propria voce, gridano, sempre di più, e si spintonano, e alzano la mano, e si sforzano di ‘fare gli splendidi’, per farsi notare. E anche tutta questa energia altrui, mi stancava. Fisicamente proprio…. E cominciavo a riflettere sulla direzione che forse avrei dovuto prendere prima o poi…

Intanto mi arrivano messaggi degli amici in attesa del mio ritorno. Ma dove sei? Sei partita?  quando arrivi? Chiamami quando ci sei, perchè oggi ti porto a vedere un posto meraviglioso…. e così via.

E intanto sole e strada e caldo. E malinconia.

Finalmente la coda che chiudeva l’autostrada e precedeva la nuova frenesia delle strade di città, di chi tornava al lavoro, accellerando, rientrando nella normale sensazione ansiosa di essere in ritardo. E di chi invece affrontava con coraggio il traffico per andare nella propria direzione.

Scaricai le valige, sempre troppe per questi weekend veloci, con le solite cose terrone da mangiare, friselle, cocomeri, cacioricotta ecc…. per non spezzare il filo che mi tiene legata al ‘trullo’. Una specie di filo d’Arianna che ti garantisce di tornare alla libertà… ‘Che scema che sono’, penso ogni volta.

Entrai in una casa accaldata che mi aspettava pulita e al semibuio. Mi arrivò un messaggio impaziente di un’amica… ‘Allora?'. E la mia risposta fu…. ‘Finalmente sono a casa’.

E li mi sorpresi a pensare che era la prima volta che pronunciavo questa frase ‘Sono a casa’. E capii che finalmente qualcosa era scattato. Ero a casa mia. Un’altra, ancora, ma casa mia.

Ed una nuova sensazione si fece strada. Allora fuori le friselle per un pasto veloce che combatte il caldo e mi da energia. E poi via, in giro per la città, alla scoperta di questo posto meraviglioso.

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Frisella integrale con zucchine crude al limone, prosciutto crudo e cacioricotta

- una frisella integrale

- due fette di prosciutto crudo

- una zucchina freschissima e biologica

- cacioricotta da grattugiare (ricotta salata per i non pugliesi)

- sale grosso e fino

- limone

- olio extravergine di oliva

Lavare e spuntare la zucchina.

Con un pelapatate tagliare tanti ‘nastri’ di zucchina che metterete in una ciotola capiente senza schiacciarli.

Cospargete una manciata di sale grosso sulle zucchine per far perdere l’acqua di vegetazione e lasciarle così per almeno una decina di minuti.

Sciacquare le zucchine e strizzarle bene facendo attenzione a non romperle. Conditele con succo di limone e olio extravergine di oliva. Assaggiatele prima di mettere il sale per vedere se vanno bene così o no.

Bagnare la frisella poco prima di mangiarla, altrimenti si ammorbidisce troppo.

Quindi disporre le due fette di prosciutto, i nastri di zucchina e, le scaglie di cacioricotta.

Versate un pò dell’olio e limone delle zucchine e buon appetito.

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